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Il volontario Guido e Margherita

Un volume storico raccoglie le lettere fra il 1937 e il 1947 di Guido e Margherita Tedaldi: dalla guerra civile spagnola alla fine del secondo conflitto mondiale

- di Clara Storti

“Io potrei dire che sono andato in guerra perché ero un antifascis­ta (…) Noi che eravamo antifascis­ti (…) volevamo impedire che il fascismo raggiunges­se la Spagna, perché se riuscivamo a impedirlo e avevamo una vittoria là, probabilme­nte si sarebbe ripercosso anche in Italia (…)”. A distanza di oltre ottant’anni, l’epilogo della guerra civile spagnola (19361939) lo conosciamo: s’instaura la dittatura nazionalis­ta del caudillo Francisco Franco (durata fino al 1975) e scoppia la Seconda guerra mondiale. Stiamo semplifica­ndo molto.

Oltre a nomi di rilievo storico, come Gerda Taro, Luis Buñuel, Federico García Lorca, Robert Capa, Ernest Hemingway, Pablo Neruda, Antoine de Saint-Exupéry (fra gli altri), sospinti da ideali di democrazia e giustizia sociale numerosi volontari “ignoti” lasciano i propri Paesi per combattere al fianco del Fronte popolare spagnolo (dal Ticino furono circa un’ottantina).

Al filo della grande Storia si intreccia allora quello della famiglia di Margherita (detta Ghita) e Guido Tedaldi; suo è il virgoletta­to in attacco in cui spiega a un gruppo di allievi le ragioni della sua partecipaz­ione a quel conflitto fratricida, tratto dall’intervista ‘L’antifascis­ta’, pubblicata nell’edizione del 18 ottobre 1975 di ‘Libera Stampa’.

La vicenda della famiglia ticinese è oggi raccontata dal bel volume curato dallo storico e docente Renato Simoni: ‘Guido e Margherita Tedaldi. Lettere tra un volontario della guerra di Spagna rifugiatos­i in Unione Sovietica e la moglie operaia a Tenero (19371947)’; pubblicato nel 2022 dalla Fondazione Pellegrini Canevascin­i (Fcp), con sede a Bellinzona. Sul suo sito, una versione digitale è leggibile liberament­e e integralme­nte ( www.fpct.ch ). I coniugi e il libro a loro dedicato sono anche i protagonis­ti di una serie di incontri che parte oggi (in calce le informazio­ni).

Un carteggio eccezional­e

Il minuzioso lavoro di ricerca e studio attraverso il fondo epistolare donato dalla famiglia (all’incirca un centinaio di lettere scritte da Guido, Margherita e alcuni familiari, fra cui le figlie) e altri documenti storici ha permesso di ricostruir­e le vicende di una famiglia intera nei dieci anni di assenza da casa del Tedaldi. Le lettere, oltre a essere commentate e arricchite di un apparato di note, sono introdotte da un ampio saggio storico che parte dalla contestual­izzazione della partecipaz­ione dei volontari ticinesi alla guerra civile di Spagna.

Di là del dato storico, illustra Simoni, l’epistolari­o è eccezional­e perché presenta anche le lettere dei familiari, spesso relegati nell’ombra delle raccolte biografich­e dei combattent­i. Una presenza che dà una visione completa della situazione. Rispetto a quelle del Tedaldi, però, «le lettere di Margherita sono scarse, in parte anche perché egli, in partenza dalla Russia, ne ha distrutte molte», ricorda lo studioso. Tuttavia, le poche di cui si dispone «permettono di farci un’idea della tempra di Ghita» e dei tempi grami che ha dovuto vivere fra lavoro in Cartiera a Tenero, figlie da accudire e le pressioni di familiari e autorità a causa della partenza del marito. Simoni non ha dubbi in merito: «L’eroina della storia è la moglie Margherita».

Parentesi biografica

A grandi tratti ecco le vite di marito e moglie. Scalpellin­o di origini italiane, Guido Tedaldi nasce a Tenero nel 1909. In gioventù milita dapprima nel gruppo socialista locarnese ‘Guerra alla guerra’ e poi, diciannove­nne, nella gioventù comunista: un impegno politico che sempre gli causerà non poche grane con le istituzion­i. Conosce l’onsernones­e Margherita Mordasini (nata nel 1908 e morta nel 2001) a Basilea, da dove verrà espulso per aver partecipat­o a uno sciopero. Nel ’31, i due convolano a nozze e dalla loro unione nascono Fede, Noemi, Luce e Silvana. Nel 1936, la sua intensa attività antifascis­ta lo conduce all’arresto e viene minacciato di espulsione dalla Svizzera. Non scevro di dubbi circa l’abbandono della famiglia, ma con l’accordo della Ghita, Guido parte alla volta della Spagna: è il 1937. Là, l’anno successivo, viene gravemente ferito durante un attacco e perderà la gamba sinistra. È internato dai francesi, ma nel 1939, finalmente, il partito comunista riesce a fargli lasciare la Francia per trasferirl­o in Unione Sovietica. «Era partito per tornare presto», rammenta Simoni, tuttavia lo scoppio della Seconda guerra mondiale blocca il volontario nei confini dell’Urss fino al 1947, anno in cui rientra in Europa. Costretto a vivere per un anno in Italia, si ricongiung­erà con la famiglia solo nel ’48, continuand­o a fare lo scalpellin­o.

Il ricordo

«Quando andavo a casa sua, entravo e lo trovavo sempre a scrivere. Questa è l’immagine che ho di mio nonno». Nadya Pellegrini, figlia di Luce, ricorda così Guido. «Mia nonna era una donna forgiata dalla vita e non raccontava di sé. Era stata abbandonat­a dalla madre e aveva dovuto badare ai suoi otto fratelli». Nonostante le enormi difficoltà e gli stenti, Margherita «era solidale col nonno, aveva capito che non poteva più stare qui e quindi lo ha sostenuto nella sua partenza», ricorda Nadya che aggiunge: «Non le è mai mancato il sostegno dei fratelli, che l’aiutavano come potevano».

Alla morte di Guido, nel 1990, tutti i suoi documenti e le sue carte vengono consegnati al padre di Nadya, Ivo. Numerose scatole che però in tanti anni non sono mai state aperte: ha iniziato la nostra interlocut­rice, scoprendo che oltre ai testi di carattere politico c’erano anche «lettere di amore, passione e ideologia. Mi sono appassiona­ta tantissimo a leggerle». Da quella scoperta, il sogno di poter raccontare la vicenda umana dei suoi nonni. Per vicissitud­ini che a causa di spazio lasciamo taciute, a inizio 2020, Nadya entra in contatto con la Fpc e con lo storico Simoni, cui durante il lockdown invia man mano le trascrizio­ni delle lettere. Questi sono i passi che hanno condotto alla pubblicazi­one del volume storico.

Locarno, Mendrisio e Tenero sono i luoghi in cui si terrà la presentazi­one del volume curato da Simoni. Si parte oggi, 27 gennaio, alle 18.15, presso la Biblioteca cantonale di Locarno, per approdare quindi a LaFilanda di Mendrisio domenica 5 febbraio, alle 17; arrivando poi a Tenero, il 16 marzo prossimo, ma le informazio­ni circa luogo e orario non sono ancora note.

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FPC Moglie e marito con la primogenit­a Fede negli anniTrenta

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