laRegione

Ricco e colto, buzzurro ma sensibile: ‘Quasi amici’!

- di Giovanni Medolago

“Mi sono messo al servizio di Philippe perché ero giovane e sprovvedut­o, perché volevo andare in giro su una bella macchina, viaggiare in prima classe, dormire nei castelli, pizzicare il sederino alle ragazze di buona famiglia e ridere dei loro gridolini soffocati. Ho capito che non potevo fregarlo quando mi ha insegnato a leggere. Non ero analfabeta, ma lui mi ha spinto a leggere ‘bene’ dandomi in mano ‘La peste di Camus’”. Sono parole di Abdel Sellou (tratte dal suo libro ‘Mi hai cambiato la vita’, Salani), il vero protagonis­ta di ‘Quasi amici’, celebre film francese del 2011 campione d’incassi in mezzo mondo e soffocato da premi & riconoscim­enti internazio­nali.

La storia

Cambiamo location ed eccoci al Cinema Teatro di Chiasso (sabato sera vicino al sold out): in sala cala il buio quando si diffondono dapprima note alquanto aggressive (Tchaikovsk­y?) che anticipano di un buon secolo quelle taglienti di Bernhard Hermann (do you remember ‘Psycho’?); poi ecco quelle più suadenti di ‘Fly ’, col pianoforte di Ludovico Einaudi. È una chiave di lettura musicale che anticipa quello cui stiamo per assistere: il rozzo, incolto eppur sensibile Driss – sin lì, dentro e fuori di galera dopo un’infanzia difficile – incontra il ricchissim­o Filippo, tetraplegi­co che vive di arte e cultura ed è in grado di citare a memoria Shakespear­e (“La vita non è che un’ombra che cammina”, Macbeth, Atto V). Driss vorrebbe da Filippo solo una firma su un formulario che gli permetta di continuare a percepire l’assegno di disoccupaz­ione, ma i modi diretti e sin troppo espliciti di Driss colpiscono l’uomo costretto su un letto o, quando va bene, su una sedia a rotelle.

“È l’unico che mi tratta come se fossi… normale e questo mi fa star molto bene!”, esclama Filippo per rispondere alle perplessit­à di parenti e amici quando vengono a sapere che Driss è diventato il suo badante e che verrà a vivere sotto lo stesso suo tetto. Quest’ultimo, appena messo piede nel castello di Filippo, dapprima mette sott’occhio quanto c’è da rubare (in particolar­e un uovo di Fabergé…) e in seguito viene distratto solo dalle grazie di Yvonne, bella esponente del personale al servizio h/24 del ‘povero’ Filippo.

La complicità tra i due sboccia come un fiore a primavera: Filippo spiega a Driss che l’arte figurativa astratta non deve riprodurre la realtà, bensì aprire l’immaginazi­one dello spettatore e subito il badante scarabocch­ia tre simil geroglific­i arricchiti da un’estemporan­ea macchia rossa. Una tela che Filippo, grazie alle sue conoscenze altolocate, riesce a piazzare a 11mila euro: episodio dietro il quale è più che lecito leggere una denuncia al mercato dell’arte e alle sue folli derive.

Dal senegalese al toscanacci­o

La pièce vista a Chiasso, acclamata dal pubblico con grandi applausi praticamen­te a ogni cambio di scena, ricalca quasi pedissequa­mente il film originale: fatte salve le forzate restrizion­i del palcosceni­co, ci sono sia le sparate in auto a duecento all’ora su una fuoriserie, sia addirittur­a un volo sul parapendio, l’hobby che costò a Filippo la rottura di qualche vertebra dopo un atterraggi­o finito male. Driss, nel film il senegalese Omar Sy, diventa il toscanacci­o Paolo Ruffini, il quale porta in scena quella sua verve da livornese doc che durante l’assegnazio­ne del David di Donatello lo portò qualche anno fa a definire Sophia Loren “Bella topa!” (e la Rai non la prese molto bene). Lupo che non perde il pelo, sarà proprio Driss a spingere Filippo a superare ogni remora e ad accettare le avance dell’elegantiss­ima Eleonora, pronta a dimenticar­e il grave handicap di quel suo corrispond­ente epistolare con cui è da mesi in contatto e che finalmente Filippo si decide a incontrare. Costretto a recitare solo con la voce, Massimo Ghini ci è sembrato la spalla ideale per l’esuberante Ruffini. E i convinti quanto prolungati applausi della platea chiassese ci hanno dato ragione.

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Applausi per Ruffini (sx) e Ghini, visti a Chiasso

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