Mortale di Novazzano 29enne condannato
Nello scontro del giugno 2022 era deceduto un 53enne del Mendrisiotto. ‘Mi ritenevo in grado di guidare’, ha dichiarato in lacrime il giovane in aula
Stava rientrando da una serata di festa a Lugano. All’altezza di Novazzano, il 17 giugno 2022 tra le 6 e le 6.25 del mattino, in direzione sud, l’auto guidata da un 29enne comasco urta una Harley Davidson con a bordo un 53enne che si stava dirigendo sul posto di lavoro. A distanza di quasi due anni si è giunti alle Assise correzionali di Mendrisio in Lugano, in forma di rito abbreviato grazie a un accordo sulla pena giunto dalle parti. L’avvocato della difesa Samuele Scarpelli e la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis hanno proposto al giudice Mauro Ermani una pena detentiva di 18 mesi sospesi condizionalmente per un periodo di prova di due anni. L’italiano, giudicato colpevole di omicidio colposo e guida in stato di inattitudine, stava conducendo il veicolo a una velocità calcolata di 151 km/h, dove il limite è a 120 km/h, e con in corpo una concentrazione alcolemica tra l’1,27 e l’1,74 per mille. Il 53enne, residente a Stabio, secondo la perizia stava invece circolando a 80 km/h e, a seguito dell’urto e della relativa caduta, è deceduto sul posto a causa delle gravi lesioni riportate.
‘Una grande imprudenza’
Il giovane, durante il processo ha detto che non consumava abitualmente alcolici: «Con l’alcol ho un legame sporadico, lo bevo solo in compagnia. Dopo l’incidente invece lo consumo molto di rado. Ora sono molto più restio perché ogni volta mi torna in mente quanto successo». In lacrime ha poi aggiunto che «mi ritenevo in condizione di guidare: la mia sensazione era quella di poter rientrare a casa, ma è stato un errore di valutazione. Una grande imprudenza».
Al momento della sentenza il giudice ha definito quanto è avvenuto «un caso tragico che lascia l’amaro in bocca. Un giovane per bene conscio della sua grave colpa, ma che non ha pensato prima di mettersi al volante e ha causato una sventura. L’incidente però nasce prima, perché si è messo consapevolmente al volante in quelle condizioni».
La riabilitazione dallo psicologo
Dal giorno dell’incidente il giovane è seguito da uno psicologo per «cercare di convivere con questa vergogna che mi porto dentro». La terapia ha influito sulla decisione finale del giudice che ha comunque accettato la pena proposta: «Io non ero convinto di approvare l’atto d’accusa, ma a suo favore c’è il fatto che si è rivolto a un professionista. Inoltre l’espiazione anche parziale della pena non porterebbe nessun beneficio, dato che già si è reso conto di quanto ha fatto. Il passato non si può cancellare e dovrà sempre fare i conti con quanto accaduto, non sarebbe giusto dimenticare».
Per il 29enne il processo è stata l’occasione anche per porgere la sua solidarietà nei confronti della famiglia della vittima: «Esprimo le mie condoglianze e mi scuso di non averlo fatto prima, ma non ho mai trovato il coraggio. Spesso penso a loro, non oso neanche immaginare che cosa possa significare il dolore che stanno provando per causa mia».