Beaune, l’ospitalità medievale e l’arte fiamminga
Il ducato di Borgogna che si estendeva fino alle Fiandre rivaleggiava in potenza e ricchezza con il regno di Francia e a Beaune il Medioevo ha lasciato un capolavoro architettonico senza pari, l’Hôtel-Dieu. Dove si può ammirare anche una delle opere più importanti dell’arte fiamminga. Dole - Beaune ANTONIO FERRETTI
Tappa come una cerniera tra Giura e Borgogna: avendo tempo e poca voglia di pedalare la si potrebbe affrontare in barca. Basta noleggiare una delle tante péniches ormeggiate al porto fluviale di Dole e lasciarsi cullare lentamente e senza fatica tra fiumi e canali. Con i suoi 8’500 chilometri navigabili, la Francia è il Paese con la più vasta rete navigabile d’Europa. Siccome abbiamo ancora tanta voglia di pedalare, scartiamo l’idea e muliniamo con vigore i nostri pedali. Costeggiamo un piccolo canale sotto le vecchie mura di Dole, poi ecco il Doubs lambito dall’Euro velo 6: il sogno di ogni cicloturista. Si potrebbe proseguire fino a Chalon-sur-Saône lungo questa ciclabile che attraversa tutta l’Europa, ma decidiamo di tagliar corto e prendere la via più diretta per Beaune dove ci attende la visita all’Hôtel-Dieu. Non ce ne pentiremo. Abbandoniamo la ciclabile lungo il Doubs dopo soli 3 km, ma all’uscita di Abergement-la-Ronce (km 12) imbocchiamo un altro canale, è il Rodano-Reno, con la sua scorrevole striscia sull’argine riservata solo a biciclette e pescatori. Concepito per collegare i porti marittimi del Nord Europa con quelli del Mediterraneo, il canale Rodano-Reno, lungo 375 km, permette alle imbarcazioni commerciali o turistiche di andare da Rotterdam a Marsiglia. Niente male. Niente male, anzi magnifico, imbatterci al centro di questo villaggio in una station de recharge gratuite pour vélos à assistance électrique. A noi che viaggiamo senza motorino non serve, ma per il plotone di cicloturisti muniti di bici elettrica è quasi un salvavita. Per me, il salvavita è rappresentato da un buon ristorante per la pausa pranzo, oggi prevista a Saint-Jean-de-Losne, il maggior porto fluviale di Francia, un crocevia tra Saona, canale Rodano-Reno e Canale di Borgogna. Spettacolari le foto dall’alto dell’incrocio tra questi corsi d’acqua, ma qui lo spettacolo è garantito soprattutto a fine giugno quando va in scena il Festival du Grand Pardon des Mariniers, con la sfilata di imbarcazioni che mettono in mostra tutto il loro charme e marinai che indossano i loro tradizionali abiti nautici. Nel Medioevo questa era una importante via fluviale del sale in provenienza delle saline reali di Arc-et-Senans. Una meta che attira anche parecchi svizzeri, infatti viene offerto un collegamento rapido in TGV da Zurigo a Saint-Jean-de-Losne in meno di quattro ore. Quando attraversiamo il ponte sulla Saona, grande delusione: in riva al fiume troviamo aperti solo due ristoranti, uno strapieno e un altro che offre solo formaggio e charcuterie. È il primo maggio e in Francia c’è carenza di personale. Con tutti i pescatori che abbiamo incontrato, speravamo di meglio, ma a malincuore ci accontentiamo della charcuterie. Mancano 40 km a Beaune, il nostro navigatore non ci lascia in balia del traffico e ci indica una strada di campagna che inizialmente non promette granché, sterrata e sconnessa, ma poi ci conduce amorevolmente in una magnifica foresta, la Fôret domaniale de Cîteaux (la famosa abbazia cistercense). Lunghi rettilinei realizzati come tagliafuoco ci dirigono spediti alla periferia di Beaune, dove chiudiamo la cerniera e ci godiamo la Borgogna.
Beaune e il suo re senza corona ROBERTO ANTONINI
La Storia anche qui a Beaune è un susseguirsi di battaglie, di conquiste, di sconfitte. La città si arricchisce a partire dall’anno Mille e poi soprattutto durante le crociate, quando i nobili, per sostenere le spese delle spedizioni militari, devono farsi prestare denaro dai borghesi delle città. Con il ducato dei Valois inaugurato da Filippo l’Ardito nel 1363, la capitale della Borgogna si sposta a Digione. A quell’epoca ha già alcune delle perle che possiamo osservare oggi, ma non il gioiello più prezioso e ammirato: l’Hôtel-Dieu. È perfettamente conservato: svetta con la sua parete sobria e il suo tetto coperto d’ardesia sulla Place des Halles e manifesta dal suo cortile d’onore tutta la magnificenza tardogotica, ricca, luminosa con i tetti a tegole di terracotta riccamente verniciate in nero, marrone, giallo e verde. Una costruzione imponente che porta evidenti i segni dell’influenza degli ospedali delle Fiandre, regione tra le più ricche che con i duchi di Valois faceva parte del regno di Borgogna. Il senso profondo dell’Ospizio è racchiuso nel suo nome: l’ospitalità, valore supremo rivendicato (e non sempre applicato) dalla Chiesa medievale tramandato dalla tradizione greca ( xenia). A tradurlo in pratica fu uno degli uomini più ricchi e potenti del ducato a metà XV secolo. Un volto che appare in diverse opere d’arte, tra cui in uno dei capolavori assoluti di Van Eyck esposto al Louvre accanto alla ‘Vergine con Bambino’: è quello di Nicolas Rolin, cancelliere del duca Filippo il Buono per una quarantina d’anni a partire dal 1422. Potremmo battezzarlo ‘re di Beaune’, ma senza corona! Con la moglie Guigone de Salins, Rolin decide dunque di finanziare un’opera grandiosa per dare ospitalità e cure gratuite ad anziani, infermi, indigenti, orfani. L’ospizio-ospedale diventerà museo solo negli anni 70 del secolo scorso. La visita può iniziare dallo spettacolare cortile d’onore per poi proseguire nella chambre des pôvres, un’enorme stanza sovrastata da un’impressionante volta di legno a forma di scafo rovesciato. Le travi trasversali sono conficcate in supporti a forma di teste di drago, accanto alle quali appaiono teste più piccole, sempre di legno: raffigurano la borghesia i cui difetti sono impersonati da altre teste, quelle di diversi animali. Era questo il panorama che appariva ai malati disposti su entrambi i lati della stanza in file di letti separati da tende. In fondo alla corsia, la cappella. Lì, come un’apparizione abbagliante, troneggia il ‘Polittico del Giudizio Universale’. Anzi no, non proprio. Infatti quella che si può osservare sull’altare è solo una copia fotografica. Il capolavoro di Rogier van der Weyden per fortuna non è molto lontano. Lo troviamo in una stanza più adeguata alle necessarie misure di protezione e conservazione. La sua bellezza, la sua forza, la sua perfezione lasciano senza parole. Nove tavole, per rappresentare un’unica scena. In centro naturalmente il Cristo risorto avvolto in un manto rosso adagiato su un arcobaleno. Solleva la mano destra per benedire i beati, quella sinistra invece l’abbassa per condannare i dannati. Un San Michele in abito bianco, ricalca la posizione di Gesù per soppesare i peccati: nei piatti della bilancia dell’arcangelo appaiono due uomini, uno destinato a finire all’inferno, l’altro (sulla sinistra), nel regno dei salvati. Nella parte inferiore del polittico, beati da una parte con lo sguardo riconoscente e dannati terrorizzati dall’altra appaiono nella loro totale nudità, come a indicare che nel momento del giudizio finale scompaiono le gerarchie sociali. Si tratta di un’opera maestosa con la quale pare che Rolin volesse competere con il più noto e spettacolare dei polittici, quello dell’‘Agnello mistico’ dipinto una quindicina di anni prima per la cattedrale di Gand dai fratelli Van Eyck. Un’opera che non vediamo l’ora di andare ad ammirare nella penultima tappa del nostro Medioevo su due ruote.
Lunghezza 74 km
Tempo indicativo 5 ore
Salita 280 m
Discesa 270 m