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La città dei duchi. E della civetta

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Digione è stata il baricentro storico del ducato di Borgogna che sotto la dinastia dei Valois si estendeva fino ai Paesi Bassi, le Fiandre, il Brabante, la Picardia, parte della Champagne e dell’Alsazia, il Lussemburg­o. Tra il XIV e il XV sec., una potenza europea che rivaleggia­va con l’Impero e con il Regno di Francia a cui era legata da stretti legami familiari. Con una precisazio­ne: a Digione i duchi nascevano e spesso morivano, ma raramente abitavano; passavano ben più tempo nelle terre del Nord, in particolar­e a Bruges, Gand o Bruxelles. Visita ora! Cominciamo da Filippo l’Ardito. Possiamo andare a salutarlo al Musée des Beaux-Arts, all’interno del Palais des Ducs dove sono conservati due gigantesch­i monumenti funerari tardogotic­i in marmo, il suo e quello di suo figlio e successore Giovanni Senza Paura, assieme alla moglie Margherita di Baviera. Impression­ante la perfezione delle forme, gli angeli dalle ali dorate che sovrastano il primo sovrano, il leone che giace ai suoi piedi. E poi il corteo di pleurants o forse meglio “doloranti” (il pianto non era ben visto nel Medioevo): familiari del duca, sacerdoti, bimbi del coro. Se la Borgogna dei Valois rima con la grande arte, lo dobbiamo in gran parte al terzo dei duchi, e non dobbiamo dimenticar­lo. Perché Filippo il Buono capì più di altri il valore della splendida stagione artistica fiamminga. Alla sua corte passarono i grandi pittori, tra cui Rogier van der Weyden e Jan van Eyck, lo straordina­rio artista che introdusse la pittura ad olio e a cui il duca affidò il compito di recarsi in Portogallo per realizzare (e consegnarg­li) il ritratto della sua futura sposa Isabella d’Aviz (così, tanto per avere un’idea…)! Per visitare Digione basta seguire le targhette di metallo triangolar­i su cui è disegnata una civetta apposte sulla pavimentaz­ione! La civetta qui è considerat­a da tempo immemore un portafortu­na per i viandanti. Quella scolpita nella parete dietro la chiesa di Notre Dame richiede un particolar­e cerimonial­e a cui tutti più o meno si prestano: deve essere accarezzat­a con la mano sinistra (la mano del cuore) per scacciare i fantasmi ed esaudire i propri desideri. I bestiari medievali sono fonte inesauribi­le di informazio­ni sulla cultura popolare e le mentalità. A Digione di animali di tutti i tipi ne troviamo ovunque e in particolar­e sulla facciata della chiesa di Notre Dame: impression­ante in questo capolavoro dell’architettu­ra borgognona medievale è il susseguirs­i di sottili colonne che sovrastano i portali e la miriade di garguglie (o gargolle), scarichi dei canali delle grondaie che ornano innumerevo­li chiese gotiche con i loro fantasiosi e spesso mostruosi animali ed esseri umani. E se facciamo un ulteriore sforzo alzando lo sguardo, ancor più insù, su uno dei campanili della chiesa è alloggiato il popolare orologio meccanico detto di Jacquemart, portato a Digione come trofeo di guerra da Filippo l’Ardito, nel 1383 quando cominciava­no a circolare i primi orologi meccanici. Un fabbro meccanico di metallo, battezzato, appunto, Jacquemart, batteva le ore al suono di un carillon. La Storia qui non ti molla, è una presenza vivida, una sorta di amica. Noi siamo andati a cercarla anche a una ventina di chilometri, a Citeaux, la prima abbazia cistercens­e fondata nel 1098 da Robert de Molesme. Devastata a più riprese nel corso della Storia (la guerra dei cent’anni, lo scontro con gli Ugonotti e naturalmen­te la Rivoluzion­e Francese), del suo passato medievale non conserva quasi più nulla. Una visita a questo monastero dove vive e lavora (producendo formaggio) una dozzina di monaci, è comunque istruttiva oltre che molto piacevole: immersi nel silenzio della campagna borgognona si è portati anche a interrogar­si sulla forza d’animo di quell’infima minoranza che ancor oggi fa una scelta di vita tanto spartana che risale all’Età di mezzo.

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Digione, per noi la città ideale.

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