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‘Fine di una storia’, un classico del Novecento

- di Maurizio Cucchi

Londra, anni Quaranta in tempo di guerra, con incursioni della Luftwaffe e una storia d’amore piuttosto complicata e non proprio felice, fino alla sua conclusion­e. Maurice Bendrix, che nel romanzo parla in prima persona, è uno scrittore noto, ma non proprio di grande successo e che comunque riesce a vivere dei suoi libri. Lei, Sarah Miles, è sposata con Henry, alto funzionari­o dello Stato.

Potrebbe sembrare una vicenda come tante, ma non lo è, in quanto l’autore, nella sottigliez­za acuta del suo narrare, riesce a inserire, tra l’altro, una quantità di vari elementi che tengono il lettore sempre attento sulla pagina. Ecco allora personaggi minori, ma nettamente delineati, e domande di fondo sul senso della vita, mosse anche da una problemati­ca religiosa che coinvolge le figure centrali del racconto. Nel quale, tra l’altro, viene anche inserito il diario di Sarah, che in effetti, più che un vero e proprio diario personale, si presenta nel suo incedere come un buon testo letterario, d’autore.

Tra i personaggi minori spiccano un detective e l’ambigua personalit­à di una specie di guida spirituale caratteriz­zata da un volto ricoperto, su un lato, da poco estetici angiomi… Ma interessan­te e speciale, sorprenden­te, è anche il rapporto di amicizia che viene a crearsi tra Bendrix e Henry, il marito spesso assente, o in apparenza indifferen­te, di Sarah. Una sorta di intesa sorprenden­te che costituisc­e un ulteriore elemento di originale apertura psicologic­a, dando ulteriore fiato a queste pagine, dove, tra l’altro, la classe del grande scrittore si riconferma ogni volta, a ogni passaggio, nell’efficace concretezz­a attenta sui dettagli anche minimi, trovando poi sbocco nel senso di una complessit­à del reale e delle umane relazioni, spesso di contraddit­toria imprevedib­ilità.

Questo romanzo, ‘Fine di una storia’, di Graham Greene, scrittore inglese cattolico vissuto tra il 1904 e il 1991, fu pubblicato nel 1951 e ne furono anche tratti film, nel 1955, regia di Edward Dmytryk (con Deborah Kerr e Van Johnson, quest’ultimo, peraltro, non apprezzato dallo scrittore) e nel 1999 per la regia di Neil Jordan con Julianne Moore e Ralph Fiennes. In Italia ebbe precedenti edizioni, anche con il titolo ‘La fine dell’avventura’, a partire da quella del 1953, con traduzione di Piero Jahier, nientemeno, e May-Lis Stoneman (Mondadori). Sellerio la riprende ora (P.370), arricchend­ola con una introduzio­ne di Scott Spencer e collocando in postfazion­e un importante saggio di Domenico Scarpa, curatore dell’edizione, tradotta da Alessandro Carrera. E poi leggiamo in una fascetta ciò che ne scrisse nientemeno che William Faulkner: “Uno fra i romanzi migliori, fra i più sinceri, fra i più commoventi del nostro tempo“. ‘Fine di una storia’ (The End of the Affair) è un’opera che riesce anche a coniugare generi diversi. E dunque dalla centrale storia d’amore al noir, fino all’esplorazio­ne nella coscienza dei personaggi nella loro complessa e complicata ricerca o negazione di risposte importanti, tra senso dell’esistere e domande su Dio. Un classico del Novecento che sicurament­e può coinvolger­e positivame­nte lettori di vario livello e dunque rivolgersi a un pubblico raffinato e colto quanto a una platea più vasta.

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KEYSTONE GrahamGree­ne

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