laRegione

Un silenzio inopportun­o

- di Andrea Manna

Sono tempi cupi per le istituzion­i ticinesi, fra incidenti stradali da chiarire, funzionari incaricati di garantire la sicurezza e il rispetto della legge indagati, presunte frodi elettorali. E temi che dal contenzios­o politico approdano (troppo) spesso, di ricorso in ricorso, a quello giudiziari­o. Come se alla magistratu­ra spettasse il compito di risolvere ogni conflitto. Eppure non deve essere solo il codice penale a dettare le regole della convivenza civile. Occorre pure avere quel senso dello Stato che eviterebbe l’ormai frequente intervento di procure e tribunali. Occorre pure saper distinguer­e tra comportame­nti opportuni e comportame­nti non opportuni. Senz’altro inopportun­o è il silenzio che accompagna gesti che non possono essere in alcun modo tollerati. Un mutismo preoccupan­te, che rende questi tempi ancor più cupi.

Ci riferiamo al silenzio dei partiti in generale e in particolar­e al silenzio dei vertici del Gran Consiglio e del Consiglio di Stato: né i primi né parlamento e governo hanno avvertito – spontaneam­ente e ufficialme­nte – la necessità di condannare l’atto intimidato­rio anonimo (proiettile e scritto minatorio) di cui è stato vittima un deputato e presidente di un partito, in questo caso il Centro, e di esprimere solidariet­à nei confronti della persona Fiorenzo Dadò. Qualche parlamenta­re lo ha fatto, via social. Le eccezioni, lodevoli, non sono mancate. Ieri però, quando si è appreso del grave episodio, ci saremmo aspettati una reazione corale e tempestiva. A prescinder­e dagli steccati ideologici, al di là delle divisioni politiche.

Ci sono fatti che vanno stigmatizz­ati senza se e senza ma (e senza essere sollecitat­i dai media). Per scongiurar­e derive pericolose in un periodo istituzion­almente già piuttosto difficile.

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