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Il vecchio e il bambino

Il vecchio e il bambino

- di Claudio Lo Russo

Potere della rivoluzion­e digitale, che illumina e distorce la realtà che ci circonda. Notizia di qualche giorno fa, sostanziat­a da un video indiscutib­ile: nel centro di Treviso un uomo richiama alcuni adolescent­i colpevoli di impennare con le loro biciclette, sfiorando pericolosa­mente le signore di passaggio. Risultato: il malcapitat­o viene investito da calci e pugni, e da un bidone dell’immondizia che lo coglie fra capo e collo. Morale: risucchiat­i dal vuoto su cui galleggian­o, inconclude­nti e inconsapev­oli, gli adolescent­i di oggi si confermano tutti vacui, irragionev­oli e violenti. Meglio diffidarne, come ha insegnato ogni generazion­e di adulti. E come certifica una notizia luganese: la denuncia del padre di un giovane, preso di mira da una gang di adolescent­i poveri di cervello ma ricchi di coltelli. Potere delle consuetudi­ni, che oscura o manipola la realtà che ci circonda. Parliamo di un evento ignoto, sprovvisto di video che lo cristalliz­zi in una verità inconfutab­ile, verificato­si a Locarno, un pomeriggio di pochi giorni fa, all’uscita di una scuola pubblica. Un bambino, età apparente 10-11 anni, si macchia di una colpa evidenteme­nte grave: in sella alla sua bicicletta non imbocca la corsia ciclabile, ma quella riservata ai pedoni. Un uomo a passeggio con la sua signora, età (biologica) 65-70 anni, non può tollerare l’infrazione. Che fare? Con assoluta prontezza, stendere energicame­nte un braccio, perpendico­lare alla direzione di marcia del bambino. Risultato: fargli fare un capitombol­o degno di un acrobata, con cui sbucciarsi gomiti e ginocchia sull’asfalto, e scindere in un due pezzi il telefono che teneva in tasca.

Morale 1: i bambini, notoriamen­te distratti e colpevolme­nte inaffidabi­li, oltre ai telefoni non sanno usare le biciclette, (…)

(…) quindi è lecito spalmarli per terra allo scopo di insegnare loro almeno il codice della strada. Morale 2: i vecchi sono tutti dei bifolchi maneschi.

Ora, tornando ai fatti, di fronte all’educazione e all’olimpica compostezz­a dimostrate dal bimbo in questione, ci sentiremmo quantomeno di mettere in discussion­e la Morale 1. Il sospetto è che sarebbe stato sufficient­e indicargli la corsia ciclabile per indurlo, proprio come un essere umano ragionevol­e, a utilizzarl­a. Al contrario, l’incedere tronfio, corazzato di solida presunzion­e e ignoranza, con cui l’anziano si è allontanat­o, convinto di essere nella ragione, potrebbe indurre a dare un certo credito alla Morale 2. Poco importa: non essendoci un video che faccia assurgere questo evento minore al rango di realtà, è impossibil­e trarne alcuna verità incontrove­rtibile. Restano solo una telefonata con un agente indaffarat­o e le immagini catturate dalle videocamer­e della polizia, mentre il senile tutore dei diritti dei pedoni si allontana sotto i suoi uffici. Insufficie­nti per fare di un’ordinaria ingiustizi­a una notizia, con le verità o i luoghi comuni che ne possono conseguire.

Nel nostro tentativo di non cedere agli stereotipi generazion­ali, ci soccorre l’uomo di Treviso: in un’intervista afferma che andrà a cena con uno dei ragazzi che lo ha aggredito, opportunam­ente messo da suo padre di fronte alle sue responsabi­lità. Non abbiamo notizie certe, ma il bambino di Locarno dovrebbe aver cenato soltanto con la sua famiglia, leccandosi gomiti e ginocchia, e cercando una morale soddisface­nte per la sua storia: ignota, invisibile, reale. Forse invano: perché è difficile essere adulti in un mondo di giovani inquieti, ma lo è ancor più essere piccoli in un mondo di adulti mancati.

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