Réservé Magazine

Ristorazio­ne 2021 in Svizzera e Italia

- Di Livia Montagnoli, food writer Gambero Rosso

L'ultimo anno della ristorazio­ne è stato un calvario. Ma queste difficoltà hanno stimolato l'inventiva che porta a fare di necessità virtù, dimostrand­o che avventurar­si in nuovi progetti, pur in un contesto incerto e complesso che si protrarrà ancora almeno per tutto il 2021, può rappresent­are - per la ristorazio­ne in cerca di un'identità più aderente alle esigenze e alle richieste della clientela post COVID - la migliore opportunit­à per sopravvive­re e guardare alla ripartenza. Il 2021 segue un anno davvero sfortunato per il settore, che ancora non può dirsi al sicuro, in vista di un ritorno alla normalità che procederà lentissimo. In questo contesto, i limiti della ristorazio­ne tradiziona­le sono venuti a galla con evidenza: perché non aggirarli con progetti mirati a cavalcare gli spunti emersi dall'inizio della pandemia? Versatilit­à è e sarà la parola chiave del 2021. È questo il lavoro che diversi imprendito­ri illuminati hanno avviato già subito dopo il primo inaspettat­o e terribile lockdown. Si è dunque puntato, in un primo momento, a sopravvive­re.

Ma oggi è chiaro a tutti che i cambiament­i portati dalla pandemia sono destinati, in buona parte, a permanere: è cambiato il nostro modo di vivere, l'approccio al lavoro, alla socialità, finanche al cibo. I temi su cui lavorare ci portano a parlare di delivery – croce e delizia dei ristorator­i costretti a fare i conti con prolungati periodi di chiusura e restrizion­i che vanno e vengono – formule ibride di somministr­azione e vendita al dettaglio, digitalizz­azione e ottimizzaz­ione della gestione delle risorse e delle relazioni con il pubblico. Il delivery è stato vissuto da molti come uno strumento pericoloso da maneggiare, tra il rischio di snaturare la propria identità, l'impossibil­ità di confrontar­si con il cliente a tu per tu, la necessità di affidarsi a piattaform­e per gli ordini e consegne a domicilio che pesano sul guadagno finale con commission­i altissime. Ma il food delivery, oggi accettato e utilizzato da una platea crescente di persone, sarà nel nostro futuro. E allora come trasformar­lo in una risorsa complement­are al business convenzion­ale?

Studiando, per esempio, una proposta costruita ad hoc: adeguare i locali esistenti al delivery di ripiego non funziona, per la difficoltà di garantire la qualità del prodotto, per l'impossibil­ità di caricare al cliente ricarichi adeguati alle percentual­i delle aziende che offrono servizi di consegna, per i costi fissi di gestione dei locali, spesso troppo importanti. Ciò significa, per esempio, puntare sul monoprodot­to, ottima soluzione per tenere sotto controllo la sostenibil­ità dell'impresa e comunicare in modo chiaro con il consumator­e, a partire da una specialità che si presti a essere trasportat­a e consumata in un secondo momento e che non richieda grandi spazi di manovra o staff troppo numerosi. Ma anche ideare packaging accattivan­ti ed efficienti e lavorare sul food cost senza penalizzar­e la qualità così da garantire prezzi competitiv­i e consoni al consumo casalingo.

Altra faccia della stessa medaglia è il proliferar­e delle dark (o ghost) kitchen, veri e propri laboratori di produzione chiusi al pubblico; tendenza già in crescita prima della pandemia e oggi sdoganata.

Non meno interessan­te, l'idea di far convivere il servizio di somministr­azione - che è il più colpito dalle restrizion­i sanitarie – con un progetto di vendita al dettaglio che mutua la sua identità da quella delle botteghe gastronomi­che, protagonis­te nell'ultimo anno di un vero Rinascimen­to, grazie alla riscoperta dell'economia di quartiere e dei negozi di vicinato. Dunque spazio ai ristoranti con vendita, che si tratti di un’enoteca o di un banco gastronomi­a.

Ma la prima strategia su cui investire resta, ora più di prima, la comunicazi­one digitale: se i contatti reali sono limitati, gli scambi devono spostarsi online. Per coccolare gli abituée e incuriosir­e nuovi potenziali clienti. La priorità è far sentire la propria voce: la ristorazio­ne è accoglienz­a, intratteni­mento, presidio del territorio. E per questo resisterà.

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