Il turismo esperienziale e la digitalizzazione per far rinascere la ristorazione. Intervista al Prof. Carmine Garzia
La gastronomia legata al territorio è l'elemento cardine nelle future strategie di rilancio
Turismo esperienziale e digitalizzazione, con la gastronomia che fa da elemento centrale per la rinascita dei ristoranti dopo la pandemia. Abbiamo approfondito questo e altri temi, nell’ intervista a Carmine Garzia, Professore SUPSI di Strategia e Imprenditorialità, responsabile della Ricerca del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della SUPSI, e responsabile dell'osservatorio Food Industry Monitor dell'università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (UNISG).
Completano questo speciale le interviste ad enti ed agenzie attive sul territorio, dando uno sguardo a come cambieranno anche le fiere e i momenti ricreativi legati al food.
Professor Garzia, partiamo da una valutazione generale.
Dal suo osservatorio, negli ultimi anni la ristorazione ha subito un’ involuzione o ha saputo adeguarsi alle nuove esigenze del mercato? Di più: ha saputo o saprà considerare concetti come la sostenibilità e il consumo consapevole, il salutismo, la digitalizzazione, i nuovi modelli e le modalità di lavoro (alcuni li vedremo più sotto) che hanno acquisito maggiore importanza durante la pandemia?
La ristorazione, in generale, ha saputo adeguarsi alle nuove tendenze, valorizzando le produzioni locali, rivedendo le formulazioni alla luce di un maggiore salutismo e ha saputo venire in contro alle esigenze di clienti che viaggiano di più. Viaggiando di più, hanno avuto esperienze differenti e in molti casi vogliono ritrovare anche quei sapori differenti che hanno conosciuto; da qui, per esempio, tutto il discorso della cucina "fusion".
"La pandemia ha falto emergere l' urgenza di confrib=ntarsi con la digitalizzazione"
Lei ha anche parlato di un altro aspetto chiave: la digitalizzazione. In questo senso - solo per ricordare alcuni episodi eclatanti - sappiamo quanto sia complicato il rapporto con
Tripadvisor; in alcuni Paesi, come Italia e Spagna, sono state fatte addirittura campagne da parte di associazioni mantello, per dire "io non voglio essere presente, considerato, classificato, valutato da Tripadvisor", Un contenzioso irrisolto che dimostra come si stiano ancora prendendo le misure con questi sistemi di rating.
Alla digitalizzazione appartengono anche le prenotazioni online legate alle recensioni, che quindi muovono il cliente; senza contare che anche tutto il delivery si muove su piattaforme. Forse i ristoratori devono confrontarsi con queste realtà, non è più qualcosa che si può rifiutare, ma magari, apportando risorse nuove come i giovani, possiamo aiutarli a riposizionarsi. Dobbiamo quindi veicolare il messaggio che la digitalizzazione riguarda tutti e dobbiamo saperla trasformarle in opportunità e vantaggi. Fenomeno che si è estremizzato con la pandemia. Pensi a chi oggi organizzerà le vacanze: sarà tutto in digitale. Un tempo esisteva il passaparola, un tempo si andava con gli amici; oggi con le restrizioni si andrà da soli o con il solo nucleo famigliare.
Torniamo quindi alla pandemia. Oggi siamo di fronte a nuove tendenze e modelli di lavoro: dark kitchen, ghost kitchen, cloud kitchen e soprattutto delivery e take-away.
Con quali implicazioni?
Legato alla digitalizzazione, abbiamo visto, è anche il tema del take-away e del delivery; tema che non deve essere sposato da tutti i ristoranti, perché bisogna porsi la domanda su quali siano le implicazioni organizzative. Che tipo di cucina proporre, con quali tempi di cottura, quali prodotti scegliere e in quali contenitori servirli. In tutta Europa i ristoranti gourmet si sono organizzati con preparazioni da finire a casa. Pensi che complessità nel dover rivedere i processi di produzione, ma anche di approvvigionamento, in funzione del tipo di cliente. E poi i webinar con chef che ti dicono quali ingredienti acquistare, o te li spediscono, e poi li cucini sotto la loro guida virtuale. Alla fine, si tratta di un'altra esperienza con una grande componente digitale.
Il mondo della ristorazione, quindi, tornerà o non tornerà come prima?
Il mondo tornerà come prima, certo, ma dovremo aver imparato dal recente vissuto perché ci sono nuove opportunità di mercato soprattutto per la ristorazione. Se per esempio faremo un catering, potremo concretizzare alcuni degli insegnamenti che ci vengono dalla nostra esperienza durante la fase pandemica. Allora orientiamoci verso i "mini catering" di alta qualità, servendo magari una cena in famiglie che non hanno voglia o tempo di cucinare… e questo è un segmento di clientela che paga senza problemi. Diamo anche un altro messaggio positivo. Siamo in Ticino e sappiamo che qui molte cose arrivano "ovattate", "mediate". Siamo in una realtà più piccola, frammentata. Non viviamo in aree metropolitane come Parigi o Milano dove la vita è davvero cambiata per sempre e molti locali non riapriranno. La Svizzera non ha aree metropolitane come quelle, tranne forse Zurigo. Analizziamo, valutiamo queste differenti realtà, non con diffidenza, ma ispirandoci ad alcuni dei loro aspetti positivi e sapendo, comunque, che in Ticino i modelli precedenti potranno essere in parte confermati. Chi faceva ristorazione un anno fa, più o meno potrà continuare su quella strada. Nelle grandi città si è dovuto inventare qualcosa di assolutamente differente (ndr. Per esempio le cloud kitchen, Réservé marzo 2021) se no non si poteva stare in piedi a fronte di costi fissi molto elevati e del fatto che i pranzi di lavoro fondamentali per la ristorazione delle grandi città - di colpo non c'erano più perché le aree metropolitane si sono svuotate di colpo.
Il fatto che il Ticino abbia sofferto meno delle aree metropolitane, al di là di una realtà più ovattata, è perché c'è più attaccamento alle tradizioni o si è semplicemente più chiusi o diffidenti verso le innovazioni?
Probabilmente si è sentita meno l'urgenza di innovazioni, poiché la pandemia ha avuto un impatto sul cambiamento della vita, inferiore rispetto alle grandi aree metropolitane, specie durante la
prima ondata. E poi c'è stato un altro importante fenomeno in Svizzera. Quello del turismo interno, dei turisti che sono noti come "high spender". Gli Svizzeri sono clienti eccellenti, tanto che ci sono zone come il Portogallo, le Baleari, la Romagna ma anche la Liguria che li coltivano da sempre. Pensi questo turismo compresso in Svizzera: ha causato un enorme contenimento della domanda. Ma attenzione che non c'è garanzia che ciò durerà nel tempo, anche perché lo svizzero per definizione è un "viaggiatore".
Il turista svizzero è un profondo conoscitore della cultura del mondo. D'altra parte, è una persona che di default parla tre lingue e i giovani oggi ne padroneggiano addirittura quattro. È ovvio che se da una parte dobbiamo aspettarci che il turista indigeno torni a viaggiare, dall'altra consideriamo che il resto del mondo non è ancora preparato a tornare alle nostre latitudini.
Il sistema, quindi, ha tenuto e tiene perché c'è stata una situazione particolare, ma riprepariamoci a considerare precedenti dinamiche con colossi del turismo come Spagna, Grecia, Francia e Italia che investiranno tutto ciò che possono per attirare i turisti.
Un'arma a nostro favore, non potendo competere con questi colossi, è quella di valorizzare magari i microtrend - specie nel settore food - che possono avere impatto sul mercato locale e interessare anche gli operatori ticinesi. Molto interessante quello che è definito come "turismo esperienziale" che lei giudica come traino importante per produttori, hotellerie, ristorazione e distribuzione di qualità. Di che cosa si tratta e perché è così importante?
Si tratta di far vivere un'esperienza a 360°, vendere il territorio, la gastronomia, lo shopping, il calore delle persone, la cultura. Non solo, il turismo esperienziale attira i viaggiatori "ricorrenti" che vogliono rivivere l'esperienza e ne parlano bene. Allora lavoriamo su questo tema. Il turismo esperienziale è diverso da quello che vuole offrire la Grecia con le isole covid free per giovani che si divertono una settimana o per le famiglie che oltretutto godranno di collegamenti diretti e di prezzi molto competitivi. Fondamentale è quindi lavorare sul turismo esperienziale facendo tornare chi è venuto l'anno scorso. E ci sono stati svizzeri che sono tornati in Ticino con la famiglia dopo che ci erano stati a vent'anni in campeggio con gli amici o da soli. E oggi magari hanno un reddito non indifferente da spendere sul territorio.
Non facciamogli prendere, con tutto rispetto, la via dell'italia, della Costa Azzurra. In questo contesto la gastronomia è di certo una leva importantissima, specie per il Ticino. È però chiaro che quando l'ospite arriva da noi deve trovare anche un'offerta leasure a 360°, con un'adeguata offerta culturale, con negozi attraenti e così via.
Quindi anche attraverso collaborazioni con enti e agenzie specializzate, come vedremo nei prossimi articoli, occorre ideare e rendere fruibili "pacchetti di emozioni"… Abbiamo un problema: dobbiamo far tornare gli svizzeri dell'anno scorso, tenerci quelli che già avevano deciso di venire in Ticino e, forse, ingolosire qualcuno che non viaggia da due anni per il timore dei contagi o per le restrizioni (ndr. proprio le vaccinazioni saranno elemento determinante, perché il turista tipo che predilige il Ticino ha una certa età. E nel fare questo purtroppo ci scontreremo con una serie di giganti che mettono in campo tutta la loro potenza turistica, con i prezzi stracciati di alcune nazioni e le offerte di altre destinazioni - penso alla Toscana o alla Provenza - che anche loro utilizzeranno il turismo esperienziale. Positivo che il Ticino abbia un atout che è la gastronomia di qualità, che ha un riconosciuto ruolo "pivotale".
Sembra di capire, tuttavia, che il solo turismo esperienziale non sia sufficiente per attirare nuovi "consumatori/clienti". Ecco quindi i modelli "ibridi". Ci aiuti a capire...
Esperienziale per un ristoratore non vuol dire aspettare che siano
"Coltiviamo il turista svizzero prima che tornia a viaggiare ma prepariamoci di nuovo alla competizione"
gli altri a risolvere il problema, ma deve essere proattivo.
Uno dei modelli potrebbe essere quello che prevede magari due offerte ristorative, un bistrot e un locale più raffinato, ma anche la possibilità di offrire un piccolo catering, un piccolo shop che permette l'acquisto, la vendita diretta di prodotti enogastronomici ed agroalimentari di qualità e del territorio, e perché no, con piccole produzioni proprie. E poi la formazione del personale o le collaborazioni con esperti per degustazioni o serata a tema, magari in lingua anche per i turisti svizzerotedeschi.
Altro elemento è l'estensione online: facciamoli conoscere questi ristoranti che hanno queste offerte. Utilizziamo il web per vendere i nostri prodotti. Pensiamo al successo che hanno avuto panettoni e colombe di alcuni ristoranti anche stellati. Si tratta di esperienze emozionali: tu sei a Lucerna e ti porti a casa grazie all'online un pezzo di panettone ticinese, magari fatto con il lievito madre, con la farina del piccolo mulino, il burro artigianale. Non è altro che lo story telling: raccontare la storia di un prodotto per dare emozioni. Impariamo a fare queste cose. E la Svizzera ha moltissimo da sviluppare sotto questo punto o di vista. Porto a Zurigo a un amico una colomba fatta da un particolare ristoratore? Quando l'amico verrà in Ticino in vacanza, andrà a trovare quel ristorante o verrà forse apposta per provare questa esperienza.
E queste non sono nuove regole dettate dall'alto. Sono alternative di sviluppo strategico. Dobbiamo estendere la gamma di offerte: come ricordavo vendita, degustazione, ristorante con bistrot, produzione di prodotti col proprio brand. Tutto questo, non dimentichiamo, si sposa a meraviglia con i prodotti del territorio. Il valore del territorio come mezzo di vendita è altissimo, ma è ancora davvero proco sfruttato. Prendiamo esempio da alcune regioni di montagna che lavorano molto su questo aspetto: mi porto a casa un pezzo di territorio di montagna (ndr. la carne secca grigionese o la bresaola della Valtellina non utilizzano solo carne locale. Ma è l'elemento di tradizione, la ricetta il savoir faire che le lega al territorio).
Ma il ristoratore non sempre ha tempo di occuparsi della propria promozione. E poi non sempre si riesce a riconoscere l'esperto.
Certo, eppure molti iniziano ad avere un proprio piccolo ufficio marketing. Si facciano aiutare dai giovani che hanno molta dimestichezza con le moderne tecnologie. Non è sempre necessario rivolgersi all'esterno, ma allarghiamo le competenze della propria brigata, formiamo il figlio, il collaboratore. Internalizziamo alcune attività, investiamo come imprenditori.
E se non si ha tempo - concludiamo noi - ci si affidi a persone di provata esperienza e serietà. Per esempio, i team di Gastroticino, Ticino a Tavola, Réservé Media Group, che possono evitare brutte esperienze e aiutare a sviluppare anche queste competenze e a far crescere la squadra, senza sprecare energie e risorse consegnandole nelle mani di "avventurieri" o presunti "guru" della comunicazione. Associazioni ed esperti che possono contare sulla collaborazione o la competenza di autorità come il nostro interlocutore. E perché non pensare in futuro a strette collaborazioni tra Gastroticino, Ticino a Tavola, Centro di Competenze Agroalimentari Ticino e la SUPSI? Réservé ha lanciato il sasso.
Offerte ben strulturate, legate al territorio e diffuse altraverso il web Grazie al prodotti locali facciamo portare a casa un pezza di Ticino Internalizziamo le competenze Nin lasciamole agli avventurieri delia comunicazione