Sulle tracce della “Masculina da Magghia”
Turismo esperienziale: con i pescatori siciliani sulle rotte dei banchi di acciughe
Da Aci Trezza ad Aci Castello fino alle Grotte di Ulisse passando dalle Isole dei Ciclopi, poi Aci Reale e la riserva naturale della Ninfa, sulle tracce della “Masculina da Magghia”. Grazie al contributo di Experimenta Siciliae - un progetto promosso dal Flag Riviera Jonica, focalizzato sul turismo esperienziale dell’ isola legato, in particolare, allo sviluppo costiero della Sicilia orientale per sostenere il settore della Blue Economy - Réservé Magazine ha partecipato a un viaggio stampa, compiendo escursioni e trekking sul vulcano Etna, visitando aziende vitivinicole, SPA e villaggi di pescatori, toccando con mano le bellezze della riviera Jonica Etnea.
“Alla base di Experimenta Siciliae – racconta Gianni Vasta, presidente del FLAG Riviera Jonica – c’ è l’idea di mettere in relazione la domanda e l’offerta, dando occasione di incontro e di vivere in prima persona le esperienze da proporre al mercato. Il turista ha un ruolo attivo nell’esperienza di viaggio, dove non si assiste passivamente a una visita, ma approfondisce la propria relazione con il territorio attraverso le attività che svolgerà in prima persona”.
Aci Trezza, citato molte volte da Giovanni Verga ne “I Malavoglia”, è stato il punto di partenza per la nostra escursione all’arcipelago dei Ciclopi passando dal Castello Normanno di Aci Castello, fino alle Grotte di Ulisse, per poi tornare verso Aci Reale e la riserva naturale della Ninfa. Sulla Lachea Tour, gestita dal comandante Concetto Valastro e dai figli Aurora e Giuseppe, lasciamo il piccolo porto con alle spalle i magnifici Faraglioni che la leggenda narra essere le rocce scagliate da Polifemo contro Ulisse e i suoi compagni rei di averlo accecato. Il comandante ci racconta che la sera prima, all’imbrunire, avevano gettato le reti e ora erano pronti a tirarle a bordo ricche di pesci che, a seconda della stagione, variano dalle aguglie alle spigole e ai tonni, dalle triglie agli sgombri e, naturalmente alle “masculine”. Queste ultime si pescano con reti speciali: le tratte, cioè le reti menaidi che hanno maglie di un centimetro di lato e sono lunghe circa 300 metri. Il momento giusto è la notte fonda, nelle ore che precedono l’alba. Si utilizza la stessa tecnica dei tempi antichi, quella praticata in tutto il Mediterraneo all’epoca di Omero. La testa dell’alice resta impigliata nella “magghia” (termine dialettale per maglia della rete): ciò provoca un dissanguamento naturale che rende il pesce più gustoso e pregiato, togliendone l’amaro. In tutto il territorio italiano sono poche le flottiglie che praticano ancora questo tipo di pesca.
Torniamo alle acciughe che i pescatori chiamano anche “anciuvazzu” o “anciuvurineddu”. Nomi diversi per questi piccoli e prelibati pesci, le stesse catturate dai liguri e dalle menaidi cilentane. Le stesse che, diceva padron ‘Ntoni ne I Malavoglia, “sentono il grecale ventiquattr’ore prima di arrivare, (…) è sempre stato così, l’acciuga è un pesce che ha più giudizio del tonno”.
Concetto ricorda che una volta c’erano in zona 120 barche di pescatori, mentre ora ne sono rimaste solo una trentina di cui 10, 15 piccole e che il suo bisnonno, emigrato in America, una volta ritornato in paese con idee innovative e i mezzi necessari, fu il primo a comprarsi una barca a motore. Allora si guadagnava bene, ora si riesce a malapena a sbarcare il lunario. Per poter sopravvivere occorre almeno riuscire a vendere l’equivalente di 150 euro di pesce al giorno. Queste acciughe costituivano il piatto tipico del venerdì per i Catanesi, un piatto povero che le mogli dei pescatori, usando gli scarti delle acciughe spezzate, mettevano sott’olio come pranzo per i mariti quando erano in mare. Ora sono diventate un presidio Slow Food tanto è vero che anche lo chef stellato Ciccio Sultano collabora con la famiglia Testa per la loro conservazione.
Il nostro tour ci ha riempito gli occhi con panorami stupendi, belle realtà agricole, tradizioni universalmente note come i Pupi, ma da gourmet non possiamo non citare i vini e i piatti degustati al Ristorante del Country Boutique Hotel Zash di Riposto (CT), immerso nel verde del parco dell’etna con piscina, SPA ed helipad, di proprietà della famiglia Maugeri, abbiamo degustato, tra gli altri, l’etna Bianco Superiore e l’etna Rosato, entrambi molto eleganti e dal sentore minerale. La cucina dello chef Giuseppe Raciti, che nel 2019 ha ottenuto la stella Michelin per il magnifico ristorante Zash, ricavato all’interno di un palmento, è sublime. Raciti riesce ad abbinare sapori e profumi della cucina siciliana, come il risotto agli agrumi, a piatti di pesce come la bisque di crostacei, limone e scampo. Alla tenuta Cottanera a Castiglione di Sicilia (110 ettari di terreno di cui la metà ripristinati con i vitigni storici dell’etna, Nerello Mascalese e Carricante) abbiamo assaggiato ottime bollicine, bianchi molto eleganti e rossi con una buona acidità che si sono accompagnati bene al tagliere dei salumi misti e ai formaggi del luogo e, perché no, anche alla pasta con le patate; sensazione quest’ultima che abbiamo condiviso con il collega Paolo Gianfelici di Terre D’europa.
Interessante al SAL (Spazio Avanzamento Lavori) di Catania, le birre del Birrificio Epica di Sinagra e de La Compagnia del Fermento di Mascalucia, degustando anche superalcolici come il Volcano Etna Dry Gin Indigeno e il Bacio Amaro del Vulcano Indigeno. Lo spettacolo dei Pupi “L’addio al celibato”, è stato “festeggiato” alle Cantine Nicosia a Trecastagni (CT). Lì siamo stati accolti con bollicine Blanc de Blanc Sosta 3 Santi con uve Carricante in purezza e un Blanc de Noir Sosta 3 Santi, ottenuto con Nerello Mascalese sempre in purezza. Non poteva mancare, infine, la visita alla bottaia sotterranea con le splendide botti di rovere francese da 500 e 225 litri che custodiscono, gelosamente, il nettare biologico dell’etna, il Nerello Mascalese.
Torneremo ancora in Sicilia con Réservé per parlare dei famosi pistacchi di Bronte. Ora salutiamo gli amici pescatori e soprattutto i lettori, con una ricetta tipica e di facile preparazione che si può scoprire scansionando il Qr-code. A proporla è Valentina Rasà chef titolare di Manipura di Catania: la focaccia con farina di Maiorca (grani antichi di Sicilia) e una miscela di farine forti bio.
Focaccia di Maiorca con mousse di ricotta
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