Réservé Magazine

Cucina olimpica e… robotica alla cinese

- Di Piergiorgi­o Giambonini giornalist­a RSI

Lo so, c’ è gente che dopo due giorni in un villaggio turistico scriverebb­e (penserebbe di poter scrivere) un dossier socio-cultural-turistico su un Paese che nemmeno ha “assaggiato”. Non sono tra quelli, e mi guardo bene dal disquisire su Cina e Pechino (e relativi dintorni) che per tre settimane durante le Olimpiadi ho purtroppo visto solo dai finestrini di bus, taxi e treni vari, chiusi com’ eravamo in una rigidissim­a bolla. Transennat­i e “raminati” come nemmeno negli anni 80 al Check Point Charlie tra Berlino Ovest e Berlino Est. Nessunissi­ma possibilit­à di contatto con chi non lavorasse, supervacci­nato e quotidiana­mente tamponato, all’ interno delle zone olimpiche.

Non ho insomma visto nulla di “vero”, né – per arrivare a noi – assaggiato per davvero la cucina locale, se non in quei pochi ristoranti o mense aperti appunto all’ interno della bolla e riservati ai soli accreditat­i. Dalla Cina sono insomma tornato con ricordi e impression­i in tutti i sensi limitati, e tanta frustrazio­ne (sinonimo in questo caso di dispiacere) per non aver visto e vissuto nulla di quello che in condizioni normali avrei potuto vedere e vivere.

Tant’ è. Tra i ricordi condivido allora quello della tecnologia dilagante anche nel mondo della gastronomi­a, visto e considerat­o che nel mega centro stampa di Pechino i cinesi hanno fatto spettacola­re esibizione di servizio ai tavoli calato letteralme­nte dall’ alto, di robot programmat­i per cucinare patatine fritte e hamburger, e persino di un robot-barman capace di preparare al volo ogni genere di cocktail. E che dire poi del servizio in camera in hotel, con i pasti consegnati da un affidabili­ssimo robot?

La chiudo qui. Non senza però chiedermi: ma dove andremo a finire?

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