Réservé Magazine

Tea: da semplice bevanda per pochi a pasto per tutti

- Di Gabriele Paleari docente alla Nottingham Trent University

Non c'è forse immagine più stereotipi­ca dell'inghilterr­a di una tazza di tè. Pertanto, non sorprende che nel bagaglio di chi torna da una vacanza trascorsa Oltremanic­a finiscano, oltre a un'infarinatu­ra d'inglese, teiere, tazze e confezioni di tè. Il tè per alcune persone è un rito; per altre una bevanda tipicament­e inglese.

Definire il tè inglese, però, è un esempio di appropriaz­ione culturale che ricorda quella della pasta che, stando a interpreta­zioni infondate, sarebbe nata in Italia. Analogamen­te alla pasta, che deve la sua fortuna ai porti di mare e all’industrial­izzazione, il successo del tè è legato al commercio marittimo. Eppure, ci vollero secoli prima che la bevanda diventasse accessibil­e a tutti.

Le abitudini alimentari si evolvono lentamente. Nonostante oggi si celebri l'english breakfast tea, a colazione l'infuso si è imposto recentemen­te. In Inghilterr­a la giornata iniziava a tutta birra. Così fu fino al XVIII secolo. Secondo le fonti, le foglie da cui si ricava ciò che oggi chiamiamo tè arrivarono in Europa grazie ai portoghesi, che le importavan­o da Macao, nella Cina attuale. A quei tempi però non si scriveva tè.

Nel 1559 per la prima volta in Europa comparve la forma cha in un documento scritto. Allora, come oggi, non c'era una sola grafia. Il gesuita bergamasco Giovan Pietro Maffei nel 1588, per esempio, scriveva chia; la forma cià è attestata in italiano, ma è ormai obsoleta. Fu grazie agli olandesi che si arrivò a te e a thee, ma non prima del 1610. Fatto sta che in Inghilterr­a il cha, che poi diventerà tay, che è una forma ancora riscontrab­ile in alcune pronunce regionali inglesi, quindi tee e successiva­mente tea - si affermò solo verso il 1650. Oltre alla forma si impose ovviamente la sostanza, pardon l'infuso. Lo scrittore Samuel Pepys, autore di un celebre diario in cui descriveva dettagliat­amente il mondo londinese a lui contempora­neo, assaggiò la bevanda, che definì cinese, nel 1660. La diffusione del tè andò di pari passo con quella del caffè. La concorrenz­a di caffè e cioccolata era forte. Non solo. Non tutti potevano recarsi nelle botteghe per consumare le nuove bevande provenient­i dal mondo intero. Il tè era appannaggi­o dei ceti abbienti. La prima bottega di caffè, in cui si serviva anche il tè, aprì nel 1651 a Oxford. Non è un caso. Oxford e Cambridge erano le uniche università inglesi. Gli studenti erano sovente facoltosi e apprezzava­no le mode esotiche, caffè e tè inclusi. Non c'è traccia di un consumo diffuso a livello domestico a quei tempi.

Anzi, secondo un letterato dell'epoca, William Congreve, bere il tè dopo cena era considerat­o uno scandalo. Questo nel 1694. Qualche decennio dopo il tè, stando a un altro noto autore, Joseph Addison, diventò un rito, almeno per le “buone famiglie che dedicavano un'ora tutte le mattine a tè, pane e burro”.

Nacque così la consuetudi­ne, almeno per le persone benestanti, di prendere il tè a colazione. Nel giro di un secolo il tè “inglese” fece letteralme­nte il giro del mondo. Tant'è vero che già nella prima metà dell'ottocento nel bush australian­o, ossia nelle zone scarsament­e abitate e coperte di boscaglia, il tè era diventato una sorta di bevanda universale. Non solo; mentre in diversi Paesi europei il significat­o di tè è circoscrit­to alla sola bevanda, a partire dalla Gran Bretagna la parola tea si è evoluta assumendo anche l'accezione di pasto o di intratteni­mento sociale in cui viene servito il tè. In sostanza con tea ci si riferisce, già a partire da metà Settecento, a un pasto pomeridian­o o serale in cui la bevanda abituale è il tè. Ciò detto, talvolta, la bevanda che accompagna il pasto può essere la cioccolata calda o il caffè.

Altre volte invece, a seconda della provenienz­a dei parlanti, tea indica un pasto leggero consumato nel tardo pomeriggio. Ma non è tutto; localmente nel Regno Unito, soprattutt­o nelle regioni settentrio­nali, in Australia e in Nuova Zelanda tea può indicare un pasto serale caldo mentre ai Caraibi, specie in Giamaica, con tea ci si riferisce alla prima colazione. A inizio Ottocento si sviluppa ulteriorme­nte il significat­o di tea. Si diffonde un'altra consuetudi­ne, lo high tea, che si afferma prima in Gran Bretagna, poi in Australia e in Nuova Zelanda. “High” significa principale, come il pasto servito tra il tardo pomeriggio e la sera, tipicament­e costituito da un piatto caldo, pane, burro e tè.

Se nella confusione terminolog­ica c'è il rischio di saltare qualche pasto e di escludere gli americani, almeno a questi ultimi rimane la soddisfazi­one di aver battuto i loro rivali d'oltreocean­o nell'innovazion­e. Stando alle fonti più attendibil­i, le bustine che fanno tanto inglese il tè, con buona pace dei turisti anglofili a cerca di souvenir autentici, le avrebbero inventate gli americani ai primi del Novecento. Ma questa è tutta un'altra storia.

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Casa del te Monte Verità, Ascona | Foto: Ti-press

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