Réservé Magazine

Pennellate di pregio per il vino

- Di Salvatore Maria Fares giornalist­a e storico

Le prime raffiguraz­ioni pittoriche dell'uva e del vino avevano l'essenziali­tà dei grappoli e delle coppe. Si parte dai raccoglito­ri in un dipinto egiziano di tremila anni or sono a Tebe e si arriva ai contempora­nei, passando dai medievali e dai grandi rinascimen­tali con l'ottocento vibrante di feste popolari e pranzi aristocrat­ici e borghesi in cui brillano i cristalli sulle tavole accese di giubilo.

È solo nell'ottocento che il vino si accompagna alla grazia femminile, quando le donne entrano maggiormen­te nella vita sociale e sono raffigurat­e nei giubili delle feste e dei locali, come al Moulin Rouge dove il piacere cresce fra balli e Champagne. Ma, come in Adolf Humborg, appaiono anche i monaci in cantina intenti all'attività secolare che praticano i conventi e i monasteri fin dal Medioevo con vini ed elisir terapeutic­i.

Caravaggio al vino regala un dipinto con il Dio protettore che denomina tutte le attività legate al nettare degli dei. Il suo giovane Bacco contrasta quello di Guido Reni, che è un Bacchino appoggiato alla botte mentre si sta scolando un recipiente di vetro. Il Bacco di marmo di Michelange­lo, pur solenne per la bellezza dell'uva che lo adorna, è l'antitesi del suo David.

Dal marmo al vino, che qualcuno usa come elemento per la pittura, affermando che si può dipingere con qualsiasi materia che abbia un pigmento. E così il milanese Miki Degni crea con originalit­à le sue opere pennellate al vino. Da noi Manuela Sisini Garcea dipinge con il vino e gli scarti che ne derivano, fra i vari passaggi dalle botti nei travasi e ricorda che offrono tinte diverse dalle quali estrae le varietà dei suoi colori che resistono sulla carta.

Così, dopo ripetute creazioni, gli scettici hanno constatato una nuova qualità espressiva. Qualità che a tanti maestri derivava dal vino, come Toulouse Lautrec che, sebbene amante dell'assenzio che lo distruggev­a, da goloso restava sul succo di Bacco, che in alcune sue opere segna la solitudine dei bevitori. Non sempre il vino ispirava la gioia di Dante Alighieri che indicando i vigneti ricorda che l'uva è “il calor del sol che si fa vino”. Una gioia che Gauguin nella sua Vendemmia non descrive, mentre il macchiaiol­o Francesco Gioli ne fa un soggetto di staccato dialogo fra la donna col cesto dei grappoli e il suo bambino che la tira per la veste. Si trovano gioie e delizie, oscurità e mestizie nell'arte dedicata al vino, dai bevitori alle bariste, dalle zappe ai calici scintillan­ti. L'uva ci accompagna dalle origini della storia.

 ?? ?? Manuela Sisini Garcea “Il colle degli ulivi”, a Coldrerio, cm. 30x40 eseguito con vino su carta
Manuela Sisini Garcea “Il colle degli ulivi”, a Coldrerio, cm. 30x40 eseguito con vino su carta

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