23 NOI MAESTRI DEL GUSTO
In dieci anni la è diventata il riferimento imprescindibile dei palati fini. E un nostro chef è stato classificato come il numero 1 al mondo. NEW ITALIAN COUSINE
Anno 2006. Al famoso giornalista italiano in trasferta a Montecarlo che chiedeva un piatto di spaghetti al pomodoro, lo chef del Louis XV rispondeva: «Je n’ai rien à voir avec la tomate», io non ho niente a che fare col pomodoro. Erano le ultime impennate della grandeur francese che guardava con degnazione alla cucina italiana, fatta di ottimi prodotti, ma orecchiata, provinciale, “della mamma”. Pochi si erano accorti all’estero delle punte di ricerca e di ricercatezza di Gualtiero Marchesi, di Nadia Santini, Gianfranco Vissani, ancora sepolte sotto una coltre di spaghetti. 2016. Ed ecco il nuovo panorama. Massimo Bottura, dell’Osteria Francescana di Modena, è il miglior cuoco del mondo per la classifica internazionale 50 Best e il magazine del lo mette tra i sette “Greats” che stanno ridefinendo la cultura occidentale; a Hong Kong lo chef bergamasco Umberto Bombana del ristorante 8½ Otto e Mezzo Bombana è, primo italiano all’estero, insignito delle tre stelle Michelin; a Tokyo una stella va a Luca Fantin, executive chef del Bulgari nel cuore della Ginza. A Dubai Enrico Bartolini, chef del ristorante del Museo Mudec di Milano, ha aperto il ristorante Roberto’s ed entro fine anno inaugurerà un locale a Hong Kong; a New York l’impero di Mario Batali si estende a 14 locali; a Mosca, dove è approdato anche Carlo Cracco con Ovo al Lotte Hotel, il siciliano Nino Graziano ne conta 16. Intanto cuochi giapponesi, cinesi, americani, australiani vengono ad Alma, la scuola internazionale di cucina di Colorno, a imparare l’arte del risotto. Adesso, a cose fatte, si applaude, ma la domanda è: come siamo riusciti in dieci anni, a fare il lavoro di un secolo? Quando, nel 2010, Ferran Adrià ha annunciato che avrebbe chiuso El Bulli, perché, da intelligente, aveva capito che le espumas Il migliore. sopra: Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana di Modena è uno dei 7 “greats” secondo del New York Times. in basso: tra nuovi sapori creativi di Luca Fantin, chef stellato del Hotel Bulgari di Tokyo, flan di funghi selvatici con brodo ed erbe aromatiche.
The best. erano arrivate al capolinea e, a ruota, dal Nord è scesa la grande inversione di rotta verso la naturalezza, la Nuova Cucina Italiana si era già corredata dei tre fondamentali requisiti per diventare la più amata e, forse, la migliore del mondo: la tecnica, la tradizione, la condivisione. Merito di quelle famiglie, proprietarie di modeste trattorie, che avevano mandato i figli all’estero a imparare dai grandi chef le tecniche e la disciplina dell’alta cucina. Lezioni durissime ma necessarie perché la nostra gastronomia, ricca di oltre duemila ricette, mettesse le ali. Eppure tutto ciò non sarebbe bastato senza un salto mentale prima inimmaginabile. Sono finiti i tempi in cui i cuochi si detestavano e Fulvio Pierangelini nascondeva persino al lavapiatti il tocco finale della ricetta. Le nuove generazioni fanno amicizia, rivelano i propri tour de main sul palco dei congressi gastronomici internazionali, lavorano a quattro, otto, dodici mani, saldi sulle basi delle proprie radici ma pronti a innestarci sopra il nuovo. Con quel gusto del bello e del buono che è il sigillo dell’Italian Style: il piacere di sapori leggibili all’occhio e riconoscibili al palato. Come le note di uno spartito musicale. □
✴Critico enogastronomico e personaggio televisivo, Fiammetta Fadda è contributing editor de La Cucina Italiana.