AD (Italy)

Diorami urbani

In mostra a Milano: e suo nipote ritraggono la città con tersa, personalis­sima precisione. Sono loro i più grandi vedutisti della storia.

- CANALETTO BERNARDO BELLOTTO di CESARE DE SETA

La mostra di scena alle Gallerie d’Italia di piazza della Scala a Milano, è curata da Bozena Anna Kowalczyk (bello il catalogo di Silvana Editoriale) e presenta circa cento pezzi tra dipinti, disegni e incisioni. Giovanni Antonio Canal (1697-1768) rivoluzion­ò la preesisten­te tradizione vedutista veneta e non solo. Esordì nella scenografi­a, ma presto l’abbandonò per la pittura. La camera ottica, che vediamo in mostra, fu lo strumento tecnico di cui Canaletto si avvalse con grande perizia per cogliere la realtà nei dettagli. Il prezioso quaderno con i suoi disegni ci dice tutto delle sue procedure nel delineare una veduta: in questi fogli sono assai spesso annotate parti del corpo urbano con appunti sul colore di un muro o altri particolar­i. Di tale taccuino si servì nel tempo come memorandum per le grandi scene urbane che dipinse. Ma si soffermò pure su aree dimesse come le rive del Brenta o campi e campielli, chiese e palazzi che non avevano la fama e lo splendore del Canal Grande o delle maggiori piazze veneziane. Pur essendo un grande vedutista Canaletto si serve della prospettiv­a a suo modo, cioè con assoluta libertà, e non ci sono due tele dello stesso soggetto simili. Manipola la prospettiv­a per gli equilibri formali che persegue, certamente non si lascia dominare da una norma tecnica. Ebbe larga fortuna con influenti e ricchi protettori come il console inglese Joseph Smith che lo introdusse nel suo Paese e infatti nel 1746 si trasferì a Londra e molte tele furono acquistate da re Giorgio III. Una fortuna che gli consentì di trascorrer­e ben nove anni a Londra, dove dipinse molte tra le sue più splendide tele.

Bernardo Bellotto (1721-1780), dopo l’apprendist­ato presso lo zio, fece un giro per Roma, Firenze, Lucca, poi Torino, Milano e Verona delle quali ci ha lasciato mirabili vedute. Partito dall’Italia nel 1747 non vi fece mai più ritorno: si trasferì a Dresda presso Augusto III di Sassonia, poi a Vienna dall’imperatric­e Maria Teresa d’Austria e a Monaco (1761), infine a Varsavia alla corte del sovrano polacco Stanislao Poniatowsk­i. Ebbe ruolo e incarichi prestigios­i ma si spense nella capitale di Polonia quasi in miseria. Bellotto fu “non men grande del di lui zio”, scrisse Ro-

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Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce,

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