Il tessuto è concettuale
Un’ idea di studiata imperfezione caratterizza i nuovi pattern ideati per l’azienda finlandese Artek da Che nell’epoca della riproducibilità tecnica e delle tecnologie digitali rilanciano coraggiosamente il gusto un po’ obsoleto del disegno a mano libera.
È una linea irregolare, lontana dall’algida precisione delle fantasie realizzate al computer, la cifra stilistica dei pattern della collezione
ideata per Artek da Erwan e Ronan Bouroullec, con disegni creati a mano libera. Concepita come decoro per tessuti e scelta anche per borse e vassoi, che in finlandese significa “linea”, appare come un’operazione elegantemente concettuale. Con Rivi avete riconsiderato la bellezza dell’imperfezione? «Oggi il computer ha assunto un’importanza capitale anche nell’ambito del design tessile. C’è una tale facilità nell’utilizzare i nuovi strumenti tecnologici per produrre rapidamente motivi che il discorso del disegno a mano libera, e così pure quello dell’imperfezione, è stato dimenticato. La collezione invece ripropone la centralità dell’approccio tradizionale». Come una volta. A SINISTRA: stoffe della collezione Rivi, disegnata da Ronan e Erwan Bouroullec per Artek e presentata in gennaio a Maison&Objet. I tessuti, caratterizzati da linee irregolari, sono disponibili in quattro differenti varianti di colore: bianco/blu, blu/bianco, senape/bianco, grigio chiaro/bianco. IN BASSO: un vassoio della linea Rivi di Artek. Come si situa questo progetto nella vostra produzione? «Rafforza proprio il legame con il disegno, un elemento molto importante per me e per Erwan. Lo considero uno strumento di ricerca e in parallelo lo coltivo come espressione autonoma. Mi interessa soprattutto il disegno imperfetto». I pattern dei tessuti e dei complementi della linea Rivi sono basati su un’idea di studiata imperfezione. «Non so se “imperfezione” sia il termine più appropriato. Parlerei piuttosto di “vibrazione”, intendendo un oggetto che non dà l’idea di essere uscito da uno stampo, che non viene replicato in maniera esatta, ma che presenta piccole variazioni». Vi siete occupati spesso di tessuti? «Sì, ma in genere eravamo più incuriositi dall’aspetto dell’architettura dei tessuti. Nel caso di ci interessava piuttosto il discorso dell’evidenza tecnica, della semplicità di realizzazione del tessuto». Molti vostri lavori sono estremamente lineari, perfino un po’ minimalisti. Qui c’è un maggiore senso di libertà. «La questione della vibrazione e dell’imperfezione è ben presente nella nostra produzione. Penso alle piastrelle della collezione che abbiamo disegnato per Mutina, caratterizzate da un motivo un po’ vibrato, che definirei aleatorio. Un discorso simile si ritrova nell’installazione che abbiamo allestito nel 2015 al Tel Aviv Museum of Art: c’erano schermi e paraventi realizzati con tecniche differenti». Che cosa presenterete al Salone del Mobile? «Alcuni arredi per la collezione di Magis, che è stata lanciata tre anni fa e continuamente sviluppata. Poi un’étagère e delle sedie per Cassina, oltre a tappeti per l’azienda olandese Danskina, caratterizzati da disegni che evocano la pittura puntinista, sedute in legno per Mattiazzi e tavoli in vetro colato per Glas Italia, nei quali la trasparenza, volutamente, non è mai assoluta».