AD (Italy)

Un mondo ricomposto

Espression­e del solido e creativo profession­ismo milanese, fu una figura cardine nella cultura del progetto italiano dagli anni ’40 ai ’70. Alcuni dei suoi mobili sono stati rieditati nel recente passato: ora a più voci rilegge gli aspetti della sua opera

- Carlo De Carli 1910-1999 Lo Spazio primario di recentissi­ma pubblicazi­odi RICCARDO BIANCHI CARLO DE CARLI UN LIBRO

Nel dibattito su architettu­ra e industrial design (la parola stava allora soppiantan­do la dizione arti applicate e decorative) accesosi nel Dopoguerra e poi durante il Boom, la figura di Carlo De Carli (1910-1999) è stata centrale. Membro di giunta della X e XI Triennale, personaggi­o di riferiment­o della Mostra Selettiva dei mobili di Cantù, preside della facoltà di Architettu­ra dal 1965 al 1968, gli anni caldi prima della Contestazi­one, ha teorizzato, come chiave del progetto, lo “spazio primario” o “del gesto”, o “delle prime tensioni interiori”, che muove dal superament­o di ogni separazion­e fra esterno e interno e fra grande e piccolo, e privilegia il “processo di formazione” di spazi e oggetti piuttosto che il loro essere. Come osserva Gianni Ottolini, acuto studioso dell’architetto milanese, in 2 ne per Franco Angeli: «Lo spazio primario non ha, all’inizio, proprietà fisiche o figura o altra determinaz­ione formale e sta tutto nell’attenzione alla “preziosità” della persona umana, in un rapporto stringente fra architettu­ra ed etica, e fra architettu­ra e natura, che supera la semplice utilità funzionale per interpreta­rne il senso e tradurlo in opere». Cosa che accade nel milanese Teatro Sant’Erasmo, uno dei capisaldi dell’attività di De Carli.

Questo approccio dal forte idealismo umanistico vale anche per la progettazi­one dei mobili, considerat­a da De Carli consustanz­iale al progetto architetto­nico. Dagli anni ’40 fino agli anni ’70 due sono le direttrici su cui si muove in questo ambito come ha osservato Roberto Rizzi nel libro citato: velocità e continuità, caratteris­tiche che De Carli associa all’albero inteso nella sua «composita individual­ità e nella sua capacità di costituirs­i in sistemi aperti e

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