Ritratto di creativo in un interno
600 mq su due piani, in un palazzo milanese dei primi del Novecento: qui lavora GIO PAGANI, architetto e designer dagli orizzonti vasti. Una cornice pensata come una casa. Dove mobili, oggetti, carte da parati raccontano un mondo.
Il giorno fissato per l’intervista, nello showroom-atelier milanese di Gio Pagani, si respira un’aria speciale: è in corso uno shooting di moda, alcuni ambienti sono temporaneamente invasi da una troupe. Un dettaglio che, apparentemente marginale, racconta bene il padrone di casa: un progettista a cui piace tenere la mente aperta. Su alcuni manichini, infatti, sono esposti dei giubbotti e degli abiti negli stessi materiali che poi troviamo su divani e poltrone. A sottolineare l’aspetto di “couture” (non a caso sottotitolo di una delle sue linee di produzione) del suo modo di fare design: forme che vengono vestite da pelle o tessuto, esattamente come un corpo. Una volta, invece, per ZZ
«PER ME FARE ARCHITETTURA È PENSARE LA “SCATOLA”, L’EDIFICIO. MA ANCHE IL SUO CONTENUTO». GIO PAGANI
presentare una collezione di mobili ha commissionato un film con tre attrici (proiettato in un salotto lineare ma sontuoso, con ragazze che distribuivano popcorn). «Sono un tipo eclettico, mi piace farmi travolgere dalle esperienze», ci dice. «Rimetto sempre tutto in discussione. Che è una cosa fondamentale: è importante sperimentare cose nuove, sempre. È quello che poi ti permette di affrontare progetti, spazi, prodotti più complessi». Questo è il pensiero da cui nasce una quantità di progetti: architetture, interni, oggetti, carte da parati. Gio Pagani ha anche firmato una collezione di pitture murali. «Credo nella figura dell’architetto che progetta, come si diceva un tempo, dal cucchiaio al grattacielo. Che pensa la “scatola”, l’edificio, ma anche il suo contenuto», prosegue. «Ho respirato design fin da piccolo, mia madre a Parma aveva dei negozi d’arredamento. Lì ho iniziato a fare i miei primi progetti: avrò avuto vent’anni. Ho sempre trovato stimolante interpretare delle case, che poi è, in realtà, interpretare le persone che le abiteranno. E acquisire esperienza». La vita di Gio («Giovanni, ma il nome è stato abbreviato da subito», confessa) si divide tra Parma («Dove ho una struttura più tecnica, dove progettiamo le architetture e realizziamo i prototipi») e Milano, in questa base operativa dedicata a interior design, vendite e comunicazione: 600 mq su due livelli in un palazzo primi Novecento. Di quelli dove tutto – scale, porte, infissi – è bello. Una cornice che gli si addice: «Il mio stile? Un Déco rivisitato, elegante ma moderato, senza ostentazioni. Cerco di creare oggetti che parlano alla memoria delle persone». Con un tocco, sempre presente e talvolta imprevedibile, di contemporaneità.