LE RADICI DEL FUTURO
Danese compie 60 anni e per sottolineare questo storico passaggio ha affidato la direzione creativa a RON GILAD. Il quale, avuta carta bianca, si fa ispirare dal patrimonio creativo e culturale del brand milanese.
Artista che lavora con le aziende, designer che trae ispirazione dall’arte. Ron Gilad è un tipo anomalo, nuota sempre contro corrente eppure ha definito il mainstream della sua generazione, quella dei quarantenni d’oggi. Da qualche mese si è insediato in Danese, storico brand del Bel Design, quale direttore creativo e ha portato con sé il vento di una “rivoluzione nella tradizione”. «Per lavorare qui ho chiesto di avere il controllo totale del progetto, cosa che mi inorgoglisce e mi emoziona perché confrontarsi con il significato culturale del brand è tutt’altro che banale. Dunque carta bianca e la facoltà di non tenere conto del recente passato dell’azienda salvo i pezzi veramente iconici. Così ho oblitera- ZZ
RON GILAD, PREMIO WALLPAPER 2013 «AMO IL DESIGN MA NON SENTO IL BISOGNO DI POSSEDERE DEGLI OGGETTI».
to l’80% del catalogo, anche i best e i long seller, e ho cercato di rivivificare lo spirito delle origini, quando Bruno Danese puntava sul rapporto tra arte e progetto avendo come riferimenti creativi Bruno Munari ed Enzo Mari, dei quali appunto ho voluto mantenere alcuni progetti intramontabili, tipo gli animali del primo e la lampada Falkland del secondo. Credo che guardare ai miti fondativi sia necessario per orientarsi in quel magma incognito che è il futuro. Del resto la storia di Danese è una storia importante che quest’anno doppia i sessant’anni, e riprenderne il genius senza scadere nel vintage penso sia una strategia che ha un suo perché». Il senso di tale approccio si legge già nei suoi oggetti, che il designer di origine israeliana ha cooptato nel catalogo dell’azienda. Suppellettili, candelieri, portafrutta, vasi, lampade, orologi: essenziali e poetici, a volte spiazzanti, virtuosistici nelle lavorazioni e nell’abbinamento dei materiali, ben studiati nelle proporzioni, espliciti nel denotare quello che sono perché a Gilad, più che l’esito finale, interessa far capire come vi si è arrivati. Artefatti in cui l’eco giocosa di Munari e Mari è palpabile. L’enfasi riduzionistica, che è in sé una lezione concreta sulla sostenibilità, si manifesta anche nella riscrittura del catalogo nel quale le fotografie sono sostituite da disegni tecnici semplici e didascalizzati senza enfasi, e inframmezzati da sketch umoristici. «Più che ai soliti strumenti di vendita patinati ho pensato all’enciclopedia, volevo dare un contenuto più culturale alla produzione ma senza prosopopea. Ho agito pure sul logo. Mi sembrava troppo astratto: per umanizzarlo ho aggiunto due puntini, due occhi, nella B che sta per Bruno, il nome di Danese, il fondatore. Che dice, piacerà?».