LA CASA ANIMALIER
Da sempre gli animali ispirano forme e aspetto di ciò che ci circonda: si pensi al Cavallo di Troia... Il loro vello e la loro raffigurazione integrale in 3D sono SPUNTI IRRESISTIBILI per un certo design di matrice pop e umoristica oggi di gran tendenza.
L’impegno dei nostri antenati nella formalizzazione degli oggetti utili ad affrontare le necessità quotidiane ha privilegiato la straordinaria ricchezza e varietà di suggestioni provenienti dal regno animale, in vari modi, fino ai giorni nostri: magnifici oggetti, di volta in volta, ritraggono fedelmente l’animale o i suoi aspetti (come nel caso delle proposte animalières), ne mettono in risalto l’indole (come nelle simbologie animaliste e dei bestiari medievali) ne usano direttamente parti o componenti peculiari, che ne distillano la quintessenza (con maggiore o minore zoomorfismo) ovvero ne reinterpretano la peculiare struttura e il comportamento meccanico (come nel caso della bionica). Se già nella civiltà egiziana e nell’antica Roma, zampe, code, teste di animali comparivano nelle sedie, nei triclini o nei tavoli, in tempi più recenti, la corrente artistica del biomorfismo si è espressa riflettendo i principi desunti dal mondo naturale nella modellazione degli spazi, nella morfologia strutturale e nell’apparato decorativo. È comunque interessante notare come, a partire dalla seconda metà del secolo scorso fino a oggi, designer e progettisti italiani e stranieri si siano curiosamente rifatti, più o meno volutamente, al mondo animale dando vita a una serie di oggetti che hanno in comune (nella forma, nel nome o in entrambi) un preciso riferimento zoofilo; presenze che abitano le case e che sembrano affermare una loro emancipazione espressiva rispetto alla mera funzione alla quale sono destinati, come fossero “animali domestici” collocati a protezione della casa. Dalla seduta Lombrico di Zanuso al divano
Aster Pappus dei fratelli Campana, dalla libreria Bookworm di Ron Arad all’iconico spremiagrumi Juicy Salif di Philippe Starck, dalla lampada-seduta Elephant di Richard Hutten alla
Monkey Lamp di Seletti. Senza dimenticare i tappeti Marco Ferreri, i pezzi dei Lalanne e delle Front, la lista è infinita e in progress. È possibile in tal senso identificare due diversi modi di operare. Da un lato, come sottolinea Silvana Annicchiarico, direttore del Museo del Design della Triennale, la suddetta tendenza zoofila non è liquidabile come elemento accidentale o occasionale, ma rinvia piuttosto a un complesso meccanismo simbolico che tende a collocare, negli ambienti domestici, sostituti o surrogati oggettuali di quel mondo animale che è stato inevitabilmente espulso dalle case; la Bear chaise longue
Dubhe e il Dog pouf Klipper di Visionnaire, le librerie zoomorfe
«IL DESIGN È UNA FARFALLA» FRANCESCO TRABUCCO, ARCHITETTO, DESIGNER, DOCENTE DI DESIGN INDUSTRIALE, SAGGISTA
di Ibride, o le folli sedute di Nikolai e Simon Haas. Dall’altro, alcuni progettisti si impegnano a camuffare precise caratteristiche degli oggetti con forme antropomorfe o zoomorfe non per una maggiore funzionalità ma per puro gioco, per humour, per una maggiore efficacia comunicativa. In questo senso, per esempio, i prodotti di Alessi sono emblematici: dalla collezione Family Follow Fiction del 1992 all’ultima collezione di posate Colombina Fish disegnata da Fuksas. Attraverso forme, materiali e colori di un linguaggio espressivo ludico si mira a richiamare la memoria affettiva del fruitore, con l’intento di “liberare” l’innato impulso ludico dell’uomo, essenziale nella dimensione estetica (come sosteneva Marcuse). Si dà luogo, così, a un fenomeno di “gadgettizzazione” degli oggetti di uso comune, inaugurando un nuovo linguaggio nel design definibile neoorganico.