AD (Italy)

Identità coloniale

Nel centro di CARTAGENA DE INDIAS un architetto e un designer hanno trasformat­o una fabbrica di tabacco del XVII secolo nella loro casa. Con radici bene in vista.

- Testo di ELENA DALLORSO — fotografie di MASSIMO LISTRI

Qui, nel diciassett­esimo secolo, si trovava la Factoría de Tabaco di Cartagena, in Colombia, ovvero la fabbrica del tabacco, privilegio riservato agli spagnoli (ma ampiamente seppur clandestin­amente goduto anche dai locali): una grande casa coloniale con magazzini, locali per le carrozze e manifattur­a a livello della strada, e u ci e alloggi al primo e secondo piano. Durante la sua storia, lunga quattro secoli, ha poi albergato, divisa in tre parti, tre famiglie. E infine è stata comprata nel 2003, in totale stato di abbandono, dal designer Gustavo Pinto e dall’architetto Sergio Castaño, che l’hanno prima trasformat­a in boutique hotel, poi di nuovo in casa, dove accogliere ospiti ma anche poter vivere. «Siamo rimasti colpiti dall’altezza dei so tti, che sfiorano i sette metri e regalano alla casa una ventilazio­ne perfetta; dalla posizione, nel centro storico della città; della vista sulla cattedrale», racconta Gustavo Pinto. «Era semidistru­tta, ma ne abbiamo capito immediatam­ente il potenziale e abbiamo iniziato un lungo e meticoloso restauro che è durato due anni, proprio perché volevamo che le radici coloniali dell’edificio non venissero nascoste. Anzi. Con il nostro intervento abbiamo cercato di ridarle il carattere che forse aveva in origine». Rimasta inalterata la struttura di una tipica casa “cartagener­a” tutta sviluppata intorno a

un patio centrale, i due soci si sono occupati di recuperarn­e lo spirito storico: pareti bianche che enfatizzan­o i volumi, superfici pulite, pietra, calce e legno, pavimenti in maiolica sia nelle zone comuni sia nelle sette stanze. Anche gli arredi seguono la coerenza dell’insieme architetto­nico: «Volevamo che si potesse immediatam­ente riconoscer­e l’identità colombiana così abbiamo scelto molti arredi realizzati dai migliori artigiani della costa e li abbiamo mescolati a mobili e oggetti acquistati durante i nostri viaggi in tutto il mondo e a qualche pezzo di antiquaria­to locale (ma anche, per esempio, il bel mobile francese che divide i divani del salotto e che serve da bar e da console per la musica).

La verità è che nella casa, a parte qualche palla di cannone e qualche ceramica, non abbiamo trovato niente. L’interior è semplice, i tessuti tutti in fibre naturali come il rattan, il cocco, l’ananas, la juta dei tappeti tessuti a mano, il cotone egiziano delle lenzuola», dice Pinto. «La nostra idea è che chi viene qui deve capire immediatam­ente dove si trova e immergersi nell’atmosfera allegra e rilassata di Cartagena». Da questo desiderio i due soci hanno deciso di utilizzare come sca alature dei grandi vassoi in legno fabbricati dagli artigiani dell’asse ca ettiero colombiano e che normalment­e servono per raccoglier­e i chicchi di ca è,o i cassoni appesi alle pareti dell’ingresso che anticament­e venivano utilizzati per lavare o trasportar­e granaglie o cibo.

La grande altezza dei so tti regala una frescura per niente scontata agli interni, soprattutt­o tra luglio e settembre, quando Cartagena de Indias si trasforma in un forno tropicale. Il patio centrale, verdissimo, con lo specchio d’acqua, è un regolatore naturale di temperatur­a. Nella divisione della casa originale in tre edifici ha assunto una forma particolar­mente allungata, che si è rivelata perfetta per evitare il sole nelle ore più calde.

«Ma è il gazebo sul tetto il punto più fresco», rivela Pinto: «L’abbiamo allestito con delle alcove per rilassarsi. Sulla terrazza si trovano anche la piscina, e un tavolo per cenare a lume di candela con vista sulla città e sul campanile della cattedrale. Un tempo era qui che gli abitanti venivano per osservare l’orizzonte per prevenire gli attacchi dei pirati». Oggi, che i tempi sono più tranquilli, per avere un belvedere privilegia­to sulla vita dei concittadi­ni.

Palette intima. A SINISTRA: in una delle camere, letto king size con testata in legno e tessuto. Comodini antichi cinesi. Lampade alla parete in bronzo Ralph Lauren. La chaise longue in midollino è realizzata da artigiani colombiani. Il quadro è dell’artista colombiano Oscar Arcila. SOPRA: in un’altra stanza, comodini di Henredon e antico scrittoio con una sedia in palma Areca e tessuti in vimini color cioccolato. Anfora spagnola in legno e resina. SOTTO: una delle camere da letto dell’ala principale della casa. Un antico armadio in legno funge da guardaroba in questa stanza. Davanti, sedia in palma Areca. Anche qui anfore in resina e legno di origine spagnola. Dietro al muro con le anfore si apre la sala da bagno en suite.

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 ??  ?? Artigianat­o. A SINISTRA: il salone principale a doppia altezza. Divani Becara ricoperti con tessuti Ralph Lauren e cuscini artigianal­i colombiani in lino. Tavolini in bambù. Armadio antico francese. SOPRA: poltrone in legno Baker, piantane Ralph Lauren, console e grande specchio in legno di Guayana. Oggetti in vetro dell’azienda veneziana VGnewtrend.
Artigianat­o. A SINISTRA: il salone principale a doppia altezza. Divani Becara ricoperti con tessuti Ralph Lauren e cuscini artigianal­i colombiani in lino. Tavolini in bambù. Armadio antico francese. SOPRA: poltrone in legno Baker, piantane Ralph Lauren, console e grande specchio in legno di Guayana. Oggetti in vetro dell’azienda veneziana VGnewtrend.
 ??  ?? Antichi mestieri. A SINISTRA: nell’ingresso, sca alature in castagno lavorate in rattan che servono originaria­mente per raccoglier­e i chicchi di ca è. Grande specchio in legno di guayacán. La lampada è una lanterna in metallo messicana. SOPRA: nell’androne, antichi cassoni per lavare o trasportar­e granaglie. In fondo, tavolo di Henredon.
Antichi mestieri. A SINISTRA: nell’ingresso, sca alature in castagno lavorate in rattan che servono originaria­mente per raccoglier­e i chicchi di ca è. Grande specchio in legno di guayacán. La lampada è una lanterna in metallo messicana. SOPRA: nell’androne, antichi cassoni per lavare o trasportar­e granaglie. In fondo, tavolo di Henredon.
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