RITMO AFRICANO
Dalle alture che abbracciano CITTÀ DEL CAPO una villa si a accia sull’Oceano Atlantico. La sua struttura è a piani sfalsati e irregolari, imprevedibili. Un volume scultoreo in cemento, vetro e acciaio. Dove niente è lasciato al caso. E dove tutto è, sempl
Appoggiata sulle alture che abbracciano Città del Capo c’è un’architettura che cattura lo sguardo. Tre volumi curvilinei disposti uno sull’altro, come onde bianche in cemento e vetro. È una villa che dalla strada quasi non si vede ma che dal giardino, una vasta terrazza piantumata a prato, si apre ad abbracciare la vista sull’Oceano Atlantico. Un luogo fuori dal comune. Una volta entrati, il primo dettaglio che si coglie sono le pareti curvilinee dell’ingresso. Un attacco, come in una composizione musicale, che subito definisce il carattere dell’intera opera, tutta giocata su volumi dalle forme organiche. Lo spazio non è scandito in blocchi, in stanze separate in modo netto, ma piuttosto fluisce da una zona all’altra in modo naturale, seguendo le curve dell’architettura.
Dall’ingresso si accede a uno spazio spettacolare: un basso tavolo circolare circondato da sei poltrone in tondino d’acciaio e velluto rosso sipario: sono le sedute disegnate da Warren Platner per Knoll nel 1966, oggi un classico senza tempo. Sopra questa zona conversazione, sul so tto campeggia un avveniristico lampadario progettato da Ross Lovegrove per Artemide), composto di elementi che sembrano gocce giganti di mercurio posate sul so tto ed enfatizzano la fluidità delle forme che si scorge dappertutto. Un salotto che i progettisti (lo studio ARRCC, u ci a Città del Capo e progetti dalla Cina alle Bahamas) definiscono “co ee lounge”: il tavolo rotondo centrale è pensato per momenti di convivialità rilassata. Mood incoraggiato anche dalla vista del mare, che da qui si scorge attraverso una vetrata ad angolo, a tutta altezza.
L’opulenza diventa chiara appena si accede allo spazio successivo: un living a doppia altezza, sempre a acciato sul panorama. Qui il segno architettonico forte è l’ascensore, un cilindro di vetro, e la scala d’acciaio che gli si avvolge attorno. In contrasto con la potenza di questi elementi, che costituiscono il cardine e il centro geometrico della casa, la cucina che è lì accanto spicca con le sue linee minimali, in linea con quanto richiesto dal cliente, sottolineate da una palette leggera, neutra: pareti bianche, pavimenti grigi.
Sul fronte strada l’edificio è caratterizzato da bianche griglie in metallo perforato che schermano i livelli superiori. Lo stesso motivo a rettangoli prosegue anche all’interno, su pannelli mobili e porzioni di so tto. Un filo che unisce idealmente i vari spazi. La sala da pranzo, più formale e con annesso locale climatizzato per vini, una seconda lounge e una piscina con deck e area per cucinare all’aperto completano il piano terra.
Al secondo piano, nel corridoio curvo che porta alla camera da letto, vetri sabbiati ripropongono il pattern a rettangoli, leitmotiv decorativo del progetto. Che alle spalle del letto si alza e riveste anche il so tto, testimonianza eloquente di quell’attenzione al dettaglio così tipica dello studio. Il bagno en suite è progettato con una vasca che, riparata da una sorta di bow window, esce letteralmente dal volume dell’edificio e o re una vista a 180° sul paesaggio. Le due camere dei bambini, una stanza dei giochi e una camera per gli ospiti (insieme a un secondo living,
Spazi privati. SOPRA: la camera padronale, parte di una suite ricavata all’estremità sinistra del primo piano. Lo spazio, volutamente arredato con pochi pezzi, è un’oasi di tranquillità che si apre su una terrazza e sul mare. SOTTO: la vasca nel bagno padronale, che si proietta all’esterno in uno spettacolare bow window interamente vetrato. La parete sulla sinistra è decorata da una cortina di nastri d’acciaio. A DESTRA, IN ALTO: la camera dei bambini, sempre al primo piano. Attorno al piccolo tavolo, tre Panton Junior (Vitra). Le poltrone a forma di cuscino sono Togo di Michel Ducaroy (Ligne Roset), un progetto del 1973.
A DESTRA, IN BASSO: la vasca di reazione accanto alla sauna nella Spa del secondo e ultimo piano, dove sono collocati anche uno studio e una palestra.
dallo spirito molto meno formale di quello del piano terra) completano il secondo piano. Al terzo livello, invece, si trovano uno studio, una palestra, una Spa con sauna e vasca di reazione.
Il design degli interni si sviluppa attorno a una tavolozza di colori neutri, su cui spiccano come accenti alcune note decise. I materiali sono marmo bianco, granito, elementi in bronzo o in acciaio spazzolato, in contrasto col bianco che è il colore predominante. «Il design della villa è stato ispirato dal lavoro di architetti come Tadao Ando, e dal desiderio di usare i volumi per scolpire la luce naturale», spiega Michele Rhoda, co-fondatrice dello studio ARRCC. «Fa riferimento al Giappone anche il pannello in acciaio verniciato utilizzato per schermare il livello delle camere, ispirato all’origami. L’idea generale è stata quella di usare materiali “pesanti” come acciaio e cemento per creare e etti fluttuanti, di leggerezza». La natura del sito, in marcata discesa, ha indirizzato gli architetti verso un’idea di una casa che si sviluppa su più strati. «La nota dominante di questo progetto è l’uso di forme geometriche e di volumi aggettanti, che creano una composizione scultorea e potente», prosegue Rhoda. «La costruzione ha posto notevoli sfide: abbiamo dovuto utilizzare una gru per trasportare i materiali, abbiamo dovuto abbassare di due metri il livello della strada d’accesso per permettere il passaggio di automobili. E dal momento che la privacy era un requisito essenziale per il cliente, abbiamo anche dovuto aggiustare il progetto per garantire la massima apertura sul paesaggio ma anche la totale riservatezza dal livello strada». Il risultato è un’architettura al tempo stesso spettacolare e nascosta. Un mix dal fascino notevole.