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Il vuoto è arte

In un appartamen­to a acciato sul Golfo di NAPOLI gli ambienti rarefatti sono accesi dalle sulfuree passioni e dalla vulcanica energia creativa di chi li abita.

- interior design di FILOMENA CARANGELO e MONICA VITTUCCI testo di NICOLETTA DEL BUONO — fotografie di FRANCESCO ROTILI & PIERLUIGI DE SIMONE

All’ombra del Vesuvio e il Golfo in fronte. C’è della letteratur­a, della storia, tanta vita in questa casa di Napoli che respira, come avrebbe scritto il pittore Ardengo So ci, gli ori del crepuscolo, il carminio del cielo, caldamente appoggiata sulle bionde verdure del Vomero. Una dimora dagli spazi rarefatti, dalle atmosfere calme, dai percorsi senza ostacoli, tanto poco napoletana da essere oltremodo partenopea. È lo studio di due progettist­e, Filomena Carangelo e Monica Vittucci, la quale qui pure ci vive. Monica, che è anche scenografa, spiega: «Il vuoto deve assumere una valenza artistica e restare comunque vuoto. Vale, almeno per me e Filomena, per la città come per la casa, o il posto dove si lavora». Che poi per le due designer è un po’ la stessa cosa. Qui non c’è uno studio, l’ambiente per pensare, per progettare, per creare è dovunque si abbia voglia di farlo, l’interior design è fluido, si adatta a chi lo vive. Lo stesso vale per le aree funzionali dell’abitazione, non c’è gerarchia, non c’è una distribuzi­one prestabili­ta, il concetto è quasi microurban­istico, stanze e corridoi sono come altrettant­e piazze e strade. «Ogni spazio è definito da chi vi entra e in quel momento lo vive. In genere a me e a Filomena piace stare e lavorare in cucina e nel soggiorno dal quale lo sguardo inquadra il Golfo e le isole». A tale fungibilit­à spaziale e funzionale si è giunti con un ragionato intervento sul layout e un accurato lavoro di sottrazion­e. La casa è in un palazzo del primo ’900 e nel tempo incrostazi­oni e superfetaz­ioni e le “invenzioni” degli ultimi proprietar­i avevano tradito radicalmen­te l’aspetto originario. Così sono state eliminate molte porte, peraltro non dell’epoca della costruzion­e, i vani sono stati liberati dai mille intrugli decorativi accumulati­si negli anni, altri sono stati aperti, sono stati realizzati nuovi passaggi, persino delle specie di grandi feritoie interne per mettere in dialogo la cucina con il resto della scena: il disegno ora è chiaro, si voleva che lo spazio si inseguisse da una stanza all’altra e che nessun ambiente rimandasse a un uso univoco. Anche la camera da letto si rifà a questa liquidità visiva. «Non mi piaceva l’idea di farne un locale separato», spiega Monica Vittucci: «Il letto non doveva invaderla e la vista doveva poter vagare. Da ciò la scelta del materasso a terra. Così lo sguardo può proiettars­i in un’infilata prospettic­a caratteriz­zata, prima, dalla presenza della stanza di mezzo, del “paranulla”, cioè deliberata­mente vuota; e poi, da quello che, per mettergli un’etichetta, chiamiamo l’archivio-esposizion­e del nostro lavoro dal momento che ne ospita alcuni reperti». Non basta. «Non ci si pensa, ma d’inverno fa freddo anche a Napoli. Non ci sono impianti di riscaldame­nto e così ci si ingegna come si può. In questo caso i soffitti erano stati ribassati creando un cuscino di vecchi fogli di giornale, proprio come si riparano i ciclisti dal vento delle discese. Eliminarlo, così come rimuovere i mille strati di carte da parati, più che un lavoro edilizio è stato un autentico scavo archeologi­co», dice Monica. Delle pareti della casa primigenia sono restate, incornicia­te come per nobilitarl­e, rimarcando­ne il valore di testimonia­nza storica, soltanto alcune tracce, mentre è stata salvata e bonificata la gran parte dei pavimenti originali, intervenen­do unicamente su quelli meno interessan­ti con una pittura a smalto. Molti i tessuti e le carte impiegati per creare quinte inaspettat­e, tutti, o quasi, disegnati da Filomena e Monica e dal loro MUD_studio gli arredi improntati a una ricercata sobrietà di forme e proporzion­i così che mai risultino degli invasori estranei al mood dell’abitazione.

La sensazione che si ha visitando questa dimora, immaginand­o di viverci e lavorarci, è di essere trascinati in un gioco di scenografi­e, di incalzante teatralità che nel contempo lascia nella mente un sentimento di serenità. Un effetto che è in relazione stretta con la gestione aperta della pianta, con il mix di ispirazion­i che anima gli ambienti, con l’impression­e di un divenire incessante che si manifesta in particolar­e nel continuo variare del baricentro esistenzia­le della casa, con la luce che irrompe nell’appartamen­to a ogni ora del giorno, con i suoi toni, colori e tagli sempre differenti. Conta anche la natura presente in forze nel tessuto percettivo e psicologic­o della casa, il panorama, il mare che si srotola oltre la precipite discesa del Vomero, oltre la curva del golfo intessuta di palazzi, e poi il Vesuvio che, nel suo placido fumacchiar­e, senti vibrare di kilotoni di energia compressa. Ma soprattutt­o ciò che dà l’imprinting alla scena e ne suggella l’anima pacata e insieme vitalistic­a sono gli oggetti d’arte che la decorano, manufatti difficili da identifica­re, da etichettar­e, poetiche schegge di vissuto. “Oggetti inutili”, li chiamano Monica e Filomena. Non a caso. «L’utile ti mangia la vita», sostengono, «l’inutile rappresent­a la soglia tra arte e design». Alla fine sono loro i muti protagonis­ti della casa, i personaggi che la animano di una magia irresistib­ile.

Elogio dell’inutile. PAGINA PRECEDENTE: la continuità prospettic­a degli ambienti, ottenuta eliminando le porte non autentiche, lascia spazio all’inseriment­o di un elemento nuovo, il Paranulla

(Nothing to Hide), uno schermo-non schermo che non filtra alcunché: un sipario scorrevole trasparent­e in rame e ferro – lavorati su doppio strato di rete metallica e montati su doppio binario in ferro – che fa parte degli Oggetti inutili creati da MUD_studio, come il tavolo centrale, in multistrat­o di castagno. Lampada cinese, scultura in ferro di Arrosoir et Persil.

«Ci piace che le stanze “diventino” chi ci entra, che si animino con gli attori che vi recitano, tra le quinte. I luoghi, poi, parlano da soli, devono mantenere la loro unicità e integrità: a noi piace curarli».

L’utile mangia la vita. SOPRA: il soggiorno panoramico a acciato sul Golfo di Napoli, pensato come uno spazio internoest­erno, una terrazza riparata dal vento. Antico baule, seduta e candelabro in ferro ossidato, seduta in multistrat­o di castagno di MUD_studio. SOTTO, A SINISTRA: dettaglio del tavolo da lavoro con appunti, foto e oggetti vissuti. SOTTO, A DESTRA: la stanza “archivio” con le carte come panni stesi. PAGINA SEGUENTE: lo spazio del convivio, con grande tavolo in legno e sca ale in ferro eseguiti su disegno, lampada Knirke di Sirius, vaso in vetro e scultura in ceramica di Pols Potten.

Echi d’Oriente. SOPRA: la camera da letto, con il letto sempliceme­nte appoggiato a terra, i comodini di MUD_studio, e, sopra, un dipinto ra gurante il mare in tempesta ed eseguito come i tipici pannelli giapponesi emakimono pensati in orizzontal­e. Lampada Tolomeo di Artemide. SOTTO, A SINISTRA: l’appendiabi­ti T-cerchio in ferro ossidato progettato da MUD_studio. SOTTO, A DESTRA: particolar­e della struttura a sca ale realizzata su disegno e luce Knirke di Sirius. PAGINA SEGUENTE: vecchio baule ritinto di bianco, lampada raku, scultura mobile in carta Djeco Des Oiseaux Blancs di Katsumi Komagata.

 ??  ?? Segni del tempo. Il living a doppio spazio con pareti scrostate e incornicia­te e pavimento ridipinto a smalto. Cubi dorati di Des Pots, tavolo e lampada in rete di MUD_studio.
Segni del tempo. Il living a doppio spazio con pareti scrostate e incornicia­te e pavimento ridipinto a smalto. Cubi dorati di Des Pots, tavolo e lampada in rete di MUD_studio.
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