Il vuoto è arte
In un appartamento a acciato sul Golfo di NAPOLI gli ambienti rarefatti sono accesi dalle sulfuree passioni e dalla vulcanica energia creativa di chi li abita.
All’ombra del Vesuvio e il Golfo in fronte. C’è della letteratura, della storia, tanta vita in questa casa di Napoli che respira, come avrebbe scritto il pittore Ardengo So ci, gli ori del crepuscolo, il carminio del cielo, caldamente appoggiata sulle bionde verdure del Vomero. Una dimora dagli spazi rarefatti, dalle atmosfere calme, dai percorsi senza ostacoli, tanto poco napoletana da essere oltremodo partenopea. È lo studio di due progettiste, Filomena Carangelo e Monica Vittucci, la quale qui pure ci vive. Monica, che è anche scenografa, spiega: «Il vuoto deve assumere una valenza artistica e restare comunque vuoto. Vale, almeno per me e Filomena, per la città come per la casa, o il posto dove si lavora». Che poi per le due designer è un po’ la stessa cosa. Qui non c’è uno studio, l’ambiente per pensare, per progettare, per creare è dovunque si abbia voglia di farlo, l’interior design è fluido, si adatta a chi lo vive. Lo stesso vale per le aree funzionali dell’abitazione, non c’è gerarchia, non c’è una distribuzione prestabilita, il concetto è quasi microurbanistico, stanze e corridoi sono come altrettante piazze e strade. «Ogni spazio è definito da chi vi entra e in quel momento lo vive. In genere a me e a Filomena piace stare e lavorare in cucina e nel soggiorno dal quale lo sguardo inquadra il Golfo e le isole». A tale fungibilità spaziale e funzionale si è giunti con un ragionato intervento sul layout e un accurato lavoro di sottrazione. La casa è in un palazzo del primo ’900 e nel tempo incrostazioni e superfetazioni e le “invenzioni” degli ultimi proprietari avevano tradito radicalmente l’aspetto originario. Così sono state eliminate molte porte, peraltro non dell’epoca della costruzione, i vani sono stati liberati dai mille intrugli decorativi accumulatisi negli anni, altri sono stati aperti, sono stati realizzati nuovi passaggi, persino delle specie di grandi feritoie interne per mettere in dialogo la cucina con il resto della scena: il disegno ora è chiaro, si voleva che lo spazio si inseguisse da una stanza all’altra e che nessun ambiente rimandasse a un uso univoco. Anche la camera da letto si rifà a questa liquidità visiva. «Non mi piaceva l’idea di farne un locale separato», spiega Monica Vittucci: «Il letto non doveva invaderla e la vista doveva poter vagare. Da ciò la scelta del materasso a terra. Così lo sguardo può proiettarsi in un’infilata prospettica caratterizzata, prima, dalla presenza della stanza di mezzo, del “paranulla”, cioè deliberatamente vuota; e poi, da quello che, per mettergli un’etichetta, chiamiamo l’archivio-esposizione del nostro lavoro dal momento che ne ospita alcuni reperti». Non basta. «Non ci si pensa, ma d’inverno fa freddo anche a Napoli. Non ci sono impianti di riscaldamento e così ci si ingegna come si può. In questo caso i soffitti erano stati ribassati creando un cuscino di vecchi fogli di giornale, proprio come si riparano i ciclisti dal vento delle discese. Eliminarlo, così come rimuovere i mille strati di carte da parati, più che un lavoro edilizio è stato un autentico scavo archeologico», dice Monica. Delle pareti della casa primigenia sono restate, incorniciate come per nobilitarle, rimarcandone il valore di testimonianza storica, soltanto alcune tracce, mentre è stata salvata e bonificata la gran parte dei pavimenti originali, intervenendo unicamente su quelli meno interessanti con una pittura a smalto. Molti i tessuti e le carte impiegati per creare quinte inaspettate, tutti, o quasi, disegnati da Filomena e Monica e dal loro MUD_studio gli arredi improntati a una ricercata sobrietà di forme e proporzioni così che mai risultino degli invasori estranei al mood dell’abitazione.
La sensazione che si ha visitando questa dimora, immaginando di viverci e lavorarci, è di essere trascinati in un gioco di scenografie, di incalzante teatralità che nel contempo lascia nella mente un sentimento di serenità. Un effetto che è in relazione stretta con la gestione aperta della pianta, con il mix di ispirazioni che anima gli ambienti, con l’impressione di un divenire incessante che si manifesta in particolare nel continuo variare del baricentro esistenziale della casa, con la luce che irrompe nell’appartamento a ogni ora del giorno, con i suoi toni, colori e tagli sempre differenti. Conta anche la natura presente in forze nel tessuto percettivo e psicologico della casa, il panorama, il mare che si srotola oltre la precipite discesa del Vomero, oltre la curva del golfo intessuta di palazzi, e poi il Vesuvio che, nel suo placido fumacchiare, senti vibrare di kilotoni di energia compressa. Ma soprattutto ciò che dà l’imprinting alla scena e ne suggella l’anima pacata e insieme vitalistica sono gli oggetti d’arte che la decorano, manufatti difficili da identificare, da etichettare, poetiche schegge di vissuto. “Oggetti inutili”, li chiamano Monica e Filomena. Non a caso. «L’utile ti mangia la vita», sostengono, «l’inutile rappresenta la soglia tra arte e design». Alla fine sono loro i muti protagonisti della casa, i personaggi che la animano di una magia irresistibile.
Elogio dell’inutile. PAGINA PRECEDENTE: la continuità prospettica degli ambienti, ottenuta eliminando le porte non autentiche, lascia spazio all’inserimento di un elemento nuovo, il Paranulla
(Nothing to Hide), uno schermo-non schermo che non filtra alcunché: un sipario scorrevole trasparente in rame e ferro – lavorati su doppio strato di rete metallica e montati su doppio binario in ferro – che fa parte degli Oggetti inutili creati da MUD_studio, come il tavolo centrale, in multistrato di castagno. Lampada cinese, scultura in ferro di Arrosoir et Persil.
«Ci piace che le stanze “diventino” chi ci entra, che si animino con gli attori che vi recitano, tra le quinte. I luoghi, poi, parlano da soli, devono mantenere la loro unicità e integrità: a noi piace curarli».
L’utile mangia la vita. SOPRA: il soggiorno panoramico a acciato sul Golfo di Napoli, pensato come uno spazio internoesterno, una terrazza riparata dal vento. Antico baule, seduta e candelabro in ferro ossidato, seduta in multistrato di castagno di MUD_studio. SOTTO, A SINISTRA: dettaglio del tavolo da lavoro con appunti, foto e oggetti vissuti. SOTTO, A DESTRA: la stanza “archivio” con le carte come panni stesi. PAGINA SEGUENTE: lo spazio del convivio, con grande tavolo in legno e sca ale in ferro eseguiti su disegno, lampada Knirke di Sirius, vaso in vetro e scultura in ceramica di Pols Potten.
Echi d’Oriente. SOPRA: la camera da letto, con il letto semplicemente appoggiato a terra, i comodini di MUD_studio, e, sopra, un dipinto ra gurante il mare in tempesta ed eseguito come i tipici pannelli giapponesi emakimono pensati in orizzontale. Lampada Tolomeo di Artemide. SOTTO, A SINISTRA: l’appendiabiti T-cerchio in ferro ossidato progettato da MUD_studio. SOTTO, A DESTRA: particolare della struttura a sca ale realizzata su disegno e luce Knirke di Sirius. PAGINA SEGUENTE: vecchio baule ritinto di bianco, lampada raku, scultura mobile in carta Djeco Des Oiseaux Blancs di Katsumi Komagata.