AD (Italy)

STILE LIBERO

Accostamen­ti insoliti, invenzioni fantasiose svincolate dai classici paradigmi dell’ interior design.

- interior design di SHERRI DONGHIA — testo di ROBERT PAULO PRALL — fotografie di GIANNI FRANCHELLU­CCI

In una residenza di EAST HAMPTON, sulla costa orientale degli States, è protagonis­ta un mix creativo di design e oggetti etnici legati a viaggi attorno al mondo.

East Hampton, sulla costa meridional­e di Long Island, luogo passato alla storia per Lasata, la residenza in cui trascorse la giovinezza Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis, oggi è una meta ambita per vacanze estive di lusso. Le origini di questa destinazio­ne così blasonata non sono altrettant­o roboanti. Dapprima questo lembo di costa era abitato dai nativi americani, quindi arrivarono i coloni europei, che si dedicavano perlopiù all’agricoltur­a. All’inizio del XIX secolo, invece, il villaggio si era guadagnato la nomea di punto di riferiment­o per la caccia alla balena, una fama che raggiunse l’apice nella prima metà dell’800, quando sessanta baleniere erano attraccate nel porto e 800 uomini erano coinvolti in questo fiorente giro d’a ari, un’epopea immortale, raccontata nelle pagine di Moby Dick, il grande classico di Herman Melville. Intorno agli anni Cinquanta del ’900 cominciò anche a prender corpo la reputazion­e di East Hampton come vivace colonia di artisti. Tutto ebbe inizio con Jackson Pollock, uno dei grandi interpreti dell’Espression­ismo astratto, che negli anni ’40 e ’50 abitava qui con Lee Krasner, in quella che oggi è nota come la Pollock-Krasner House and Study Center. La maggior parte dei suoi dipinti più famosi fu realizzata nel granaio, che il pittore aveva convertito in atelier. Col tempo altri maestri seguirono Pollock, che aveva lanciato la moda di East Hampton: presto arrivarono Willem de Kooning, Mark Rothko, Franz Kline, Larry Rivers, Robert Motherwell e Andy Warhol. Un gruppo nutrito, cui si a ancarono art dealers come Leo Castelli e Ileana Sonnabend.

A due miglia dall’Oceano Atlantico e da Sag Harbor Bay, nel mezzo della “magica foresta di pini”, si trova la tenuta che nel 1983 hanno deciso di acquistare Sherri Donghia, personalit­à di primo piano nel mondo degli arredi, distintasi come manager e come creativa, e suo marito, Roger Eulau, un dirigente del settore immobiliar­e appassiona­to di fotografia, che ha al suo attivo vari reportage su Town&Country e People.

Due anni dopo la coppia decise di far costruire la Timber Peg house, una casa su due piani che copre 300 metri

Interno ed esterno. A SINISTRA: il divano e il pouf nel soggiorno sono disegnati da John Hutton e prodotti da Donghia; i rivestimen­ti degli imbottiti, della stessa azienda, sono firmati da Sherri Donghia. Sulla destra, spicca un dipinto di Morgan Monceau. IN APERTURA: la piscina. Mobili in teak e tessuti sono di Sunbrella. I tavolini sono della Heller Frank Gehry Collection di 2Modern.

quadrati di superficie, costruita nell’arco di un anno. Sherri Donghia, che ha una grande passione per le lavorazion­i artigianal­i memori della tradizione, ha optato per una struttura a pilastri e travi che rivisitass­e in chiave contempora­nea l’idea del granaio. Per la casa sono state utilizzate di erenti finiture, dal pino naturale dello studio al legno decapato usato nella camera degli ospiti. Nella scelta degli arredi i coniugi non si sono attenuti a uno stile preciso, sentendosi liberi di uscire dai canoni classici dell’interior design. Per Sherri Donghia il segreto per creare un ambiente vivace e confortevo­le consiste nel privilegia­re un’idea di gusto casual, in cui l’eleganza non sia insistita ma appaia sempre naturale. «Nell’arredare la mia casa ho seguito lo stesso criterio che adotto quando scelgo i miei abiti, mi piacciono i mix, gli accostamen­ti non scontati. In particolar­e, nelle stanze della casa si coglie il desiderio di a ancare mobili e oggetti di ieri e di oggi, di creare dei patchwork, di suggerire abbinament­i inediti. Uno stile eclettico ben eseguito non è sempre facile da realizzare, ma il risultato è sempre molto originale e personale». Questa capacità di creare ambienti dalla forte personalit­à deriva da una ricca esperienza. Nel 1985, dopo la morte di suo cugino, Angelo Donghia, fondatore della Donghia Inc., Sherri Donghia lasciò il suo lavoro nel campo della moda da Bloomingda­le’s per ricoprire l’incarico di executive vice-president del design e marketing e creative director di Donghia, adoperando­si per più di vent’anni per far conoscere il brand a livello internazio­nale. Nel tempo ha perfeziona­to la sua idea di interior design, raccontata nel libro Donghia: The Artistry of Luxury and Style. Successiva­mente, lasciato il suo ruolo di dirigente presso Donghia, Sherri ha iniziato a collaborar­e con Sunbrella, disegnando tessuti e arredi, e ideando campagne di marketing fortemente improntate a un’idea di storytelli­ng. Oltre a ciò, Sherri Donghia tiene un corso sui tessuti per la casa e l’abbigliame­nto alla Rhode Island School of Design, una delle più prestigios­e scuole del mondo

Al naturale. SOPRA: un altro angolo del soggiorno. Arredi e lampade in vetro di Murano di John Hutton per Donghia. IN BASSO, A SINISTRA: gusto country chic per la cucina. IN BASSO, A DESTRA: la sala da pranzo, con un tavolo francese dal piano in marmo. Alle pareti, dipinti di nativi americani su sacchi di farina. PAGINA PRECEDENTE: ancora la sala da pranzo. Alla parete, una litografia di Alexander Calder accanto a una scultura africana Dogon. Sedie di Sherri Donghia per Donghia. Nell’angolo, lampada Gatto di Achille e Pier Giacomo Castiglion­i per Flos.

Etnico e design. SOPRA: un angolo della stanza padronale. Tra i ricordi di viaggio, la lampada Gatto di Flos. SOTTO: uno scorcio della tv room. Alla scrivania di gusto vintage è a ancata una sedia in bambù. Alla parete il televisore. A DESTRA: la stanza padronale. Il letto è coperto con un tessuto indiano. Poltrona e ottomana di John Hutton per Donghia.

per questa disciplina. Nel corso delle sue lezioni, Sherri Donghia a anca alle revisioni degli elaborati degli studenti una serie di lezioni in cui gli allievi si possono misurare direttamen­te con i materiali, esplorando le potenziali­tà di tessili nuovi, antichi, decorativi e tecnici. In virtù della sua grande esperienza, Sherri Donghia è stata nominata presidente della Color Associatio­n degli Stati Uniti, un’agenzia di analisi delle tendenze in grado di orientare e di dare suggerimen­ti ai profession­isti che stabilisco­no i colori di vari brand e prodotti.

Cinque anni fa Jack Lenor Larsen, un altro residente illustre di East Hampton, ha invitato Sherri Donghia a far parte del comitato della Long House Reserve, dove ha contribuit­o alla cura di un’esposizion­e sull’“arte di vivere” incentrata sul meglio del design per esterni, descritto attraverso il lavoro di molti designer europei. «Quando si tratta di allestire uno spazio in esterni, il mio approccio è semplice», conclude Sherri Donghia. «Si dovrebbe disporre degli stessi comfort in casa come all’aperto. Anche fuori bisognereb­be portare la stessa vivacità di colori e di texture che riflette lo stile e la personalit­à di chi abita la casa. Non ho mai creduto nell’interior design che punta tutto sugli accostamen­ti classici di stili e colori».

Atelier creativo. A SINISTRA: nell’altro studio, nel piano interrato, un’antica porta indiana è stata trasformat­a in una scrivania. Alle pareti, alcuni oggetti trovati nel corso dei numerosi viaggi e una serie di tessuti vintage da cui Sherri Donghia trae ispirazion­e per le sue creazioni. IN ALTO: il so tto è tappezzato dai numerosi cappelli da baseball colleziona­ti dal padrone di casa.

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