EST & OVEST
In due appartamenti (quasi) gemelli, a PARIGI, vive e lavora Kenzo Takada. Una leggenda della moda col Giappone nel cuore e il mondo negli occhi. Che si diverte a creare oggetti di design.
Echi di Giappone e memorie da viaggiatore nei due appartamenti parigini (casa e studio) di KENZO TAKADA.
Due appartamenti, quasi gemelli. Uno per vivere e uno per lavorare. È la soluzione salomonica che Kenzo Takada, figura leggendaria della moda (primo giapponese a sbarcare a Parigi, fonda il marchio omonimo che nel 1993 è stato acquisito dal gigante Lvmh), ha scelto per sé. Una soluzione alla portata di pochi, visto che gli appartamenti in questione sono in un immobile di quel lusso parigino sobrio ma assolutamente evidente, dove le stanze sono ariose e piene di luce, gli stucchi perfetti, i camini in marmi preziosi. Dalla piccola terrazza sopra il soggiorno a doppia altezza la Tour Eiffel è lì che fa compagnia. Lo studio è al quarto piano, la casa al sesto. In entrambi troneggia un pianoforte a coda, un altro macroscopico dettaglio di lusso che però dice molto anche sul protagonista di questa storia: perché Kenzo, quei pianoforti, li suona davvero. A 78 anni (ma ne dimostra molti, molti di meno) prende lezioni. Un uomo che non ha perso il gusto di scoprire.
Del resto è sempre stato un esploratore: affascinato fin da bambino dal mondo dell’abbigliamento, è uno dei primi ragazzi a essere ammessi, nel 1958, al Bunka College di Tokyo, scuola di moda di grande tradizione, fino ad allora aperta solo alle ragazze. Si diploma e, a un certo punto, succede l’imprevisto: «La città si stava preparando alle Olimpiadi, interi quartieri erano in trasformazione», racconta Takada. «Il palazzo in cui abitavo doveva essere demolito per essere ricostruito più moderno. Mi offrirono un bel risarcimento: avevo il denaro per andare a Parigi, città dei miei sogni». Un professore gli consiglia di prendere la nave e non l’aereo. Il viaggio procede a tappe, con una serie di scali. E così il giovane Kenzo, che non era mai uscito dal Giappone, in un mese vede un mondo: Hong Kong, Saigon, Singapore, Bombay. Arriva a Marsiglia e da qui a Parigi con gli occhi ancora pieni di tutti quei colori, fantasie, emozioni. È il 1965. «A quei tempi Parigi era la couture, la moda giovane era a Londra», racconta il designer. «Ma le
Passioni. in alto e a destra: le altre sale che, con il living (tre spazi passanti), compongono la zona giorno dell’appartamento. In una, il pianoforte Yamaha su cui Kenzo Takada studia. Le tele sono tutte autoritratti. L’altra invece è adibita a biblioteca. pagina seguente: all’ingresso dello studio, due piani più in basso rispetto all’appartamento, una serie di sculture totemiche provenienti dal Borneo e dipinti realizzati dal padrone di casa.
«La moda e il design di interni hanno molto in comune: entrambi danno piacere quotidiano. Sono come vitamine».
cose stavano cambiando. Stava arrivando la moda hippy, etnica, orientalista. Ho iniziato nel momento migliore». Il resto è storia: il suo primo negozio, Jungle Jap, che lo fa conoscere, e poi le sfilate più folli (in un circo, oppure allo Studio 54 di New York), il successo planetario.
Nel 1999 annuncia il suo ritiro, e nel 2002 firma una serie di mobili e di complementi d’arredo: uno di questi è il paravento in lacca e cristallo, disegnato per Baccarat, che si vede nel living, tra una méridienne (sorta di divanetto senza schienale) Napoleone III, un colossale geode con cristalli di ametista e una parete piena di disegni di Jean Cocteau. «Moda e design di interni hanno molto in comune: entrambi danno piacere quotidiano, sono come vitamine», spiega. «Quando ho iniziato a creare abiti avevo voglia anche di confrontarmi con la decorazione, sebbene probabilmente non pensassi proprio a mobili ma a qualcosa di più tessile, di più vicino al mio mondo». L’occasione si è (ri)presentata anche di recente quando Roche Bobois, grande editore francese di design, gli ha proposto di creare una collezione. Idea che è stata subito sposata con entusiasmo, e i cui frutti sono divani, cuscini e vasi sparsi un po’ dappertutto tra casa e studio.
In più di cinquant’anni Kenzo ha cambiato molte case, ogni volta esplorando quartieri diversi: «Prima di installarmi qui vivevo vicino alla Bastiglia», ricorda, e sembra un ragazzino che parla della sua collezione. «Prima ancora ho abitato in rue de Fleurus, non lontano da qui: la mia prima casa sulla Rive Gauche. Uno dei miei sogni però era vivere a Saint-Germain, e quindi
ho preso questo spazio. E in futuro vorrei abitare davanti alla Senna...». Questa indole da viaggiatore traspare anche dagli oggetti che punteggiano gli ambienti: totem del Borneo, sculture greco-romane. Un posto speciale nel suo cuore però è occupato dal Giappone, che non si stanca di reinventare: molti dei quadri che si vedono tra casa e studio, quasi tutti dipinti da lui (e molti sono autoritratti), traggono ispirazione dal teatro NŌ e dai suoi costumi. Non a caso il primo elemento che si vede entrando nella casa è un tatami disposto a mo’ di porta pivotante: un pezzo di terra del Sol Levante lì, sotto il cielo di Parigi, in mezzo a stucchi, specchi e parquet in Point de Hongrie. Ma non è un elemento nostalgico: semmai una dichiarazione d’identità. Perché il mondo di monsieur Takada è fatto di gioia. Per capirlo basta passare in rassegna le mensole dei caminetti: decine di vasi grandi e piccoli con fiori, collezioni di porcellane giapponesi o di elefantini, Buddha di cristallo. E tante foto in cornice piene di persone belle, sorridenti, che hanno l’aria di divertirsi un mondo. Nella meravigliosa leggerezza della vita.
Spazi creativi. qui sopra: sul tavolo da lavoro, tessuti ispirati agli antichi kimono e due vasi in ceramica,
Ara Kame e Ara Uroko. A terra un elemento del divano Mah Jong. Tutto dalla nuova collezione Kenzo Takada per Roche Bobois. Pannelli con origami di Benjamin Gaumard. a destra in alto: dietro i vasi Aka Hanawa, sempre Roche Bobois, un pannello in carta a rilievo di Hitomi Uchikura. a destra in basso: opere del padrone di casa in un passaggio dello studio.