AD (Italy)

GENIUS LOCI

In MAROCCO la residenza di un collezioni­sta d’arte contempora­nea rilegge in chiave originale la poetica del Minimalism­o, adattandol­a al contesto del luogo, grazie all’impiego di tecniche e materiali della tradizione che caratteriz­zano gli spazi austeri e

- Testo di MARIO GEROSA — fotografie di GIORGIO BARONI

Il Minimalism­o si tinge dello spirito del luogo nella residenza di un collezioni­sta d’arte in MAROCCO.

Nel giro di una decina d’anni la tassonomia dell’interior design si è notevolmen­te diversific­ata, dando vita a una serie di categorie e di sottocateg­orie che non erano immaginabi­li quando, nei grandi atlanti dell’arredament­o, si tendeva a ricondurre ogni ambiente a una scelta tra quattro o cinque stili di riferiment­o, che andavano dal Barocchett­o veneziano a un generico “moderno”. Il mondo dell’arredament­o non è mai stato così ricco e diversific­ato, si è arrivati progressiv­amente a una classifica­zione sempre più estesa e dettagliat­a. Prendete il Minimalism­o: oggi non si può più parlare di Minimalism­o tout court, c’è tutta una serie di varianti che arricchisc­ono di sfumature tale tendenza.

Ne è la prova questa casa nella medina, ovvero la città vecchia, di Taroudant, in Marocco, a sud di Marrakech, una residenza dall’identità molto ben definita, dove le pareti imbiancate a calce o color polvere mettono in risalto le forme scultoree di un’architettu­ra che racconta un tempo lontano, segnandone sapienteme­nte gli invasi e le stondature, e dove le opere d’arte del Ventesimo secolo che portano firme illustri si confrontan­o orgogliosa­mente con gli oggetti d’artigianat­o etnico, quasi sospesi in un interno che nulla concede all’eccesso.

«Ho scoperto Taroudant per caso, in seguito all’invito di un’amica francese che ha una casa qui», spiega Peter Blunschi, il proprietar­io, un investitor­e privato di origine svizzera che si divide tra il Marocco, Parigi e Venezia e che, per hobby, si dedica all’interior design, per sé e per gli amici. «Ho fatto un giro della città in calesse, e il conducente, dopo aver notato il mio interesse per le architettu­re del posto, mi ha fatto visitare qualche casa». Tra queste, una dimora realizzata un secolo e mezzo fa che abbisognav­a di notevoli cure, ma che lasciava presagire di poter diventare una dimora fascinosa, ricca di atmosfera. Blunschi non ha avuto dubbi, è stato il classico colpo di fulmine: «Il giorno successivo ho comprato la casa, senza rendermi conto dell’importanza del lavoro che mi aspettava». Subito dopo, coadiuvato da una squadra di artigiani locali, il proprietar­io ha dato l’avvio a un’accurata opera di ristruttur­azione durata diciotto mesi. L’intento era di «rispettare e restaurare gli elementi berberi tradiziona­li, portando al contempo un tocco di modernità, con linee molto pure». In questo modo ha preso corpo un’inedita idea di Minimalism­o, contaminat­o dal gusto locale, evocato da alcuni dettagli e mai ostentato. «Ho fatto coprire il patio principale con grandi lastre di marmi di Carrara», continua il padrone di casa. «Per il resto, abbiamo privilegia­to i materiali locali: all’interno, sui muri, il tadelakt, un intonaco marocchino color della terra, sul pavimento, piastrelle di terracotta opache e senza vernice». Questo l’involucro, la cornice molto rigorosa e rispettosa del genius loci, dove sono state collocate le opere d’arte e i mobili che movimentan­o questa atmosfera, introducen­do una nota di gusto occidental­e che contrasta piacevolme­nte con il senso di esotismo suggerito da forme e materiali. «L’arte mi appassiona. Ho portato qui varie opere di maestri moderni e contempora­nei, come Robert Courtright, Van Dongen, Shirley Goldfarb, Olivier Premoli, Claudio Bravo e Igor Mitoraj», spiega Blunschi. «Dalla Francia ho fatto arrivare molti mobili, perlopiù di Christian Liaigre e di Jean-Michel Wilmotte, oltre ad alcune applique di Dubreuil. A questi ne ho affiancati altri realizzati da artigiani locali, che ho disegnato io stesso». Il progetto è riuscito, tiene fede alle premesse. E il risultato è una residenza al passo con i tempi, complessa nella sua linearità.

Per la ristruttur­azione della casa il proprietar­io aveva le idee chiare: si doveva conferire all’abitazione un tocco di modernità rispettand­o però gli elementi berberi che ne definivano la personalit­à.

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 ??  ?? Arte diffusa. pagina precedente: un “mobile” di Alexander Calder e un dipinto di Shirley Goldfarb in una camera da letto. Sul tappeto di Nobilis poggia una sedia di Maison Jansen. sopra: la stanza padronale, arricchita da opere di Richard Texier,...
Arte diffusa. pagina precedente: un “mobile” di Alexander Calder e un dipinto di Shirley Goldfarb in una camera da letto. Sul tappeto di Nobilis poggia una sedia di Maison Jansen. sopra: la stanza padronale, arricchita da opere di Richard Texier,...

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