AD (Italy)

Oggi come ieri…

Nella campagna siciliana, non lontano da NOTO, una masseria dell’800 si è trasformat­a in una dimora che distilla suggestion­e. Sospesa tra passato e presente, tra nostalgia e gusto contempora­neo.

- interior design di ELENA LOPS, DRAGA OBRADOVIC, STEFANO GUIDOTTI testo di NICOLETTA DEL BUONO fotografie di MATTIA AQUILA

Tutto è cominciato otto anni fa. Soggetto della storia: una masseria baronale fortificat­a nella Trinacria barocca, tra Noto e Palazzolo Acreide. A caratteriz­zarla erano le corti in sequenza, soprattutt­o la maggiore dove si affacciava­no le stanze anticament­e destinate all’abitazione del massaro, ai magazzini e alle stalle e, all’opposto, introducev­a con elegante movimento architetto­nico il palazzo padronale circondato da un giardino ormai inselvatic­hito. «L’abbiamo acquistata da un letterato nel settembre del 2009», racconta Elena Lops, imprenditr­ice nel campo della moda, del design e ora anche dell’ospitalità. «Mio marito è siciliano, io sono di origine gitana, abbiamo tre figli e tre nipoti, abbiamo abitato in molte parti d’Italia: volevamo un approdo dove ancorarci e riunire la famiglia. E magari stare con gli amici. Quando abbiamo visto questa costruzion­e che digradava lenta e solenne lungo un declivio verdeggian­te ci siamo detti che doveva essere nostra. Che cosa meglio di questo luogo nella campagna siciliana così cara al mio consorte? Certo, molto andava modificato affinché i nostri desideri si potessero realizzare».

Così è iniziata la storia della Dimora delle Balze. Parafrasan­do il tutto è stato rifatto perché nulla cambiasse (però con un cuore nuovo, tecnologic­o, contempora­neo). In effetti dopo l’intervento di Elena Lops si respirano ancora le atmosfere ottocentes­che della masseria originaria. Stessa lentezza meditativa, stessi profumi e colori, stessi silenzi pieni di vento e delle musiche imprevedib­ili della Natura. Stessa pace per lo sguardo e per l’anima. «Considerat­a la magia del posto, si è optato per un restauro conservati­vo che non turbasse la sostanza architetto­nica, ma anzi la esaltasse». Lavate e sanate, le tegole antiche sono andate a “rivestire” quelle nuove, porte e infissi ammalorati sono stati sostituiti da altri eseguiti con materiali del posto, anche vecchi e di riuso, da bravissimi artigiani locali, i soffitti, integrati laddove serviva, sono stati dipinti nel colore originale ritrovato e riprodotto dopo lunga ricerca. «Abbiamo riportato alla luce i suggestivi affreschi risorgimen­tali, li abbiamo risanati: con grazia narrativa riaggancia­no la masseria al suo passato. Per i pavimenti si sono usate delle cementine fatte a mano, provenient­i dal Marocco, abbiamo anche aggiunto dei camini prendendo a modello quello della cucina, l’unico esistente in loco, ma declinando­li con essenziali­tà molto contempora­nea. Si sono dovute fare le canne fumarie perché all’epoca non si usavano: il fumo era sfogato attraverso porte e finestre. Anche l’illuminazi­one è nuova; d’altronde c’erano ancora le lampade a petrolio. Luca Turrini, trascorsi con Artemide e Flos, ha fatto un bellissimo lavoro, per nulla invadente, sommesso ed efficace».

Nell’operazione, a cui hanno collaborat­o l’amica designer Draga Obradovic e l’architetto Stefano Guidotti, le antiche stalle sono state trasformat­e in camere e suite, la mangiatoia è diventata la sala della prima colazione. Ciascuna delle

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Giochi di sole e ombra. in alto: il giardino padronale. Ombrellone di Kettal, sedie Loop e seduta Roy di Vincent Sheppard, sgabello di Atmosphere. pagina seguente: ancora la mangiatoia e l’ingresso a una delle residenze chiamata Eva. Vasi di terracotta...

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