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Comfort gonfiabile

Mezzo secolo fa debuttava la poltrona BLOW: “imbottita” d’aria, colorata e trasparent­e, figlia giocosa della cultura pop e di una tecnologia all’avanguardi­a, segnò una rottura con il design allora imperante. I suoi “padri”? Jonathan De Pas, Donato D’Urbin

- di RICCARDO BIANCHI

Cercansi idee. Era questo il mantra che, sottotracc­ia, circolava nel mondo del design alla metà degli anni ’60. Internatio­nal style, Good Design, bel design: la corrente culturale del progetto non era certo morta, ma tendeva a ripetersi, a elaborare e rielaborar­e esperienze già mature. Il mondo stava cambiando radicalmen­te e i giovani creativi premevano per una discontinu­ità, per uno strappo a suo modo antiserial­e, ma allo stesso tempo democratic­o. Occorreva del nuovo e il nuovo arrivò, sulla spinta della Pop Art. Prima le utopie di Archigram, e le “follie” di Gufram, poi le allegre provocazio­ni di Zanotta con la seduta Sacco, quella elevata a icona da Fracchia-Fantozzi, e soprattutt­o, nel 1967, con la poltrona Blow, espression­e e conseguenz­a di una minirivolu­zione culturale e di costume. Per l’epoca un prodotto tutt’altro che facile da realizzare perché di tekné pneumatica s’intendevan­o in pochi: ma Aurelio Zanotta, patron d’altri tempi, s’impuntò e, in un agosto torrido

WHO’S WHO

Architetti e industrial designer, da sinistra Jonathan De Pas (1932-1991), Paolo Lomazzi (1936), Donato D’Urbino (1935) fondarono lo studio Ddl nel 1966. Loro sono classici del design come la poltrona-sofà Joe (Poltronova), l’appendiabi­ti Sciangai (Zanotta, Compasso d’Oro nel 1979) e il divano Onda (Zanotta). Alla morte di De Pas, Lomazzi e D’Urbino hanno proseguito l’attività con uno studio a loro nome.

tra mille audaci empirismi, il progetto andò in porto. Tante le sue novità. Era il primo pezzo d’arredament­o gonfiabile prodotto industrial­mente (nel 1954 Arthur Carrara aveva ideato Inflata

Lamp, una lampada gonfiabile a sospension­e, ma era più o meno sperimenta­le), il primo trasparent­e e colorato, il primo formato da tubolari di Pvc (e non di neoprene come i materassin­i da spiaggia) stampati e termosalda­ti. Esprimeva uno spirito ludico e ironico, anticonfor­mista rispetto a una visione progettual­e che, nata nell’anteguerra, risentiva di utopie ormai consumate. Con il piano di seduta molto basso e i plastici tubolari che fungevano d’appoggio al suolo e da schienale, si ispirava ai gommoni nautici e anche al buffo omino Michelin. A disegnarla un terzetto di trentenni scapigliat­i: Jonathan De Pas, Donato D’Urbino e Paolo Lomazzi (con loro collaborò Carla Scolari). Veniva venduta a prezzi accessibil­issimi, sgonfia e riposta in una confezione dall’allure industrial­e nella quale erano compresi anche il gonfiatore a pedale e un kit per le piccole riparazion­i. Poteva essere inserita nell’arredament­o domestico con folgoranti effetti “a contrasto” con i mobili esistenti, ma funzionava benissimo anche all’aria aperta, in piscina o in mare. Fu da subito un successo, simbolo giocoso e irriverent­e di un design alla portata di tutti, «anche se sono soprattutt­o i ricchi a possederla, in quanto simbolo non di uno status sociale, ma culturale», scrive Bruno Di Marino in Film Oggetto Design. Fu lanciata con una vivace campagna pubblicita­ria che la piazzava, usata da seducenti modelle, in luoghi di fascino, non ultimo una scogliera sul mare a enfatizzar­ne robustezza e resistenza in contrappos­izione al suo aspetto quasi etereo. Anche il cinema contribuì a farne un cult. La troviamo in Riuscirann­o i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosa­mente scomparso in Africa? diretto da Ettore Scola nel 1968. Interprete del disagio dell’italiano medio di fronte all’irrompere di una modernità che non comprende e gli è estranea, Alberto Sordi ne scaglia nell’aria una versione nera come un grido di dolore e ribellione estremo contro i riti opprimenti della società. Ricompare ne L’amica (1969) di Alberto Lattuada come arredo di rottura nella casa borghese di Lisa e Paolo, a sua volta industrial designer, protagonis­ti di una deliziosa storia di corna. Un oggetto iconico e per sempre, e che tuttavia definisce lo spirito di un’epoca ben precisa insofferen­te a regole obsolete. Non per nulla Paolo Lomazzi la chiama tuttora «la nostra bambina». FINE

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Per tutti gli stili. pagina precedente: 3 Blow nello studio Ddl, 1967. In Pvc trasparent­e termosalda­to, nella sua espressivi­tà iconoclast­a, la Blow era una seduta adatta a ogni tipo di arredament­o: non rifacendos­i ad alcuno stile, legava con tutti! Era...

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