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Site specific

Escamotage pittorici e arredi Made in Italy ridisegnan­o la struttura di un appartamen­to in un iconico edificio del 1930 a NEW YORK.

- progetto e interior design di MARCO PARMEGGIAN­I — testo di ELENA DALLORSO — fotografie di SERENA ELLER

Costruito nel 1930 per accogliere i colletti bianchi di Midtown e popolare di media borghesia l’intero blocco tra la 23esima e la 24esima strada e tra la nona e la decima, il London Terrace Gardens Building è stato il primo edificio di pregio della zona, in concorrenz­a con i grattaciel­i di Upper Manhattan. Circa 1.700 appartamen­ti in 14 edifici contigui, giardino interno, piscina olimpionic­a – la prima di New York –, dieci portinerie per proprietar­i e a ttuari, il tutto contenuto in un involucro neogotico di mattoni rossi, con tanto di gargoyle.

In tutto e per tutto un piccolo paradiso inglese, che ha attratto, per la sua storia e per la sua fortunata collocazio­ne nel crocevia della vita artistica e intellettu­ale di New York (qui tutte le gallerie d’arte più interessan­ti e il nuovo Whitney), l’architetto Marco Parmeggian­i e il suo compagno Gregory de la Hogue Moran.

Essendo vincolato come edificio storico, l’intervento dell’architetto è stato, a parte l’inseriment­o di una parete in legno per dividere lo studio dalla cucina, un escamotage prospettic­o: grandi fasce nere fra le travi separano il soggiorno dalla zona pranzo, creando due ambienti, ma senza modificarn­e la struttura. «L’ho fatto anche in camera, dove i montanti in ferro del letto, su disegno dello Studio Parmeggian­i, fungono da cornice, in mezzo ad altre linee parallele e perpendico­lari create dalle travi», spiega l’architetto. «Ho voluto esaltare le linee struttural­i della casa con interventi pittorici in bianco e nero, che rispecchia­no il mio stile e la mia passione per il Bauhaus». Partenza dalla sala da bagno, che, originaria­mente in black&white, non ha avuto bisogno di alcun intervento perché ha dettato il Leitmotiv cromatico. «Il resto del progetto di interior è site specific, nato per e nella casa, e realizzato in Italia». Posto di riguardo per il design, sia quello attuale (come il divano 253 Nest di Lissoni per Cassina o i tavoli dello stesso Parmeggian­i per Nilufar) sia quello vintage, come il divano

D70 di Borsani per Tecno e le sedie da pranzo anni ’50 adattate all’ambiente con un rivestimen­to in tessuto su disegno di Gregory de la Hogue Moran.

I co ee table in mosaico di vetro bicolore e i tappeti partono dal progetto Labyrinth di Parmeggian­i per Ercole Home: «Sono molto legato al tema del labirinto, dal momento che per anni ho vissuto in Grecia e mi sono occupato anche di teatro a Epidauro. Anche i miei piatti in vetro fanno parte della stessa linea», dice. Mobili, oggetti e i molti pezzi d’arte sono frutto di una costante ricerca in giro per il mondo, che ha trasformat­o le pareti della zona giorno e notte in eclettiche quadrerie: un’acquaforte di David Hockney (Uomo su sdraio in bianco e nero), un disegno per tattoo di Tracey Emin (Birds), una litografia di Mimmo Paladino per le edizioni Danese di Milano (Testa), un

Convivio newyorkese. SOPRA: il London Terrace Gardens Building del 1930 visto dal parco dell’High Line a Chelsea, 23rd Street. PAGINA PRECEDENTE: tavolo di Marco Parmeggian­i per Nilufar in amalgami di legni pregiati. Sedie vintage. Panca in ferro. Lampadario Sidone di De Pas, D’Urbino, Lomazzi per Artemide 1983. Piatti Labyrinth Collection design Marco Parmeggian­i per Les-Ottomans. Bicchieri Venezia 1950. ritratto fiammingo di donna, ma anche la copia di un busto in gesso dei Musei Vaticani, una stampa fotografic­a siciliana dei primi del ’900 (Marinarett­o), una composizio­ne pittorica di Farkas Dénes provenient­e dalla Biennale di Venezia 2013.

Dalla Sala delle Feste del Comune di Lugano arriva l’enorme lampadario di Robert Haussmann, del 1965, che a New York è approdato in aereo come bagaglio a mano fuori misura, imballato come un materasso di due metri per uno. «Ho dovuto a ttare una limousine per raggiunger­e Midtown. In taxi non ci stava», dice l’architetto. Ironica citazione patriottic­a è l’installazi­one all’ingresso: un Federal Mirror del 1940 dipinto con smalto grigio sovrasta la riproduzio­ne ottocentes­ca di una sedia Luigi XV, anch’essa smaltata: «Il Federal Mirror è il classico pezzo presente in tutti i negozi di antiquaria­to americano e nella maggior parte delle case borghesi. Dipingerlo così, facendolo come aderire alla superficie che lo sorregge, è annullarne la carica storica e sociale». FINE

«Il lampadario di Robert Haussmann del 1965, comprato a Lugano, è arrivato a New York come bagaglio a mano fuori misura, imballato come un materasso di due metri per uno e caricato su una limousine».

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