“Accumulo, dunque progetto”
Non c’è dubbio: è il designer del momento. Eclettici e polimorfi i suoi arredi danno un senso nuovo alla decorazione.
Da anni ci incanta. Poliedrico e antibanale per vocazione, onnivoro, “passatista” ma nel segno della più schietta attualità, Ferruccio Laviani, cremonese del 1960, è un ossimoro vivente. Nessun designer sa come lui inventare funzionali “concrezioni” di modelli antichi e linguaggi contemporanei: per Fratelli Boffi, per Kartell, o per Emmemobili, tutti del 2017, sono lì a testimoniarlo. Funzionali, ma pure teatrali e ironiche quanto basta per trascinarci in una dimensione altrove, in una specie di divertente al di là dello specchio. Il suo stile è unico, si riconosce tra tutti. Dice Laviani a cui non manca il gusto della battuta folgorante: «Stile? Ma io non ho uno stile. Mi “innamoro” di continuo, Achille Castiglioni, Marco Zanuso, Memphis, il Minimalismo, ma mi appassionano anche le cose che trovo inavvertitamente, accumulo compulsivamente, prendo tutto, non scarto niente. Poi però inzio a distillare, posso dirlo? a scartare quel che non mi serve. Cucino, interpreto. E così arrivo al risultato che mi soddisfa». Cioè a un oggetto che è eclettico ma in un modo tutto suo perché è un palinsesto di tante anime e tempi diversi. Un metodo che Laviani applica e declina a seconda del committente e del pezzo da progettare, sempre approcciando il progetto con foglio e matita, alla vecchia maniera. Dice ancora: «Mi ritengo bravo con i tavoli, i divani e le luci, ho problemi con le sedie, una tipologia d’arredo in cui incvece è forte Philippe Starck ed era maestro Vico Magistretti come dimostrano le sue e Mi piace progettare i negozi e gli stand delle grandi fiere perché si tratta di inventarsi delle atmosfere, di dare un volto all’immaterialità di un brand. Sono operazioni che creano legami profondi e duraturi con le aziende. Con Kartell, Flos, Dada, Lema collaboro da anni. E lo stesso vale per i fratelli Boffi. Pure il rapporto con Emmemobili mi appassiona molto, è una piccola azienda dove i problemi si risolvono direttamente in officina, un po’ come ai tempi del Bel Design. Il lavoro con loro è lo specchio di come vedo il design. Per me un prodotto per avere successo deve mettere in equilibrio alta tecnologia e decorazione. Deve essere un mix di industrial e art design. E deve essere “amore a prima vista”. Fino a quando questo accade il design continua a vivere».