La ragione e la poesia
Ottanta anni fa moriva Pittore e progettista visionario, fu una figura di spicco dell’architettura espressionista e un maestro dell’edilizia popolare di qualità.
La moderna cultura tedesca nasce dal seme dell’Espressionismo di cui fecero parte Gropius e Mies van der Rohe, poi leader del Modernismo razionalista. Bruno Taut (1880-1938) ne è una delle figure più originali esordendo come pittore espressionista di talento. Ma poi scelse l’architettura come suo fratello Max. Con piglio teorico pubblicò tra il 1919 e il 1920 1973), dall’impianto storicizzante, e
1976), molto più felice per la qualità inventiva delle immagini visionarie che propone in bellissimi acquerelli: dai ghiacciai e dalle vette innevate sortiscono forme che rimandano alle cattedrali gotiche ma anche all’universo indiano e giapponese ben presente nella cultura romantica tedesca. La natura nelle sue manifestazioni estreme favorisce l’introspezione. Nato a Königsberg, allievo di Theodor Fischer, per circa trent’anni produce un numero assai notevole di edifici non solo in patria. Nel 1914 s’impone con la multicolore Glashaus (Padiglione di vetro) all’Esposizione 2 del Deutscher Werkbund, di cui fu regista Gropius. La sua attività come pittore visionario trova proprio nel Padiglione di Colonia la sua esaltazione. Gli straordinari disegni espressionisti lo collocano in un’area di ricerca nella quale solo Hans Scharoun gli sta alla pari. Il deciso inserimento del colore è certamente un segno distintivo di molte sue architetture la cui sintassi linguistica è del tutto opposta a quella imperante nel Bauhaus. Ma l’architetto che sperimenta un nuovo linguaggio formale convive con il professionista rigoroso che progetta edilizia popolare con sapienza: le Siedlungen a Magdeburgo (è assessore all’edilizia tra il ’21 e il ’24) e a Berlino restano dei modelli. La sirena della rivoluzione sovietica lo attrae e trascorre due anni a Mosca. Sperimenta le sue teorie urbanistiche della città giardino per riparare in Giappone all’avvento di Hitler. L’incontro con l’Oriente è particolarmente fecondo e qui produce centinaia di progetti di architettura e design: la casa giapponese viene reinventata dalla sua fantasia espressionista, assumendo un rigore minimalista che ben si manifesta nella villa Hyuga. Nel ’36 è chiamato a dirigere l’Istituto di Belle arti di Istanbul. La pedagogia del colore di Bruno Taut resta una preziosa eredità: non solo teorizzò in un’infinità di testi l’opera d’arte totale, ma la realizzò nelle sue opere più intense. Il rapporto con la natura – sia quella della Foresta Nera sia quella dei giardini dei ciliegi giapponesi – trova eco in un’architettura mai ripetitiva e sempre capace di risolversi in una alchimia di materiali tra loro non omogenei, di colori squillanti, di dettagli pertinenti a un nuovo senso della decorazione architettonica. Muore nel 1938 a Istanbul. 1