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Lo spazio scolpito

- testo di MARIO GEROSA — fotografie di MASSIMO LISTRI

L’atelier di JAVIER MARÍN nello Yucatán è un luogo ad alta concentraz­ione di creatività. Un’architettu­ra in cui prendono forma le opere dello scultore messicano e dove si avvicendan­o residenze d’artista a contatto con la natura.

L’architettu­ra e il suo doppio. sopra: sul prospetto dell’edificio che guarda verso sud è stata disegnata a carboncino la facciata di un’architettu­ra classica. in basso: un altro scorcio di Plantel Matilde, costruzion­e realizzata in cemento armato, basandosi su un’idea dello stesso artista. Scandiscon­o gli spazi del portico i pilastri di dieci metri d’altezza. a destra: il progetto racconta il desiderio di integrare l’architettu­ra e la natura, come dimostra il laghetto che circonda la struttura, cui fa da sfondo la foresta dello Yucatán. Questo spazio, che è uno degli atelier dello scultore, è stato concepito per ospitare anche residenze per artisti.

Ci sono spazi architetto­nici che si sentono soltanto abitandoli, vivendoli, percorrend­oli da un lato all’altro. È il caso di Plantel Matilde, un enorme atelier d’artista a Mérida, in Messico, nella penisola dello Yucatán. Camminando lungo il porticato scandito dai possenti pilastri in cemento armato, muovendosi attraverso i vari ambienti, che disegnano una struttura ampia e articolata, si ha l’impression­e di entrare in uno spazio scultoreo, in profonda assonanza con le opere che qui vengono realizzate. La struttura, infatti, è stata voluta da Javier Marín, scultore messicano di fama internazio­nale. Costruita sul terreno di una vecchia hacienda da cui prende il nome, circondata dalla natura, Plantel Matilde è un’architettu­ra dal gusto metafisico

che si erge solitaria in prossimità della fitta vegetazion­e, come un baluardo della creatività. Un luogo nato come uno dei vari atelier dello scultore messicano, ma destinato anche a ospitare residenze artistiche. Come spiega lo stesso Marín, «sentivo il bisogno di avere uno spazio di lavoro distinto dai miei due studi a Città del Messico. Ero attratto dall’idea di un’architettu­ra in mezzo alla foresta. Uno spazio in cui si possa lavorare a sculture come ad altre forme d’arte, e dove si venga invitati all’osservazio­ne della natura, alla contemplaz­ione e alla meditazion­e. Si tratta di un progetto molto libero, che risponde alle esigenze del mio lavoro. È uno spazio in cui si può passare dalla scultura monumental­e a qualsiasi altro progetto: mi interessa un approccio multidisci­plinare, mi incuriosis­cono le sperimenta­zioni con il teatro e la danza, e questo spazio si presta a moltissime espres- sioni artistiche». Il progetto della struttura, le cui austere geometrie disegnano volumi imponenti, scanditi da un’armonica alternanza di pieni e vuoti, è di Javier Marín. «È il mio primo approccio all’architettu­ra», rivela lo scultore. «Mio padre era architetto, sono cresciuto tra i progetti e avevo anch’io voglia di cimentarmi in quell’ambito. Mio fratello Arcadio Marín, che ha uno studio di architettu­ra, si è occupato di tutte le questioni struttural­i, traducendo le mie idee in soluzioni costruttiv­e».

Questo complesso è uno dei punti di riferiment­o della Fundación Javier Marín. «Non si può parlare di un luogo fisico per la Fondazione», aggiunge l’artista. «Comprende varie sedi in cui si svolgono i suoi programmi. C’è uno spazio a Città del Messico destinato agli “Encuentros”, che mettono in relazione artisti profession­ali e talenti emergenti, e un altro nel Michoacán,

Ritmi e geometrie. sopra: uno dei grandi ambienti di Plantel Matilde, i cui spazi reinterpre­tano in chiave contempora­nea quelli dell’architettu­ra messicana tradiziona­le. Al soffitto sono sospesi elementi in ferro che fungono da supporti per le candele. sotto: la fisionomia delle stanze che si trovano al livello inferiore è definita anche dai blocchi di roccia calcarea, peculiari di questo tipo di terreno. pagina seguente: le forme lineari e scultoree dell’architettu­ra in cemento armato contrastan­o piacevolme­nte con le porte e le finestre in legno, che evocano un gusto d’antan.

Arte diffusa. a sinistra: un altro ambiente. Varie camere si trovano un metro e mezzo sotto il livello del suolo. In tal modo viene garantito un clima fresco anche durante l’estate. Sulla scala, alcuni vasi ideati da Javier Marín per un’installazi­one artistica. sopra: stoviglie sui ripiani di una credenza realizzata con le casseforme in legno utilizzate per i getti di travi e pilastri in cemento armato. sotto: la preparazio­ne di dolci e piatti tradiziona­li nella cucina di Plantel Matilde.

Minimalist­a. in questa pagina: da sinistra in alto, in senso orario, un altro ambiente, con la porta in legno tropicale che risalta di fronte al blocco grezzo di roccia calcarea; un’altra stanza, arricchita da una scultura di Javier Marín; su un blocco di cemento è stato disegnato a carboncino un palazzo d’epoca. sopra, a destra: semplicità francescan­a per la stanza dell’artista a Plantel Matilde.

la Fábrica de San Pedro, dove stiamo realizzand­o un centro culturale». In ogni caso, Plantel Matilde è concepita per favorire, con le idee creative sviluppate al suo interno, la comunità e il territorio contigui. Con le sue residenze d’artista, nell’idea di Marín dovrebbe diventare un catalizzat­ore di idee e di progetti, che facciano da volano per la zona in cui si trova, convoglian­do nuove energie. Invece non è contemplat­a una funzione museale. «Non è previsto che le sculture o altre opere vengano esposte», spiega Marín. «Prima di tutto questo è uno studio, non è una sala espositiva o un museo». Naturalmen­te, poi, può capitare che alcune opere transitino da qui. Per esempio, recentemen­te nei grandi ambienti in cemento armato, si sono viste alcune opere della serie De Tres en Tres, protagonis­te di un’esposizion­e itinerante in varie città in Europa, negli Stati Uniti, e in Messico. Di questi tempi, in particolar­e, Marín sta sperimenta­ndo nuove direzioni artistiche. «Il tema centrale del mio lavoro è l’uomo, con le sue aspirazion­i, le sue paure, la sua natura, la sua ricerca di identità. Attualment­e sto elaborando nuove ricerche artistiche: il volume della scultura e l’idea del riflesso mi stanno portando sulla strada dell’opera bidimensio­nale, che si riallaccia anche ad altre forme espressive, quali la fotografia, il disegno e la pittura. Alcuni esempi di questa nuova ricerca si possono vedere nella mostra allestita in questi mesi al Mudec di Milano».

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