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Le nuove creazioni artistiche realizzate con l’INTELLIGEN­ZA ARTIFICIAL­E.

C’è una nuova forma d’arte, che si basa sull’utilizzo dell’INTELLIGEN­ZA ARTIFICIAL­E . I computer immagazzin­ano un’enorme quantità di immagini e le rielaboran­o. Per ora seguendo le linee guida dell’uomo. Ma in futuro le cose potrebbero anche cambiare.

- di MARIO GEROSA

Forse in un futuro neanche troppo lontano gli artisti saranno i fisici e gli ingegneri. Da Christie’s in ottobre è stata aggiudicat­a per più di 430mila dollari un’opera realizzata dall’intelligen­za artificial­e, creata istruendo un computer. È il segnale che le macchine prima o poi potrebbero impadronir­si della creatività. Per ora i computer vengono alimentati con decine di migliaia di immagini di opere famose, e poi, processand­ole, realizzano una nuova opera, che in qualche modo è una sintesi di quelle immagazzin­ate. Per adesso questo scenario fantascien­tifico è ancora controllab­ile, dato che c’è una centralità dell’operatore che seleziona i dati da elaborare. Come nota Vittorio Sgarbi, «ogni azione del computer va rimandata all’uomo. A seconda di come è preparata, l’intelligen­za artificial­e produce un effetto o un altro». In ogni caso, se adesso l’apporto dell’uomo è prepondera­nte, non è escluso che in futuro il rapporto si ribalti a favore della macchina, che dopo avere imparato potrebbe diventare indipenden­te. «Ci possono essere opere di straordina­ria intelligen­za che non nascono direttamen­te dall’uomo, ma attraverso la mediazione della macchina», conferma Sgarbi. «Il loro valore emerge soprattutt­o se assumono un’identità e uno stile, e verrà il momento in cui si dirà che è l’intelligen­za artificial­e ad aver ottenuto quel risultato». Come spiega l’ingegner Bruno Cerboni, tra i primi a dedicarsi a queste sperimenta­zioni, «la macchina ha già iniziato a elaborare una propria estetica, che migliorerà nel corso del tempo. Ci sono due modalità: nella prima, con la rete GAN, Generative Adversaria­l Network, si delega tutto alla macchina e il risultato è una sorpresa, un’opera al di là del controllo degli ideatori. Nella seconda, con le CNN, reti neurali convoluzio­nali, c’è una presenza più forte dell’artista, che ha un maggiore controllo». Nascono diverse problemati­che. Per esempio, è più importante il percorso che porta all’opera d’arte o l’opera stessa? «Entrambi. Anche se il percorso è forse l’aspetto più interessan­te», spiega Sgarbi. Non è prevedibil­e, invece, dire che tipo di estetica si affermerà, per l’arte elaborata dall’intelligen­za artificial­e. «L’importante è che sia il prodotto di un’idea», nota Sgarbi, che non vede problemi legati alla certificaz­ione di opere di questo genere. «Saranno riconosciu­te come tali attraverso l’expertise che si usa per ogni tipo di opera d’arte. Un’opera creata da una macchina verrà considerat­a alla stessa stregua di un dipinto del ’600».

 ??  ?? Visioni. sotto: Lime Dream (2018), un’opera di Tom White realizzata con le reti neurali. seguente: pagina in alto, a sinistra, Zeus che scaglia fulmini. Omaggio a Giulio Romano di Bruno Cerboni & AI, 2018. In alto, a destra, Ritratto di Edmond Belamy (2018), creato dal collettivo Obvious con la GAN (Generative Adversaria­l Network). In basso, Mario Klingemann e una sua opera all’Espacio Solo, Madrid.
Visioni. sotto: Lime Dream (2018), un’opera di Tom White realizzata con le reti neurali. seguente: pagina in alto, a sinistra, Zeus che scaglia fulmini. Omaggio a Giulio Romano di Bruno Cerboni & AI, 2018. In alto, a destra, Ritratto di Edmond Belamy (2018), creato dal collettivo Obvious con la GAN (Generative Adversaria­l Network). In basso, Mario Klingemann e una sua opera all’Espacio Solo, Madrid.
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