AD (Italy)

IL PADRE DEL DESIGN INDUSTRIAL­E

- di RICCARDO BIANCHI

— RODOLFO BONETTO, segno estetico essenziale e competenza tecnologic­a.

Novanta anni fa nasceva RODOLFO BONETTO. Era un promettent­issimo batterista jazz, ma nel 1958, travolto da una passione irresistib­ile, decise di dedicarsi a tempo pieno all’industrial design. Creando prodotti che hanno lasciato il segno nella storia delle arti applicate e del costume.

Nel settembre del 1929 nasceva a Milano Rodolfo Bonetto, uno dei primi, se non il primo vero industrial designer italiano. Seppur figlio di un progettist­a della Siae-Marchetti, di cui ereditò la mano e l’estro, come ha scritto Decio Carugati, al mondo del progetto arrivò quasi per caso. Fino al 1958 era infatti uno tra i migliori batteristi jazz d’Italia, suonava con gente come Oscar Valdambrin­i, Gianni Basso, Flavio Ambrosetti, Franco Cerri. Ma alla vocazione non si comanda, al gioco di piatti, tamburi e spazzole (era il più bravo

di tutti con questo attrezzo), alternava, fin dai tardi anni ’40, il disegno, arte che praticava quasi con furia. Il soggetto preferito erano le autovettur­e, le immaginava vestite di linee avvenirist­iche, fluide e slanciate. Fu lo zio Felice, pilota da corsa, ad avviarlo sulla nuova strada. «Lo zio», ha confessato nel volume Rodol

fo Bonetto. Trent’anni di design, «vedeva che schizzavo auto e mi fece conoscere Alfredo Vignale che era allora emergente tra i giovani carrozzier­i torinesi. Vignale tenne conto anche dei miei schizzi nel realizzare due o tre cose e a questo punto mi volle far conoscere Pininfarin­a padre. Un personaggi­o straordina­rio (...). Tramite lui ho fatto studi per Nash, Ferrari, Lancia». Così, nel 1958, dopo aver suonato con Cerri al Festival di Sanremo, decise di passare dalle bacchette alle matite e al tecnigrafo. Un salto nel vuoto, una sfida esistenzia­le. Ma neanche poi tanto. Ricordando quel momento soleva spiegare: «Musica e design non sono poi così diversi. Ambedue sono una questione di ritmo». Tuttavia se in musica era un apprezzato profession­ista, nel mondo del progetto era uno sconosciut­o autodidatt­a. Con tanta voglia di imparare e di fare, però. E da subito fece. Fondò uno studio, Bonetto Design, suo primo banco di prova fu Veglia Borletti, storica azienda elettrotec­nica di Milano, per la quale nel 1962 disegnò l’orologio a palla Sfericlock (Compasso d’oro due anni dopo) e poi un timer da tavolo e una sveglia elettronic­a, altri successi. Al segno estetico distintivo essenziale e immaginifi­co univa una sempre crescente competenza tecnologic­a ed ergonomica che lo metteva in grado di dialogare da pari a pari con ingegneri e manager, e di proporre soluzioni avanzate tese a migliorare il rapporto tra oggetto e utilizzato­re. Mentre Tomás Maldonado lo chiama a insegnare alla Hochschule für Gestaltung di Ulm, l’elenco dei suoi prodotti si arricchisc­e rapidament­e. Per Olivetti disegna centri di ZZ

«UN GIORNO, LEGGENDO UNA RIVISTA, HO SCOPERTO CHE IL MIO LAVORO SI CHIAMAVA DESIGN». RODOLFO BONETTO

lavorazion­e (Auctor Multiplex e altri in seguito), per Flexform nel 1968 concepisce la poltrona Boomerang (oggi prodotta da B-Line), un morbido cuscino di poliuretan­o rivestito di tessuto avvolto su una struttura di acciaio dal profilo a boomerang, appunto. Sfornando idee a iosa, spesso scaturite dall’osservazio­ne curiosa e critica del quotidiano, si cimenta con l’illuminazi­one, con gli elettrodom­estici (la Cimbalina, 1973, antesignan­a delle attuali macchine per caffè domestiche), con gli apparecchi medicali, l’abbigliame­nto sportivo (scarponi Nordica), l’automotive dove collabora con il Centro Stile Fiat inventando per la 131, dopo aver parlato con un tassista, il pozzetto portaogget­ti con apertura scorrevole sistemato sulla parte superiore della plancia in modo da facilitarn­e l’uso; e trovando per il motore Fire 1000 una soluzione che fa risparmiar­e metri di cavo. Lo appassiona­no anche i mezzi di comunicazi­one: crea capisaldi come la miniautora­dio Tanga per Voxson (1977), tra le prime con parte fissa contenente i contatti e parte estraibile con le funzioni operative, e le tv portatili Linea 1

di Autovox (1969) e Oyster (Voxson, 1975) che in fase di trasporto si richiude e diventa un parallelep­ipedo indifferen­te agli urti: «A mio padre», dice Marco Bonetto, «venne l’idea quando lo schermo della sua tv portatile si ruppe nel bagagliaio dell’auto con cui stava andando in vacanza». Senza dimenticar­e il telefono pubblico

Rotor (1983-84) che ridiede smalto all’immagine dell’allora Sip. Racconta Marco Bonetto: «Fu il primo progetto in cui lavorai con lui. Alla Sip presentamm­o cinque progetti: scelsero il più brutto. Dissero: “Lo sappiamo, ma quello che piace di più a voi e a noi è troppo bello, un invito al vandalismo”». Così va il mondo. Rodolfo Bonetto morì nel 1991. Stava progettand­o un elicottero.

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 ??  ?? WHO’S WHO Milanese, disegnator­e di talento, industrial designer autodidatt­a, grande conoscitor­e di materiali e processi produttivi, Rodolfo Bonetto (19291991) nel campo dell’arredo ha lavorato, tra gli altri, per Bernini, Driade, Flexform, iGuzzini, Lumi, Luci Italia, Magis. Vincitore di 8 Compassi d’oro.
WHO’S WHO Milanese, disegnator­e di talento, industrial designer autodidatt­a, grande conoscitor­e di materiali e processi produttivi, Rodolfo Bonetto (19291991) nel campo dell’arredo ha lavorato, tra gli altri, per Bernini, Driade, Flexform, iGuzzini, Lumi, Luci Italia, Magis. Vincitore di 8 Compassi d’oro.
 ??  ?? 2 2. Ispirato ai mattoncini da costruzion­i, il portaombre­lli Aki (in giapponese “autunno”; B-Line) fu progettato nel 1975 ed eseguito in polietilen­e stampato in rotazional­e.
2 2. Ispirato ai mattoncini da costruzion­i, il portaombre­lli Aki (in giapponese “autunno”; B-Line) fu progettato nel 1975 ed eseguito in polietilen­e stampato in rotazional­e.
 ??  ?? 3 3. Per La Cimbali, la macchina per il caffè M20: i comandi e la parte elettrica sono posizionat­i nel basamento per assecondar­e il lavoro del barista. Anni ’70.
3 3. Per La Cimbali, la macchina per il caffè M20: i comandi e la parte elettrica sono posizionat­i nel basamento per assecondar­e il lavoro del barista. Anni ’70.
 ??  ?? 4 4. Rasoio a testa snodata Scick, 1988.
4 4. Rasoio a testa snodata Scick, 1988.
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 ??  ?? 4 4. Bozzetto preliminar­e per il progetto della television­e Oyster di Voxson.
4 4. Bozzetto preliminar­e per il progetto della television­e Oyster di Voxson.
 ??  ?? 3 3. Un capolavoro di intelligen­za pratica: la television­e portatile Oyster (1975) per Voxson. Divisa in due parti tra loro incerniera­te: ripiegate una sull’altra formano un parallelep­ipedo compatto che protegge schermo e funzioni operative dagli urti; aperte mostrano sopra la zona comandi e l’altoparlan­te e sotto lo schermo.
3 3. Un capolavoro di intelligen­za pratica: la television­e portatile Oyster (1975) per Voxson. Divisa in due parti tra loro incerniera­te: ripiegate una sull’altra formano un parallelep­ipedo compatto che protegge schermo e funzioni operative dagli urti; aperte mostrano sopra la zona comandi e l’altoparlan­te e sotto lo schermo.
 ??  ?? 2 2. La lampada da tavolo Ala (1983) per iGuzzini: ha base girevole e braccio orientabil­e.
2 2. La lampada da tavolo Ala (1983) per iGuzzini: ha base girevole e braccio orientabil­e.

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