CLAUDE È STATO QUI
Un indirizzo sull’acqua dove soggiornò Monet, simbolo della Belle Époque di Venezia, oggi si rinnova nel segno del ST. REGIS. Portando in laguna una brezza contemporanea.
— Un’interpretazione contemporanea dei classici stilemi della Serenissima per la ristrutturazione del ST. REGIS (86) a VENEZIA.
Soggiornò a Venezia una sola volta Claude Monet, nel 1908, ma i riflessi mutevoli della luce sull’acqua della laguna lo ispirarono a dipingere alcune delle più belle vedute impressioniste della città. Con due prospettive: la prima davanti a Palazzo Ducale e la seconda da una speciale terrazza sul Canal Grande, proprio di fronte alla chiesa della Salute. Dal Grand Hotel Britannia (poi diventato Europa Regina, inaugurato nel 1895, l’anno della prima Biennale), Monet osservò il diverso aspetto dello stesso panorama con il trascorrere delle ore e per i due anni successivi dipinse la serie di Venezia e del Canal Grande che oggi ha ispirato l’interior design (affidato allo
studio londinese Sagrada), del St. Regis Venice, nuovo indirizzo del gruppo Marriott. I cinque palazzi originari che formano l’albergo − il più antico è il Badoer Tiepolo − sono stati ripensati come un unicum coerente partendo proprio dall’eredità degli illustri ospiti passati, da Monet, appunto, a Turner, a Sargent, a Kokoschka, per parlare solo di artisti.
Nella ristrutturazione degli spazi comuni, che hanno guadagnato una suddivisione più armoniosa, una minore frammentazione e una grande Library, ovvero un luogo diurno dove leggere un giornale o un libro dove un tempo c’erano gli uffici, l’attenzione è andata alla mutevolezza della luce veneziana attraverso le ore del giorno, dall’alba al tramonto, i cui riflessi si ritrovano nei colori dei tessuti (blu pavone, rosa cipria, verde smeraldo di Rubelli e Dedar) che rivestono le sedute custom, nei marmi e nei seminati dei pavimenti, nelle lampade in vetro soffiato, nei soffitti a specchio o coperti a foglia d’oro.
Ispirata all’eredità culturale è invece la grande ed eclettica collezione d’arte curata da Robin Greene, arricchita da una collaborazione con Glasstress, il progetto di Adriano Berengo che associa artisti di varie discipline e i maestri vetrai di Murano: «Ho voluto che fosse una sorta di narrativa contemporanea su Venezia attraverso dipinti, statue e oggetti», spiega l’esperto. Nessuna delle opere è corredata di didascalia per non dare l’effetto-galleria d’arte (ma le informazioni sono in ogni camera). Al parigino Olivier Masmonteil, il primo resident artist dell’albergo, si devono i quattro grandi murales che ornano il Grand Salon e che si ispirano alle tele del Tintoretto conservate a Palazzo Ducale (e i lavori nelle Monet Suites). «Sembrano emergere dalla tappezzeria damascata e poi scomparire, in un gioco di trasparenze tipico della città», dice Greene. «In questo modo riescono a dare luce a un ambiente senza finestre. A essere essi stessi delle finestre su Venezia».
La ristrutturazione di Sagrada è complessiva ed è partita dallo studio prima della città, poi della storia dell’hotel. «Non volevamo i tradizionali interni veneziani, che possono essere anche un po’ oppressivi, ma dei tocchi di Venezia ispirati da dettagli delle calli, delle chiese, dei palazzi», spiega l’architetto Juan Alvarez. «Sono citazioni da scoprire come in una specie di caccia al tesoro che coinvolge chi abbia voglia di una lettura più profonda dei segni: le zampe dei leoni che sorreggono le vasche da bagno, i ghirigori delle porte, i damaschi nei supporti delle lampade, la forma dei soffitti che rimandano a Carlo Scarpa...». Il sottotesto è ovunque, negli spazi comuni e nelle 129 camere e 40 suite, le più “terrazzate” di Venezia, con un glorioso affaccio sull’imboccatura del Canal Grande, la chiesa di Santa Maria della Salute, Punta della Dogana e l’isola di San Giorgio. Le linee curve dei mobili custom ispirati allo stile italiano degli anni ’50 ricalcano la dolcezza delle onde, i braccioli delle poltroncine imitano il movimento fluido del remo delle gondole, le superfici (le tappezzerie, i tessuti, il rivestimento delle sale da bagno) sono volutamente sempre ruvide come le pietre della città.
Un’interpretazione contemporanea dei classici stilemi veneziani si ritrova anche nel giardino sull’acqua, un vero e proprio salotto all’aperto che vuole essere, come accadeva durante la Belle Époque, il cuore sociale dell’hotel. Geometrie lineari, arte topiaria, sculture, fiori e arredi ne fanno uno spazio aperto anche alla città e non solo agli ospiti.