Un’INSTALLAZIONE ARTISTICA diventa ispirazione per un dessert d’autore.
Con questo DOLCE ONIRICO un grande chef interpreta la provocatoria installazione di un artista contemporaneo.
Al dessert, dopo un pranzo ricco di accostamenti audaci, piace a molti entrare in una dimensione giocosa, nella quale, deposte le armi, cervello e palato godano di un meritato relax. Ma se siete Guy Martin, chef del Grand Véfour a Parigi, dove sono stati habitué Hugo, Colette, Jean Cocteau, a contatto visivo con la sublime geometria parigina dei giardini del Palais-Royal, allora può darsi che proprio il dessert sia il soggetto ideale per completare la sfida più stimolante: interpretare il pensiero di un artista contemporaneo, meglio se inquieto, difficile e controverso. In questo caso il cimento si è tradotto in una cena, nel programma di incontri con top chef promosso da Illy Caffè, durante l’ultima Biennale di Venezia, dedicata all’installazione Kranky Klaus dell’americano Cameron Jamie: un assembramento di teste lignee mostruose ispirate al Krampuslauf, un grottesco rituale invernale delle montagne austriache. «È», dice lo chef, «il mio – e dell’artista – un invito a entrare nel proprio sé interiore, pieno di contrasti e dissonanze». Frantumando con un colpo deciso il cubo di cioccolato, fuoriesce l’interno informe in cui si mescolano la dolcezza della ricotta, la punta amarognola del sorbetto di rucola, l’acidità della tartara di fragole, il croccante dei pinoli caramellati. E la sfera che sovrasta il cubo? «Nulla è del tutto ad angoli retti. Gli astri che ci sovrastano si muovono lungo traiettorie circolari». Per nostra fortuna l’esercitazione intellettuale è anche un dolce di superba bontà.