Reinterpretazioni del VINTAGE e una nuova idea di chic in una dimora sulle colline di Firenze.
Su una collina, a pochi minuti dal centro di FIRENZE, una villa ricca di citazioni colte che codifica una nuova idea di chic. Pensando ai grandi progettisti degli anni ’60.
BBellosguardo è un nome che non ha bisogno di spiegazioni. In questa fortunata zona di Firenze, a poca distanza dalla riva sud del fiume, il terreno diventa subito collina, il tessuto urbano lascia spazio al verde. E le poche case godono di un panorama da cartolina, pur essendo a pochi minuti a piedi dalla vivacità del quartiere di San Frediano, cuore dell’Oltrarno.
Il progetto che mostriamo in queste pagine è proprio qui, e la sua è una storia interessante: perché è un intervento che ha totalmente ridisegnato un edificio preesistente. Ma senza modificare l’impatto volumetrico della costruzione, in armonia con le precise disposizioni architettoniche che vigono nel capoluogo toscano e che ne salvaguardano il territorio. «Amiamo Firen
Un gioco di molteplici ispirazioni: il MODERNISMO RURALE fiorentino del Dopoguerra, Carlo Scarpa, Osvaldo Borsani. Ma anche la passione dei padroni di casa per le chinoiseries.
ze, abbiamo qui un’abitazione e ne cercavamo da tempo una più ampia», spiega la padrona di casa. «Poi, nel 2013, ci siamo imbattuti in questo posto: era un’architettura davvero modesta – anzi, brutta – ma ci siamo innamorati della posizione. L’abbiamo acquistata ed è partito un lungo progetto che l’ha portata a come è adesso». Dopo aver interpellato vari studi di caratura internazionale, la scelta è caduta su Dimorestudio. «L’idea che ci hanno proposto ci ha subito convinti», prosegue: «un progetto che parlava di storia, legato al territorio». L’ispirazione è stato un momento preciso nella storia architettonica di Firenze: quello a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, in cui sono sorte ville coraggiose e anticonvenzionali. A questo periodo sono poi stati aggiunti altri riferimenti in un gioco di rimandi decisamente colto, da Carlo Scarpa a Osvaldo Borsani. Un punto di partenza affascinante che ha convinto anche la Sovrintendenza.
I lavori sono stati di esecuzione complessa: primo perché si è trattato di rispettare al centimetro i volumi preesistenti (l’unica deroga è stata per la copertura, non più a falde inclinate ma creando al loro posto delle terrazze), poi perché la pendenza del terreno è talmente marcata che a un certo punto è parso più pratico far arrivare i materiali in cantiere usando un elicottero (ipotesi poi scartata). Per Dimorestudio è stato anche il primo intervento in facciata, una “pelle” in pietra e cemento con dettagli in metallo. «Abbiamo voluto creare un collegamento tra
due mondi diversi: il modernismo rurale della scuola fiorentina del Dopoguerra e l’attenzione maniacale al dettaglio di Scarpa», spiega Giuseppe Porcelli, Art & Design Director da Dimorestudio. Il lavoro sull’architettura è sottolineato dal giardino, le cui quote di livello sono state ridisegnate; la parte del verde è stata affidata a Lorenzo Venturini/Dimensione Verde, che ha lavorato su spunti di colore dati da Dimorestudio.
All’interno, la struttura – 600 mq articolati su tre piani – è incentrata sul doppio livello dello spazio giorno, dettaglio tipico degli anni ’60. Un elemento che ha ricordato ai progettisti la villa progettata da Osvaldo Borsani a Varedo per i genitori: ispirazione che si nota nella scala centrale, che porta al piano delle camere: «Quella originaria era una struttura modesta, i proprietari invece volevano un elemento più di rappresentanza», prosegue Porcelli. «Abbiamo quindi inserito il suo volume in una specie di gabbia fatta con tre grandi pannellature in metallo e vetro, segnate da piani orizzontali con pannelli scorrevoli ispirati a un mobile libreria di Charlotte Perriand. In questo modo la scala risulta evidenziata ma non separata dal resto».
L’arredamento nasce dall’incontro del gusto dei padroni di casa (comprese alcune antipatie, per esempio quella per il colore giallo) con quello dei progettisti, con eclettismo raffinato. A un set di sedie di ispirazione cinese, databili a cavallo tra ’800 e ’900, è stato accostato un tavolo realizzato su disegno; ci sono pezzi di design storico, dagli anni ’40 in avanti, e diversi mobili disegnati da Dimorestudio, dalla loro collezione Dimoremilano Progetto Non Finito. «Abbiamo voluto dare una nostra versione del gusto anni ’60, mantenendo elementi di contrasto, seguendo alcune derive come quella di Gabriella Crespi», conclude Porcelli. Il resto sono dettagli preziosi: un armadio con ante ricamate, una moquette di seta, mobili e oggetti d’autore. Per uno scrigno dalla personalità affascinante. Un viaggio nel gusto.