Wolfgang Meyer-Rässler (detto Melo),
La campagna toscana, una villa medicea, un forestiero che se ne innamora: il Rinascimento (ri)vive a due passi da Firenze
«Sono arrivato qui, ed è stato incredibile: ho visto il giardino e la casa e le opere che avremmo potuto riportare alla luce come dovevano»
Accade qualcosa a mezz’ora di auto da Firenze, in una terra dove i pendii perdono il confine per nascondere tesori del Cinquecento. Qui, a Castiglioni della Rufina, dopo una strada bianca di cipressi e uliveti, si arriva a Villa i Busini che non è solo una dimora ma quel preciso sentimento che potremmo chiamare incanto.
Era la residenza di campagna dei Medici, passata per diverse vicissitudini immobiliari finché un’anima tedesca se ne innamora e guida all’acquisto un suo vecchio compagno di scuola, ora produttore cinematografico: è il 2009. Da questo momento comincia il miracolo che nel 2017 riporta i 900 metri quadrati più giardino all’italiana (e tenuta di svariati acri) alla verità del Rinascimento. Difficile usare il verbo ristrutturare quando si parla di Villa i Busini, forse il termine giusto è contestualizzare perché l’unico vero criterio tenuto da Wolfgang Meyer-Rässler (detto Melo), che scovò questo gioiello e lo caldeggiò a Stoccarda, è stato riportare ai giorni nostri la bellezza del XVI secolo. «Sono arrivato qui, ed è stato incredibile: ho visto il giardino e la casa e le opere che avremmo potuto riportare alla luce come dovevano. Si rischiava di rimodernare e fare degli scempi, come è accaduto spesso in Toscana: noi dovevamo rispettare la bellezza dell’origine».
Così Melo si mette al lavoro, con capitali floridi e una squadra che seleziona e coordina personalmente: materiali di qualità superiore, tecnologie all’avanguardia («L’isolamento nei pavimenti viene dall’Austria, per esempio, ed è la nuova frontiera per abbattere l’umidità»), ma soprattutto una devozione rara. Non c’è angolo di Villa i Busini in cui non riverberi la linea fiorentina degli stucchi, le decorazioni e gli affreschi rigenerati. La cura delle minuzie è il midollo di questi spazi che contano sette camere da letto, tre livelli abitativi incastonati intorno a una torre dell’anno Mille, le cui pietre sono il fulcro di ambienti che restituiscono un’atmosfera naturale.
Ma non basta: perché la questione fondamentale è il tempo. Entrare in Villa i Busini significa tornare là, in quella porzione di storia che ha portato l’Italia a essere il mondo. «Il Cinquecento: ci sono voluti quattro anni e mezzo di lavoro maniacale, dove ogni singola sostanza riemerge da questo territorio e dove ciò che è stato ricreato ha mantenuto lo spirito dell’epoca»: Alessandra Boccherini è l’architetto che ha accompagnato Meyer-Rässler in questa avventura in cui «è stata restituita un’emozione che si estende anche al di fuori della casa».
Ed è così: su un lato del corpo centrale abitativo c’è un viottolo di ghiaia oltre al quale si entra nella limonaia, un appartamento indipendente sottostante la piscina ricavata al limitare del colle. Intorno, il patio è una lunga passerella con il panorama sulla vallata proprio a ridosso del giardino italiano.
Quest’ultimo è l’altro fiore all’occhiello della proprietà, 1800 metri quadrati dove le geometrie della natura incastonano un silenzio dimenticato. Melo spiega che l’assoluta pace in cui è immerso l’intero complesso è parte integrante del progetto. «La cosa più difficile era ridare vita al luogo magico, storico, elegante a cui non doveva mancare ogni tipo di comfort, volutamente mimetico». Anche le prese elettriche, i televisori e il campo da tennis sono camuffati, così come ogni altra traccia di modernità a favore degli stucchi, dei soffitti a cassettone, dei quindici camini e stanze che salgono fino all’ultima camera da letto, posta in cima alla torre. È un’orchestra discreta che non smette mai di echeggiare uno sfarzo straordinario e allo stesso tempo quotidiano.
Si dice che uno spazio emani attraverso i dettagli. A Villa i Busini basta soffermarsi su di un punto qualunque, il dettaglio è la contemplazione. Come se questo spazio rieducasse alle cose belle, a un’epoca che pareva racchiusa nei libri e nei musei e invece torna a portata di vita. Accade perché qui resiste la storia di una terra che ha rifondato la magnificenza, e perché ogni spazio è la prova di cosa è riuscito a esprimere l’umano: arte, armonia, passione per la semplicità delle forme. Pare di aver sempre abitato in questo luogo, me ne accorgo mentre perlustro le camere che non hanno fine ma si rilanciano l’una con l’altra, con le stanze da bagno che sembrano mondi dove persino i lavabo sono pezzi unici ideati o riconcepiti per questo contesto. «Ogni mobilio è pensato, cercato, adattato all’atmosfera della villa. Ogni oggetto un’atmosfera».
Lo sento, e questo dipende dal fatto che non me lo chiedo. Ogni minuzia mi appare in uno stato naturale. È l’eleganza dei posti come questo, una dimora del tempo che ci riporta a un cuore antico con la mente del futuro. Diventiamo abitanti di un luogo che c’è sempre stato e che non c’è mai stato finché non lo abbiamo trovato: ora è qui, a Castiglioni della Rufina, trenta chilometri da Firenze. Il nostro Rinascimento privato.