OASI SU MISURA
A Bologna una chiesa abbandonata diventa lo spazio polifunzionale di una coppia: un po’ufficio di rappresentanza,un po’location per eventi.Ma soprattutto un posto per vivere
Nel verde di un parco, ad Aversa, un’abitazione fuori dal comune. Per una vita in vacanza.
Da qui le suore che per prime ci hanno abitato – fin dal 1252, secondo le cronache – se ne sono andate da tempo. Nelle «vigne dei Racorgeti» di Bologna, all’interno dell’antico e centralissimo borgo di Santo Stefano, intorno alla chiesa di San Pietro Martire, nel passato c’erano conventi, giardini, orti rigogliosi. Qualcosa sopravvive, molto è andato perduto. Ma quell’atmosfera un po’ fuori dal tempo e bucolica è rimasta, così come anche un certo silenzio monastico nelle strade, nonostante questo sia uno dei quartieri più vivaci della città, colorato dai murales dei writer e da un’intensa attività culturale.
È qui che Felix Demaio, da trent’anni nella moda, e la sua compagna Lucia Annicchiarico, avvocata, hanno comprato dall’Istituzione Asili Infantili la chiesa abbandonata e sconsacrata di San Pietro Martire e la sua sagrestia per trasformarla in uno spazio polifunzionale: un po’ casa,
un po’ ufficio di rappresentanza, un po’ location per cene ed eventi: circa 200 metri quadrati divisi tra camera, bagno, cucina e il salone che occupa la navata, con un soffitto che arriva a 13 metri di altezza.
«Cercavamo un posto particolare, e un posto particolare abbiamo trovato. È stato una specie di colpo di fulmine: l’ho vista e ho deciso subito di acquistarla, nonostante le pessime condizioni in cui si trovava e la prospettiva di un lungo restauro conservativo, dal momento che fino al 2012 la chiesa era stata sede di una vetreria artistica», dice Demaio. «Nonostante tutto ci siamo avventurati lo stesso nell’impresa di risanamento affidandola a un’azienda super specializzata in questo tipo di recuperi, la Leonardo srl, che ha perfino fatto affiorare dai muri imbiancati affreschi del ’600 e del ’700». Il motivo principale di questa follia? Il posto ha e comunica un’energia positiva che secondo Felix Demaio, agnostico, non ha niente a che vedere con la sua prima destinazione d’uso sacra, ma invece dipende – e molto – dalla sua intrinseca bellezza. «Sono un esteta, affascinato dai luoghi speciali. Questo mi ha conquistato, ovviamente, anche perché mi è sembrato testimone di una vecchia Bologna che sta scomparendo».
I mattoni rossi a vista, come da tradizione architettonica locale, danno sobrietà alla facciata, ritmata da lesene e modanature superiori. Queste formano semplici specchiature separate dalla cornice modanata marcapiano su cui si apre il portale, sovrastato da una finestrona che proietta
la luce naturale all’interno. «L’aula rettangolare della chiesa è coperta da una volta a crociera costolata», racconta il proprietario. «È qui che si trova la cappella maggiore con il suo altare in stucco dorato e marmorino, e la pala della Trasfigurazione del Pedrini, che la copiò nel ’700 dall’originale cinquecentesco del Carracci». L’insieme, nella sua opulenza barocca, riempie lo spazio. «Aggiungere dei mobili è stato quasi pleonastico: l’altare è già un magnifico arredo. Quindi abbiamo optato per pezzi vintage o prototipi di design acquistati anche in mercatini e rinnovati grazie ai tessuti di Lyria, come i divani anni ’70 di De Padova rivestiti con tele lucide blu e rosa».
Di Lyria anche i velluti rossi che sostituiscono le porte che dalla navata si aprono sulla ex sagrestia, creando un colpo di teatro. È questo grandissimo salotto/studio che Demaio ha eletto a cuore della casa, piazzandovi su un lato un gigantesco tavolo di 4,30 metri di lunghezza realizzato con una lastra di acciaio acidata (realizzata su disegno da Edilferro Ferrara). «Qui io faccio tutto: lavoro, accolgo gli ospiti, talvolta mi fermo anche a dormire», racconta. Tutto intorno al tavolo le leggerissime sedie chiavarine comprate nei mercatini di Bologna e arrivate lì chissà come e sul piano, a ribadire il Dna degli spazi, le campane originali che un tempo suonavano nella torre.
Ed è lì che avranno la sorpresa di una vista panoramica sulla navata gli ospiti della stanza che Felix Demaio sta ricavando da ciò che resta del campanile: scostando le tende di velluto rosso della finestra interna affacciata sulla chiesa, appariranno prima le volte affrescate, poi la pala d’altare e tutta l’aula, in una versione domestica della bellezza ultraterrena.