La più grande invenzione dopo l’acqua corrente
Testo di Alessandra Laudati
Nell’indimenticabile Mon oncle, il protagonista, alle prese con la cucina moderna della sorella, si trova intrappolato in una tecnologia sconosciuta e ostile. Il film, Oscar nel 1959, è una satira riuscita in cui il regista e attore Jacques Tati coniuga lo sguardo surrealista a una comicità che mette a confronto due diversi mondi: quello iper-moderno e tecnologico della famiglia Arpel e quello bucolico-popolare di Monsieur Hulot, fratello della padrona di casa. La scelta del soggetto non è casuale: proprio in quel periodo si sta imponendo il successo delle cucine componibili, «all’americana». Tutto quello che è innovativo sembra provenire da Oltreoceano. La storia però è un’altra. Inizia in Europa e ha una donna come protagonista.
Margarete Schütte-Lihotzky nasce a Vienna nel 1897 e sempre a Vienna morirà nel 2000, solo cinque giorni prima di compiere 103 anni. Una donna coraggiosa, protagonista del mondo dell’architettura tra le due guerre (è la prima austriaca a svolgere la professione di architetto) e testimone di un secolo; con le sue idee, il suo impegno politico, qualche utopia e molta concretezza. Coinvolta negli eventi più importanti di un periodo che vede cambiare gli assetti del mondo, cresce in una Vienna eclettica e ricca di sperimentazioni culturali: un laboratorio della cultura d’avanguardia dove l’eccezionale costituisce la regola.
Nel 1915 si iscrive alla k. k. Kunstgewerbeschule, Scuola Imperial Regia di Arti e Mestieri. Inizialmente a un corso di illustrazione, per poi passare allo studio dell’architettura. Come docenti ha Oskar Kokoschka, Josef Hoffmann e Oskar Strnad, famoso per il suo insegnamento capace di trasmettere agli allievi metodo di lavoro analitico ma anche sensibilità e attenzione per i problemi sociali. Margarete comprende subito che «le forme non nascono per caso nel cervello ma che ogni espressione artistica ha a che fare con il modo di pensare, il carattere,
la visione del mondo». L’Austria, al primo suffragio universale, vede la vittoria della socialdemocrazia: l’attenzione ai problemi sociali, l’impoverimento e la carenza di alloggi causata dalla Prima guerra mondiale, viene affrontata a Vienna da amministratori avveduti che affidano ad Adolf Loos, tra gli altri, la progettazione delle «Case a schiera per i lavoratori» e delle «Case di piccole dimensioni».
Margarete collabora con lui e progetta la prima pianta di una cucina piccola e compatta, con disposizione pianificata dell’arredamento parzialmente preinstallato. «La signorina Lihotzky è stata per me un valido aiuto», scriverà di lei Loos. «Aveva ampie conoscenze acquisite anche all’estero e poté utilizzarle in modo ottimale nella situazione austriaca, grazie al suo spirito pratico. Io posso solo raccomandarla e dire che, anche per il suo zelo e la sua precisione, mette in ombra molti colleghi uomini». È un buon inizio per la carriera di Margarete.
Con Margarete Schütte-Lihotzky nasce un nuovo concetto di cucina: pratica, organizzata. Per risparmiare alle donne fatiche inutili
La sua attenzione si rivolge soprattutto all’edilizia sociale: asili nido e case per reduci di guerra. Nel 1926 si trasferisce a Francoforte, dove il suo lavoro sarà sempre più dedicato ad affrontare il problema dell’organizzazione dello spazio domestico: l’obiettivo è quello di minimizzare superfici e volumi, con conseguente risparmio di costi. Scriverà poi, su una rivista diretta dall’architetto Ernst May, assessore all’urbanistica a Francoforte, che «la casa d’abitazione è l’espressione concreta dell’organizzazione delle nostre abitudini di vita».
Con questa filosofia Margarete porta a compimento il progetto di una nuova cucina, razionale e standardizzata. Costruita secondo principi ergonomici che consentono lo svolgimento delle attività domestiche nella sequenza più corretta, per ridurre lo spreco di tempo e di spazio e risparmiare alle donne inutili fatiche. Nasce così la prima cucina componibile e attrezzata: mobili in legno laccato in blu marino,