EDITORIALE
Siamo quasi alla fine di un anno che per molti versi si può definire un “annus horribilis”. Abbiamo assistito a guerre, crisi, malattie, terrorismo, donne uccise e maltrattate. Tuttavia, abbiamo dovuto tirare avanti con la vita di tutti i giorni perché, alla fine, occorre sempre cercare un lato positivo in ogni cosa - e anche perché si spera che l’anno che verrà sarà migliore. Auguriamoci, quindi, che avremo finalmente una legge sulle coppie di fatto e che i diritti saranno uguali per tutti. Speriamo che la nostra economia si riprenda e che finalmente saremo in grado di allentare la cinghia che è troppo stretta. Dopo tanti anni di ristrettezze abbiamo bisogno di viziarci un po’, devono ripartire i consumi e noi ci meritiamo una nuova primavera, di poterci comprare vestiti, borse, scarpe e tutto quello che la moda ci propone, tentandoci stagione dopo stagione. Proprio adesso che gli stilisti stanno prendendo una nuova strada, più concreta, abbandonando le follie per collezioni più reali. Guardando le sfilate della prossima primavera/estate, mi sono spesso trovata a pensare: “Che bello, me lo comprerei”, ed era tempo che non mi succedeva. È in atto un importante “turning point”, un punto di svolta, anche nella moda, dove è la personalità a vincere sulle tendenze. E dal mondo dell’apparenza ci si sposta a quello della sostanza, intesa come cibo. Leggiamo in continuazione che ciò che mangiamo è pessimo, che la carne è da evitare come il diavolo, che persino la pizza - se cotta male - è cancerogena, che il nostro sarà un futuro da vegetariani. Io rispetto le scelte di chiunque, ma lasciatemi la libertà di mangiare un panino con il salame senza sentirmi in colpa! Anzi, rivendico la libertà di scelta e, per questo, voglio essere liberamente consapevole delle decisioni che prendo nella vita senza dovermi giustificare. Sono stufa di essere politically correct, sempre e in ogni caso, non voglio allinearmi se non sono d’accordo. In questo finire di anno e in quello a venire, voglio essere ribelle.