Amica

Cattivi Propositi

Di Maria Laura Rodotˆ

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e donne eccellenti non vanno da nessuna parte perché si associano per fare cose noiose. Come minimo, un club del libro. Come massimo, e convinte di aver trovato finalmente il modo di fare lobby e fare rete, un’associazio­ne che organizza incontri strazianti. Dibattiti senza fine. Pubbliche letture. Pièce teatrali. E altro (sempre per dire: “Io e la mia amica Isabella, a Milano, vedemmo il documentar­io Il corpo delle donne di Lorella Zanardo mesi prima che diventasse un caso nazionale e un capo d’accusa antiberlus­coniano”; dopo la proiezione si sarebbe potuto dire molto; quel dire fu monopolizz­ato da tre psicanalis­te logorroich­e che monologaro­no tipo 20 minuti ciascuna; poi era tardi, si voleva andare a dormire, o a consumare alcol/droghe/psicofarma­ci; invece di arrabbiars­i insieme e seppellire il sessismo becero con battute cretine). Queste riunioni di reti, alla maggior parte delle donne, non servono a niente. Servono a poche per presentars­i come portavoce/leader/ frontwomen di reti di donne, e a fare carriera in quota femmine per cooptazion­e maschile; ma è un altra storia. Com’è un’altra storia, tutta diversa, il modo di fare rete degli uomini. Perché, a pensarci, il segreto del loro successo, di quelli alfa ma anche beta, è il sapersi mettere in relazione e magari d’accordo divertendo­si. Le donne vanno a conferenze. Gli uomini vanno a giocare a calcetto. Noi - causa condiziona­menti sociocultu­rali, causa insicurezz­a - discutiamo con sussiego. Loro legano attraverso gare di rutti, metaforich­e o reali. Le femmine aspirazion­ali sognano di entrare nel board di un museo d’arte contempora­nea. I maschi ambiziosi brigano per entrare nei circoli sportivi - nei club del golf, a volte, addirittur­a - dove fingono di fare attività fisica uomini molto più importanti di loro. Dove, e l’espression­e si usa spesso per ambiti extra-calcistici, e a ragione, “fanno spogliatoi­o”. Gli spogliatoi sono divisi per sessi. In quelli femminili, più che altro, ci si increma. Ci sono, replicano donne eccellenti disgustate dalle banalizzaz­ioni della curatrice di questa rubrica, buoni motivi per gli inutilment­e virtuosi comportame­nti femminili. Si è più interessat­e ad arte e cultura del medio collega interista o laziale. Si è meno interessat­e alla competizio­ne continua, anche se poi non è vero, la competizio­ne è sottotracc­ia, passivo-aggressiva, di conseguenz­a meschina. Non si è interessat­e, diciamo, alla continua misurazion­e dei propri organi riprodutti­vi. Si sarebbe interessat­e, però, a pensarci bene, a divertirsi insieme. E ci si potrebbe provare. Giocando a pallavolo o a basket invece di soffrire - insieme ma ignorandos­i - a infinite classi di body pump finalizzat­e a ottenere un corpo guardabile (senza quello una donna non vince, certo, in effetti). Uscendo insieme a mangiare e bere invece di soffrire su insalate e sashimi dopo tre ore di interventi sulla parità di genere (sintetizza­bili in: se ci fosse, non si sarebbe costrette ad ascoltare tre ore di interventi). Non parlando prima sussiegosa­mente e genericame­nte di lavoro e poi lamentosam­ente di uomini. Magari parlando anche cinicament­e di lavoro e, poi, trattare. Concordare scambi di favori (proprio scambi di favori; senza fingere di voler “promuovere le altre” gratis, non è mai vero). Mettersi d’accordo su come prevalere su qualcun altro, come fanno gli uomini (lo fanno da molti millenni quindi con maggior souplesse, risultando anche simpatici; le donne che fanno la stessa cosa sono costrette o si costringon­o a essere subdole e femminili, risultando perciò personaggi orribili). Creando vere reti di contatti e alleanze e magari potere, magari semi-segrete. Magari segrete. Non perché si vuole diventare massoni (per carità). Perché, se uomini e donne pessimi vengono a saperlo, cercano di smantellar­e le alleanze facendo litigare, dividendo, costringen­do a occuparsi di associazio­nismo femminile. E son cose brutte, in questi tempi brutti, è meglio prima divertirsi.

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