La casa del vento
nella musica che gira intorno a questa nuova manifattura si rincorrono passato, PRESENTE e FUTURO. Qui, una delle Maison sinonimo di made in Italy ha portato i suoi artigiani per far crescere i DESIGNER DI DOMANI. Idee preziose tra cristalli, pietre luminose e colline
UNA MELODIA ogni volta diversa dipende dalla velocità e dalla direzione. Qui il vento suona, facendo vibrare l’aria quando attraversa la struttura di pannelli di lamiera metallica microforata, che avvolge la nuova manifattura Bulgari di Valenza Po. La musica che gira intorno è la prima magia di questo luogo speciale. Realizzato in soli 18 mesi, attivo dal 9 gennaio, lo stabilimento Bulgari riunisce due realtà preesistenti sul territorio, la fabbrica di Valenza Po, caratterizzata da una produzione più artigianale, e quella di Solonghello, dall’impostazione più industriale. Adesso è tutto qui: passato e futuro, tradizione e avanguardia, artigianato manuale e software produttivo convivono sulla superficie di 15mila metri quadrati dedicati all’eccellenza orafa. Un sito che si completa con la cascina dell’orefice, primo laboratorio orafo di Valenza edificato nel 1860, oggi completamente ricostruito e valorizzato dalla “glass house”, un’ala in vetro integrata all’edificio storico. Essendo arrivata al mattino presto, tutto era immerso in una nebbia ovattata. Ma ogni sfumatura malinconica è svanita, quando il sole ha preso il sopravvento. Così la manifattura, che ha vetrate grandissime, è apparsa nella luce migliore, un bagliore che non abbandona mai le varie postazioni di lavoro distribuite su tre piani, affacciati sulla corte inter-
na di 600 metri quadrati ispirata all’atrium della domus romana. Fa parte degli spazi comuni nell’interrato, insieme a ristorante, spogliatoi e sala conferenze, mentre sugli altri due piani, organizzati con un flusso ascendente, si svolge la produzione vera e propria, come ci ha spiegato Nicolò Rapone, operations director Bulgari Valenza, la nostra guida in questo tour privilegiato. Al piano terra c’è la logistica, uno dei reparti più importanti dove tutto comincia e finisce (bene). Qui si selezionano gli ingredienti - lamina, graniglie, semilavorati d’acquisto - che formano i vari kit da spedire con un giro interno (detto “milk run”) alle isole, 18 micro aziende impegnate nella produzione dei gioielli. Ognuna esegue la sua ricetta attraverso le specializzazioni di 21 persone: in una struttura con sette incassatori, cinque pulitrici, nove orefici, c’è un livello altissimo di expertise. Un numero così alto di incassatori vuol dire infatti tante ore, tante pietre, tanti diamanti incastonati. Conclusa la lavorazione, i prodotti finiti ritornano alla logistica per essere spediti ai magazzini.
SONO passaggi lunghi e complessi, impossibile ripercorrere l’iter delle meraviglie (gioielli di collezione e alta gioielleria, tranne i pezzi unici realizzati a Roma), si va dalla tecnica di fusione e colatura a cera persa di Benvenuto Cellini, all’incassatura fu--
turista con microscopio binoculaire 10x per non affaticare la vista, ma una cosa è chiara: il vero orafo deve saper fare tutto, proprio come nelle botteghe di una volta. In inglese si traduce “goldsmith”, dove “smith” significa fabbro: prima di essere un artigiano, l’orafo è un fabbro specializzato nell’oro. Qui alla manifattura tutti i semilavorati meno “poetici” (il tubo, la lastra, il filo) subiscono processi di deformazione plastica, laminazione, stampaggio, ricotture, trattamenti termici, un mondo di metallurgia pura vecchio di cento anni, l’unica differenza è che, insieme al tornio antichissimo, oggi si utilizzano mezzi sofisticati e uno stile più evoluto. Detto questo, determinate lavorazioni sanno farle solo certi impianti storici. E la mano insostituibile dell’uomo. Ecco perché la Maison ha scelto di puntare sui giovani creando la Bul-
IL CALORE viene del legno CONTRAPPOSTO alla modernità del metallo IN UN CORTOCIRCUITO di ELEMENTI architettonici
SI PUNTA sui nuovi talenti. LA orafa arriverö qui MEGLIO GIOVENTù SELEZIONE dopo una SCUOLE nelle di tutta ITALIA
gari Jewellery Academy, dedicata alla formazione di tutti i neoassunti: ne può ospitare 42, a marzo è arrivato il primo scaglione di 21, il reclutamento è inserito in un piano di assunzioni entro il 2020 (obiettivo: 700 dipendenti - 400 sono già impiegati nella manifattura).
PER TROVARLI, i cacciatori di futuro della Maison si mettono in viaggio per battere a tappeto l’Italia e visitare una ventina di scuole, le più interessanti come qualità dei corsi, piani di formazione, corpo docente, dimensioni, attrezzature, spirito di iniziativa imprenditoriale. Una volta individuate quelle giuste, l’azienda partecipa attivamente alla fase di selezione inviando sul posto una task force con valigette piene di prodotti in alpaca, zirconi, materiali vili su cui i ragazzi possano esercitarsi. Questo è già un primo assaggio per osservare le capacità, gli esperti fanno le loro valutazioni (ma ogni scuola decide in piena autonomia), partono i corsi e alla fine del ciclo di studi si ripresentano per ripetere il test e verificare le differenze, valutare chi è cresciuto e chi invece è rimasto indietro. Su una quindicina di ragazzi l’obiettivo è riuscire ad assumerne circa la metà da inserire nell’Academy dove, dai tre ai cinque mesi, impareranno il mestiere sotto la guida di un orafo, di un pulitore e di un incassatore. Pratica ma anche teoria con immersioni nei riferimenti culturali e nella romanità, che ispirano le creazioni. Ci vuole la giusta motivazione, è un lavoro particolare, stai otto ore concentrato al tuo banco a incassare, lucidare, assemblare, serve passione, ma se entri hai già un percorso tracciato, tutto in discesa. Sì, la meglio gioventù orafa abita qui. Giovani disposti ad abbandonare città, affetti, amicizie, pur d’inseguire il proprio sogno. Come N.G., 22 anni, la più giovane, siciliana di Mazara del Vallo, vera punta di diamante del gruppo: ha cominciato con un prodotto relativamente facile, il B.Zero1, e nel giro di pochissimo è arrivata a lavorazioni molto più sofisticate, affrontate sempre con il sorriso e leggerezza. O come la salernitana D.Z. che in Campania ci sarebbe rimasta pure, ma nessuno ha voluto trasmetterle i segreti del mestiere, troppo egoismo, troppa chiusura. Oggi è un’emigrata appagata, i suoi coetanei di giù la invidiano parecchio. Per Bulgari far star bene le persone è un obbligo, da qui la scelta di investire nella qualità di vita dei dipendenti. La nuova manifattura è il simbolo di come si fa impresa oggi: nessun impatto sul territorio, materie prime a chilometro zero con un alto grado di riciclo, risparmio energetico con sistema fotovoltaico e impianto solare di ultima generazione (prima che colonna sonora, la pelle metallica esterna è protezione), fonti rinnovabili, illuminazione a Led, parcheggi agevolati per chi fa car sharing, navette gratis per tutti. E l’obiettivo della certifcazione internazionale Leed (Leadership in Energy and Environmental Design) all’inizio del 2018. Un’oasi felice, che si appoggia ai primi pendii del Monferrato. Non vuoi restare a Valenza? C’è Roma che ti aspetta.