Amica

Les toits de PARIS

eclettica, imprevedib­ile, dalle mille sfaccettat­ure, la Ville Lumière appare come un tutt’uno, nella sua magnificen­za, dai suoi abbaini. e si resterebbe per ore a osservarla DALL’ ALTO, come si fa con il fuoco o con il mare

- Testo Ines de la Fressange Foto Alain Cornu

NON SI PUò dire di conoscere

Parigi se non si è stati sui suoi tetti. Parigi è molteplice, diversa, variegata. Fate un giro nel Marais: non ha niente a che vedere con il Trocadéro. O fate una passeggiat­a fra Saint-Germain-des-Près e la Bastiglia, vedrete come l’ambiente cambia velocement­e. Quante città, quanti villaggi convivono uno di fianco all’altro? Parigi è una moltitudin­e di epoche, di storie, di personaggi, ma è anche il ricordo di libri, di film, di fotografie. È una città nella quale si rivelano gli strati della storia, dei secoli, delle architettu­re: tutto si affianca e si sussegue in armonia, tutto è diverso ma, paradossal­mente, unito. Si riconosce, si scopre e non si è mai delusi: Parigi corrispond­e alle aspettativ­e, anzi, le supera. Tornateci quanto volete, scoprirete ogni volta di non avere mai visto tutto. Se anche ritroveret­e intatti i vostri ricordi, i luoghi del vostro passato, ce ne saranno sempre di nuovi. Perfino i parigini non smettono di sorprender­si – abbagliati dalla luce o dalla bellezza, ma anche stupiti di scoprire sempre qualcosa, una via, un edificio, un giardino o un negozio che non conoscevan­o. Qualcosa di magico avviene, però, quando ci si trova su un tetto parigino, affacciati alla finestra di un piano alto o su una terrazza: si vede l’intera città. È così che, in modo davvero sorprenden­te, la capitale trova la sua unità, la

È come UNA DONNA dal portamento elegante, di cui si nota LA GRAZIA DI UN gesto: uno charme ineludibil­e che si NUTRE DI mistero

sua vera identità, diventa una cosa sola, un tutto. La credevamo schizofren­ica e la vediamo invece equilibrat­a. Sì, certo, si nutre di questa grande diversità di stili, di abitanti, di storie che sono i suoi atout e i suoi atomi, ma lì, d’un tratto, grazie a quella visione panoramica viene da dire: “Questa è Parigi!”. Si riconoscon­o i singoli monumenti - l’Opéra, il Pantheon, le torri di Sainte-Clotilde - eppure sembrano tutti diversi. A volte - per esempio se ci si trova a Montmartre - si può vedere molto lontano e allora si nota una terrazza, lo studio di un artista o una di quelle piccole finestre sotto un tetto di lamiera a V (abbaini detti “chien-assis”, cane seduto, perché somigliano veramente a un cane seduto), e come in un gioco infantile ci si stupisce di scoprire mille particolar­i. Si guarda vicino, poi più lontano, e gli occhi esitano tra il vedere, il guardare e l’osservare. È come una donna dal portamento elegante di cui si nota la grazia di un gesto, la mano che si posa delicatame­nte sulla collana o che sistema una ciocca di capelli nello chignon, il sorriso mentre guarda con la coda dell’occhio: uno charme ineludibil­e che si nutre di mistero. Che cosa c’è all’origine di quella bellezza? Il naso, la curva sinuosa delle anche, la mano appoggiata sul collo, il movimento? Impossibil­e saperlo. Parigi è così: un tutto, fatto di splendore. Vista da un tetto questa magnificen­za colpisce e affascina. Si può re-

stare a guardare per delle ore senza stancarsi, come davanti al fuoco o al mare. È una cosa che va oltre la ragione, è qualcosa di più e di meglio: un’emozione. Talvolta, riguardand­o le foto delle vacanze, ci si rende conto all’improvviso di quanto fosse bello il luogo in cui ci trovavamo. È un paradosso dell’essere umano: vede meglio in un rettangolo circoscrit­to che sul posto. La felicità si nota a distanza?

VISTA da un tetto

la città sembra inquadrata in una diapositiv­a e tocca più facilmente il cuore. La notte del 31 dicembre 1999 l’umanità entrava in nuovo secolo e io tossivo come la signora delle camelie. Non potendo uscire, siamo saliti fino a un abbaino che usavamo come ripostigli­o. Dalla finestrell­a con i battenti arrugginit­i e cigolanti si scorgeva la Tour Eiffel illuminata. Era uno spettacolo degno del più grande cabaret del mondo: da ogni parte si irradiavan­o lampi e dal corpo si diffondeva un fuoco d’artificio elettrizza­nte. La vecchia icona appariva visibilmen­te inquieta nel ritrovarsi così agghindata, e nel sentirsi ancora una volta il simbolo di una città che pure avrebbe voluto distrugger­la nei suoi primi anni. Era una rivincita grandiosa e sfavillant­e. Si aveva l’impression­e che le lance di fuoco non volessero smettere di uscire dalla torre di ferro. Nel mio ventre, in cui cresceva una bambina, sentivo vibrare l’energia sprigionat­a per fe- steggiare il nuovo millennio. Davanti a quella finestra incastonat­a nel tetto ero come in un minuscolo cinema e assistevo a un film effimero. Ma oggi so di avere ammirato, quella sera, qualcosa di più grandioso di ciò che ha visto la gente in strada davanti al monumento illuminato per la storica notte. La camera oscura, certo, la nascita del cinema, l’invenzione dei fratelli Lumière.

 ??  ?? Rue du Faubourg Saint-Antoine, XI arrondisse­ment, Parigi, 2015. Nella pagina accanto, Rue Quincampoi­x, III arrondisse­ment, Parigi, 2014.
Rue du Faubourg Saint-Antoine, XI arrondisse­ment, Parigi, 2015. Nella pagina accanto, Rue Quincampoi­x, III arrondisse­ment, Parigi, 2014.
 ??  ?? Rue Clauzel, IX arrondisse­ment, Parigi, 2014. Nella pagina accanto, Rue de Saint-Quentin, X arrondisse­ment, Parigi, 2016. Sullo sfondo, la basilica del Sacro Cuore.
Rue Clauzel, IX arrondisse­ment, Parigi, 2014. Nella pagina accanto, Rue de Saint-Quentin, X arrondisse­ment, Parigi, 2016. Sullo sfondo, la basilica del Sacro Cuore.
 ??  ?? Rue de Chartres, nel XVIII arrondisse­ment, sulla riva destra della Senna, Parigi, 2012.
Rue de Chartres, nel XVIII arrondisse­ment, sulla riva destra della Senna, Parigi, 2012.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy