Uomini belli, addio
ci sono quelli che lo sono DA SEMPRE e altri che lo diventano con il tempo. Immersi nel privilegio e abituati a essere amati SENZA SFORZO, non capiscono quanto può ESSERE DIFFICILE la vita per le (loro) donne
Il mio ex era così che, quando AVVENENTE usciva da una stanza, e, prima del DUE, CONTAVO FINO A TRE qualcuno aveva GIÀ commentato il suo ASPETTO
QUANDO è FINITA la mia ultima
relazione mi sono convinta di essere brutta. Era una novità: anche se noi donne siamo bombardate da messaggi che vogliono persuaderci di non essere abbastanza attraenti (di solito per venderci qualcosa), io sono più o meno in pace con il mio aspetto. In genere, sono quindi in grado di attribuire i miei fallimenti sentimentali, con un fatalismo non privo di saggezza, al fatto che le persone sono complicate - e io non faccio di certo eccezione. A questo giro, però, no. Per la prima volta mi sono scoperta a pensarmi invecchiata - un pensiero che, ho realizzato poi, c’entra poco con l’anagrafe e molto con la sensazione di essere in ritardo con qualche appuntamento che ci eravamo dati con la vita. Per me, questa doveva essere la relazione dell’età adulta, e la sua parabola rapida e ignominiosa mi aveva indotto a credere che sarei finita da sola. Se dire a un uomo: “Voglio invecchiare con te” addolcisce la consapevolezza del tempo che passa, allora lasciarsi all’orizzonte dei 35 spalanca all’improvviso un “invecchierò da sola, anzi appunto ho già cominciato”. Con gli anni ho capito che le grandi crisi portano con sé comportamenti irrazionali: resistere è inutile, tutto sommato la reazione più appropriata è l’auto-solidarietà. Quindi, mi sono data il permesso di dedicarmi a qualche restauro. Ho scritto all’estetista per chiederle consiglio sulle rughe che mi erano apparse tutt’a un tratto a fianco del naso, giù fino al mento. “Puoi restituirmi l’aspetto di una persona, cancellando quello di un basset hound?”, le ho chiesto. “Io amo la faccia da basset hound”, mi ha risposto lei senza fare un plissé, “ma capisco perfettamente che senza le orecchie giuste possa essere penalizzante. Vieni in studio”. Ho acquistato, quindi, un pacchetto di trattamenti all’ossigeno per il viso (che si sarebbero dimostrati di nessuna efficacia) e un ambizioso programma di epilazione definitiva (i soldi meglio spesi della mia vita, insieme all’analisi). Non paga, ho deciso - nonostante il mio disagio per gli aghi - di sottopormi a un ciclo di iniezioni per rimuovere alcune vene varicose: una procedura di per sé spiacevole a cui sono seguite settimane nelle quali dovevo indossare calze contenitive a protezione di gambe martoriate e piene di lividi. Tramite WhatsApp mandavo a tradimento foto delle mie ferite di guerra alle amiche, corredate dalla didascalia: “È stato il patriarcato a farmelo fare”.
LA MIA reazione
scomposta dipendeva, in parte, dal fatto che il mio ex era bello. E non intendo in modo generico: non una “bella faccia franca”, come dice mia mamma delle persone che sorridono con generosità e sono gentili, ma bello-e-basta. Così bello che, quando usciva da una stanza, io contavo fino a tre e, prima del due, qualcuno aveva già commentato il suo aspetto. Insomma, bello come Roma e Parigi - non come Milano o Bruxelles. E voleva me. Finché a un certo punto non mi ha voluto più, e le evoluzioni sull’ottovolante dell’autostima mi hanno reso malferma sulle gambe. Per la verità, però, i miei fidanzati sono sempre stati belli (a parte poche eccezioni, che - ho deciso - non inficiano l’analisi). Dalla mia lunga frequentazione dei belli ho imparato alcune cose: a differenza di ciò che si potrebbe dedurre dall’osservazione superficiale delle fidanzate fotocopia di Leonardo DiCaprio - che da 15 anni hanno tutte 20 anni e spiccioli, sono bionde con i capelli lisci, e sfilano per Victoria’s Secrets - non tutti i belli si somigliano. Lo spartiacque fondamentale, mi pare di avere intuito, sta tra i belli-dasempre e i belli-col-tempo. Coloro che sono sempre stati belli - erano bei bambini, hanno attraversato indenni il terreno minato della
Poi ci sono i migliori, CREATURE CHIMERICHE, seducenti tardivi come il radicchio. MA SONO PIÙ rari DEL rinoceronte di Giava
pubertà - hanno in genere un ottimo carattere e sono naturalmente a loro agio, perché sono abituati a essere benvoluti senza sforzo, quindi hanno fiducia negli altri e considerano il mondo un posto spontaneamente accogliente. Il lato negativo è che sono immersi, per prendere scherzosamente in prestito un termine del dibattito sui diritti civili in America, nel “privilegio”: come i maschi bianchi eterosessuali non capiscono quanto possa essere difficile la vita per le donne, i neri e gli omosessuali, così i belli vivono nella loro bolla e non si accorgono di quanto la loro esistenza fili liscia. Portata agli estremi, questa noncuranza è irritante; mentre a livello moderato, fa quasi tenerezza: come quel mio fidanzato bello che consigliava agli amici di aspetto, come dire, ordinario la seguente tecnica infallibile di seduzione: “Non fare niente. Mettiti in un angolo della stanza con una camicia bianca stirata bene e vedrai che le ragazze arrivano”.
MA C’è DI PIÙ. Anche se sembra
un paradosso, il loro aspetto può renderli a volte insicuri: se, soprappensiero, fai i complimenti al tuo fidanzato per la sua avvenenza, magari quello mette il broncio e dice: “Secondo te come mi fa sentire il pensiero che, se io non fossi bello, non staresti con me?”. E quando replichi: “Mi stai dicendo che io sono orrenda e che è solo la tua superiore capacità di guardare alle mie doti interiori a farti restare?”, lui si stizzisce pure, nonostante la logica ferrea. In fondo, meritano umana comprensione: non hanno merito di essere belli, e nessuno di noi vuole essere giudicato per cose su cui non ha controllo. Poi ci sono i migliori, creature chimeriche, i belli tardivi come il radicchio. Da adolescenti sono stati bruttini - se alti, erano segaligni e sproporzionati; oppure gli zigomi pronunciati stonavano su volti ancora infantili - e così sono diventati spiritosi, perché il senso dell’umorismo non è altro che una forma di difesa: la più alta tra quelle che abbiamo a disposizione, e i belli-da-sempre non ne hanno mai avuto bisogno. Ma sono più rari del rinoceronte di Giava.
INSOMMA, dopo
quest’ultima rottura avevo deciso di chiudere con i belli e di dedicarmi agli uomini normali, senza fermarmi alle apparenze. D’altra parte, mi son detta, la mia fissazione per i belli non è molto lusinghiera: a essere indulgenti, dimostra che sono vanesia e superficiale; con più severità mi si potrebbe paragonare a quegli uomini di potere per cui una donna è un trofeo, e non una compagna di vita. Poi, però, mi sono imbattuta in uno dei saggi più affascinanti usciti lo scorso anno per
Doubleday: The Evolution of Beauty: How Darwin’s Forgotten Theory of Mate Choice
Shapes the Animal World - and Us (L’evoluzione della bellezza: come la teoria dimenticata di Darwin della selezione sessuale determina il mondo animale - e noi) di Richard Prum, pluripremiato ornitologo evoluzionistico dell’università di Yale. Prum spiega che gli ornamenti sessuali del maschio - come il piumaggio del pavone o i corni del cervo - si sono sviluppati in conseguenza delle scelte sessuali delle femmine: una teoria che era già di Darwin, secondo il quale questo meccanismo evolutivo coesisteva con la sopravvivenza del più adatto. Alla storia, però, è passata solo quest’ultima, e non l’altra: forse perché l’Inghilterra vittoriana poteva sopportare più facilmente persino l’idea che gli esseri umani discendessero dalle scimmie, piuttosto che il mondo fosse guidato dalla potenza del desiderio - e dai capricci - delle femmine.