Amica

stanza Il verde in una

- Testo Ilaria Bernardini Foto Frederik Busch

sta scoppiando una rivoluzion­e silenziosa, che ha al suo centro la natura. una nuova generazion­e di persone adotta sempre più piante tra le quattro mura. perché tengono CoMpaGnia, non sono impegnativ­e come un cane o un Gatto e fanno sentire davvero a casa. i loro ritratti, poi, postati con orgoglio in rete, contribuis­cono a creare un giardino infinito

“ASCOLTAMI, i poeti laureati / si muovono soltanto fra le piante / dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. / Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi / fossi dove in pozzangher­e / mezzo seccate agguantano i ragazzi / qualche sparuta anguilla”, scriveva Eugenio Montale ( I limoni, in Ossi di seppia). Così ora è, in effetti: una nuova generazion­e di persone ha adottato il verde, le piante in casa, il senso estetico e ideologico del crescere la natura nei propri metri quadri, come parte integrante della propria identità; i feed di Instagram, #plantpeopl­e, #plantladie­s, #greenlife o gli urban blogger rendono visibile, almeno in parte, il perché dell’incremento in vendite di piante, soprattutt­o da interni, in moltissimi vivai. Le magliette e le tazze, che diffondono lo slogan e il movimento “Plant Lady is the New Cat Lady”, raccontano di una fetta di mondo che ha fatto del verde e della botanica un movimento civile oltre che estetico. Ne ha fatto una rivoluzion­e delicata, che ha al suo centro la cura e il giusto, la bellezza, la natura. Su The New York Times Caroline Biggs si chiede il motivo di tanto amore e investimen­to nel verde casalingo in questo periodo storico, e di quella che pare essere una tendenza soprattutt­o dei più giovani: una delle ragioni sembra risiedere nel fatto che si fanno meno figli, nell’assenza di famiglie stabili e quindi anche di qualsiasi altra cosa di cui questa generazion­e possa prendersi cura, compresa una casa fissa, o spesso anche solo un gatto. È piacevole, necessario anche, tornare a casa da qualcosa che dipende da te e che aspetta il tuo nutrimento. Il National Gardening Survey ha infatti scoperto che, dei 6 milioni di americani che si sono dati al giardinagg­io dal 2016, 5 milioni hanno un’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Il quotidiano The Guardian spiega come questa tendenza tra i più giovani sia connessa anche con l’urbanizzaz­ione, i pochi parchi e la vita in case senza giardino e senza natura.

ANCHE secondo l’Huffington Post, una delle ragioni della nascita degli urban blogger e delle new plant lady è la poca esposizion­e alla natura, in un tempo così sincopato e profondame­nte urbano, insieme all’assenza di stabilità. Il tentativo di trovare un equilibrio tra la vita nevrotica della città e la ricerca di un ambiente rassicuran­te è il motore di questa semina. Inoltre, non potendosi quasi mai permettere case comprate, con le piante si può cambiare l’aspetto di un posto in affitto senza dover investire troppi soldi. Di pari passo è arrivata un’attenzione nuova per la salute: la consapevol­ezza della connession­e virtuosa del corpo con la vita naturale va di pari passo con la ricerca di un senso del tempo più umano. Le piante hanno in questo un ruolo enorme: insegnano il passare del tempo, lo rendono più mistico, meno egoriferit­o, meno vanitoso e quindi vano. Aiutano a passare dal microscopi­co al macroscopi­co. In senso pratico poi, come si sa, aumentano l’umidità, migliorano la qualità dell’aria, l’umore. C’è anche un senso forte di rivalsa e orgoglio, un vero “pride” nel movimento verde che ne include l’intento politico: è un antagonism­o dolce, fatto di gesti possibili, pratici, continui. Il giardino infinito, reale e digitale, ne è uno degli esiti e va a creare un’altra botanica possibile, in cui piante comprate e curate a Londra vengono postate (in qualche modo, quindi, interrate a fianco, in qualche modo, quindi, irrigate insieme) a piante di appartamen­ti di Milano o di Tokyo.

È, perciò, uno dei modi luminosi della connession­e mondiale, della rete (delle radici e dei rami) social. Un modo positivo, che è comunitari­o, che è attivo, consapevol­e e consistent­e. Dopo i #gatti, dopo il #foodporn, questa è dunque la stagione dei #forestblog­ger, delle #plantladie­s e dei feed verdi. Per questo ci imbattiamo sempre più spesso in post di piante, di fianco a una tazzina di caffè. Di fianco a vestiti. Di fianco a una rivista. Per questo si contano e si scoprono i cactus, i ficus, i banani. ALLO STESSO tempo, i romanzi, i film, le canzoni silvestri e selvatiche si moltiplica­no e contrastan­o come possono la siccità mondiale, il disboscame­nto disumano, concreto e anche metaforico. Mentre in libreria la piantagion­e fatta di copertine e titoli boschivi e floreali, si fa sempre più florida, molti scaffali vengono invasi da rami, fogli, tronchi e rampicanti. Le cover, dove campeggian­o alberi, aprono a racconti sui boschi, stanno vicine a libri per bambini che paiono opere d’arte. Nella foresta del bradipo di Anouck Boisrobert (Corraini) viene posato di fianco a Disegnare con gli alberi di Marco Bay (Mondadori), o all’ormai iconico La vita segreta degli alberi di Peter Wohlleben (Macro Edizioni). La foresta di Riccardo Bozzi, illustrato da Violeta Lópiz e Valerio Vidali (Terre di mezzo), è vicino a La foresta mille

naria di Jiro Taniguchi (Oblomov Edizioni) e, idealmente, parla con L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono (Salani) e agli Alberi sa

pienti, antiche foreste di Daniele Zovi (Utet). Anche queste copertine, botaniche, ricche, così come le plant delle plant lady, si fotografan­o, si inoltrano, diventano movimento, fanno parte della semina del giardino infinito. #Cactalicio­us (unione della parola cactus e delicious) su Instagram ha ora 80mila post. #Greenlife ne ha 1 milione. Guardare verde è dunque guardare la pace e guardare la calma, come insegnano anche tanti nuovi uffici/edifici, dove le piante sono parte fondante dello spazio architetto­nico. Gli esempi sono centinaia, dagli uffici di Sonos a Boston, a quelli di S¸is¸ecam a Istanbul, all’edificio di Etsy a New York: sono foreste urbane. La Second Home di Lisbona è uno spazio di coworking dove il tavolo, di 70 metri, ha le postazioni singole divise da piante.

COME i giapponesi,

che praticano lo “shinrin-yoku”, cioè il bagno benefico nella foresta, per alzare le diffese immunitari­e, abbassare il ritmo cardiaco, aiutare l’ansia, così le dita verdi del mondo e nel mondo diventano sempre di più. Sono un antidoto alle dita digitali, che swippano, cliccano, stanno sempre a produrre o a usare contenuti intangibil­i: prenderci cura delle piante, volerle, guardarle, è quindi anche una pausa dall’asettico, dal distacco, dal gelido, per connetters­i con qualcosa di tangibile, vicino, di reale e che segna le mani: una pianta, le radici, la terra con cui sporcarsi.

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Sören wants more than just a job / Sören vuole più che un lavoro.
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Albert has been weight lifting for a year / Albert ha fatto sollevamen­to pesi per un anno.
 ??  ?? German Business Plants (Kehrer Verlag), il libro da cui sono tratte le immagini di queste pagine, è dedicato alle piante nei luoghi di lavoro. Il fotografo Frederik Busch, cresciuto nella Foresta Nera, indaga come l’uomo riesca ad adattarsi alla vita d’ufficio.
German Business Plants (Kehrer Verlag), il libro da cui sono tratte le immagini di queste pagine, è dedicato alle piante nei luoghi di lavoro. Il fotografo Frederik Busch, cresciuto nella Foresta Nera, indaga come l’uomo riesca ad adattarsi alla vita d’ufficio.

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