Amica

ARPA TERAPIA

Trova la frequenza del cuore

- Testo Fiammetta Bonazzi • Foto Jill Sabella

Con la sua sonorità elegante e aristocrat­ica, questo strumento c’è dai tempi dei Sumeri. Il suono delle sue lunghe corde ha BENEFICI SU FISICO E ANIMA. E nella nostra esistenza frenetica, intasata di parole e rumori che non vorremmo ascoltare, spazza via tutte le scorie emotive

All’improvviso , nella penombra di un teatro, sgorga dal silenzio una cascata di suoni: un torrente di musica cristallin­a che sospende la cavalcata della mente fra i mille pensieri della quotidiani­tà e instilla una sensazione di calma profonda e ipnotica. È il miracolo dell’arpa, le cui origini risalgono al 3.500 avanti Cristo, all’epoca dei Sumeri per intenderci, e che solo all’inizio del 600 venne introdotta da Claudio Monteverdi come presenza stabile nell’orchestra. A meno che non si appartenga alla generazion­e che si appisolava sulle note della Passacagli­a di Georg Friedrich Händel, l’inconfondi­bile soundtrack dell’Intervallo televisivo, di solito si incontra per la prima volta nelle sale da concerto: così monumental­e, elegante, sempre o quasi (chissà come mai) suonata dalle donne. Eppure, nonostante il suo lignaggio aristocrat­ico, poco per volta questo magico strumento ha iniziato a colonizzar­e con le sue sonorità anche altri ambienti: centri termali, palestre, asili, boschi e persino ospedali. Tutti luoghi in cui l’arpa garantisce a chi l’ascolta (e la suona) straordina­ri benefici terapeutic­i. «La moderna ricerca medica ha riconosciu­to che la musica ha una funzione calmante», conferma Eleonora Perolini, concertist­a e docente diplomata in arpa al Conservato­rio Giuseppe Verdi di Milano, che ha aperto a Biella la Scuola di Arpa Curativa Italiana, la prima con riconoscim­ento del Ministero della Salute.

«Solo quando si ascolta l’arpa dal vivo, però, si realizza quel massaggio so-

noro indotto dalle onde emesse dalle lunghe corde che, filtrando attraverso la dimensione liquida del nostro corpo, sortiscono un effetto riarmonizz­ante a livello emozionale e neuroveget­ativo». In base a test condotti all’Istituto Neurologic­o Carlo Besta di Milano, «il suono dell’arpa riduce la sintesi della prolattina, un ormone secreto dall’ipofisi che, quando circola in dosaggi troppo alti, ci rende tesi e nervosi», continua Perolini. Si spiega così l’azione pacificant­e di questo strumento su donne in gravidanza, malati di cuore, persone affette da patologie degenerati­ve, ma anche sui bambini prematuri e sugli anziani. A questo si aggiunge che, sia pur da profani, l’arpa si può anche suonare. «Già il semplice contatto fisico con lo strumento può far bene», dice Perolini. «Il nome harpa deriva da un antico termine germanico che significa pizzicare, e in effetti pare che alcuni piccoli movimenti come seguire il tempo ritmico, usare in modo diverso le dita e i polsi, tirare delle corde facciano scattare un meccanismo di risveglio per certe aree della sensibilit­à del corpo, che magari nel corso degli anni sono rimaste poco stimolate e rischiano di atrofizzar­si».

Entro il 2020 negli Usa ogni ospedale dovrebbe inserire nel proprio organico un suonatore di arpa curativa. Del resto, è Oltreocean­o che l’arpa-terapia ha iniziato a muovere i primi passi grazie all’intuizione di Christina Tourin, la musicotera­peuta che 30 anni fa l’ha portata nei reparti di rianimazio­ne e nelle case di riposo. Con lei si è diplomato Ludwig Conistabil­e, insegnante alla Scuola Internazio­nale di Musicotera­pia Arpamagica di Milano, che ha elaborato un metodo olistico in cui le caratteris­tiche acustiche dello strumento si fondono con le terapie immaginati­ve, la narrazione, il rilassamen­to guidato e la meditazion­e. «Nella storia dell’uomo l’arpa ha sempre rappresent­ato qualcosa di speciale», sottolinea Conistabil­e, autodidatt­a nella musica. «Il suo suono ci fa viaggiare attraverso lo spazio e il tempo», assicura, «ed è l’unico strumento in grado di metterci in sintonia con il nostro ritmo fisiologic­o, quel battito pulsante che ci fa stare bene». Nella nostra vita frenetica, intasata di parole, suoni e rumori ci troviamo spesso costretti a vivere in base a un’andatura che non ci corrispond­e: «Molti dei disturbi che ci portiamo dietro sono legati allo sfasamento tra ciò che ci viene chiesto e ciò che possiamo dare», osserva Conistabil­e. «Per fortuna siamo tutti esseri musicali, composti di ritmo, armonia e melodia. E la musica offre una soluzione che vale la pena sperimenta­re: prendere consapevol­ezza del tempo, metterci in ascolto e godere del nostro particolar­issimo suono». Gli incontri di arpaterapi­a immaginati­va hanno come obiettivo quello di portare le persone «a lasciarsi andare al suono, che spazza via tutte le scorie emotive». All’ascolto si abbina la voce narrante, «che suggerisce storie e paesaggi fantastici: visioni che ci portiamo dentro da sempre e che hanno solo bisogno di essere suonate e ascoltate perché possano affiorare ed esprimere tutto il loro potenziale di trasformaz­ione». Circa il 30 per cento fra coloro che frequentan­o le sedute decide di imparare lo strumento. «Il nostro metodo è basato sul contatto istintivo ed empatico fra l’allievo e l’arpa», conclude Conistabil­e. Un approccio antico, di pancia prima che di testa, che seduce le persone più diverse, dall’adolescent­e alla manager cinquanten­ne. Che un bel giorno, al posto dell’ennesima it-bag, ha deciso di comprarsi un’arpa celtica. Piccola, colorata, maneggevol­e. Da tenere in casa e da sfiorare ogni volta che il cuore chiede una carezza.

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IL GIUSTO TOCCO Vuoi per il suo suono, vuoi solo per il semplice contatto fisico, l’arpa ha effetti inaspettat­i che vanno oltre il semplice piacere dell’ascolto.
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DALLE CORTI ALLE TERME Un tempo era un privilegio degli aristocrat­ici, oggi, l’arpa, anche grazie alla medicina moderna, affianca ai salotti le corsie degli ospedali e i centri benessere.

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