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Una insolita Istanbul con i suoi storici hammam

- Di Giorgio Bartolomuc­ci

Molto è stato scritto, dopo il fallito golpe in Turchia, sulla svolta radicale che il Presidente Erdogan starebbe dando al suo Paese, approfitta­ndo di un saldo consenso di una classe medio-bassa, sia laica che religiosa, che chiede stabilità e crescita economica. L’esempio più usato è quello delle donne che presto potrebbero essere tutte obbligate a portare il velo. Una notizia che ha colpito l’immaginari­o degli europei abituati a pensare a Istanbul come a una città già molto moderna, vicina allo stile di vita occidental­e, con valori decisament­e laici tant’è che fino ad alcuni anni fa, l’uso del velo era vietato nelle università. È con questo pregiudizi­o che sbarco nell’aeroporto Ataturk in una splendida giornata di fine estate. Istanbul è una città con 2700 anni di storia, segnata dalle do- minazioni dei greci, dei romani e degli ottomani ed è oggi diventata una grande metropoli da oltre 20 milioni di abitanti. Nel corso degli ultimi decenni è stata sede di colossali investimen­ti pubblici che ne hanno cambiato la fisionomia ma non lo spirito più profondo di città ponte fra l’occidente e l’asia, che è poi alla base del suo fascino unico ed eterno. Non sono alla prima visita, e voglio provare a rinunciare ai percorsi più turistici e stereotipa­ti della città, che oggi potrebbero riproporre una immagine artefatta e ideologica e per farlo parto dal fatto che la complessit­à del panorama architetto­nico e il dinamico contesto sociale dimostrano che Istanbul è un insieme di molte città, profondame­nte diverse ma integrate fra fra loro. Inutile cercare, quindi, come fossero entità diverse, la parte orientale, più

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