Una insolita Istanbul con i suoi storici hammam
Molto è stato scritto, dopo il fallito golpe in Turchia, sulla svolta radicale che il Presidente Erdogan starebbe dando al suo Paese, approfittando di un saldo consenso di una classe medio-bassa, sia laica che religiosa, che chiede stabilità e crescita economica. L’esempio più usato è quello delle donne che presto potrebbero essere tutte obbligate a portare il velo. Una notizia che ha colpito l’immaginario degli europei abituati a pensare a Istanbul come a una città già molto moderna, vicina allo stile di vita occidentale, con valori decisamente laici tant’è che fino ad alcuni anni fa, l’uso del velo era vietato nelle università. È con questo pregiudizio che sbarco nell’aeroporto Ataturk in una splendida giornata di fine estate. Istanbul è una città con 2700 anni di storia, segnata dalle do- minazioni dei greci, dei romani e degli ottomani ed è oggi diventata una grande metropoli da oltre 20 milioni di abitanti. Nel corso degli ultimi decenni è stata sede di colossali investimenti pubblici che ne hanno cambiato la fisionomia ma non lo spirito più profondo di città ponte fra l’occidente e l’asia, che è poi alla base del suo fascino unico ed eterno. Non sono alla prima visita, e voglio provare a rinunciare ai percorsi più turistici e stereotipati della città, che oggi potrebbero riproporre una immagine artefatta e ideologica e per farlo parto dal fatto che la complessità del panorama architettonico e il dinamico contesto sociale dimostrano che Istanbul è un insieme di molte città, profondamente diverse ma integrate fra fra loro. Inutile cercare, quindi, come fossero entità diverse, la parte orientale, più