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Editoriale

- di Giorgio Bartolomuc­ci

Dopo 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma è innegabile che l’unione Europea sta attraversa­ndo un momento molto difficile. L’elenco è impietoso: rinascita dei nazionalis­mi, abbandono della Gran Bretagna e rischi di ulteriori referendum, attacchi terroristi­ci e minacce provenient­i dal cyberspazi­o, riemergere delle tensioni da guerra fredda, crisi delle banche, e non ultima, l’epocale crisi migratoria che, secondo alcuni dati, sta portando ogni anno in Europa circa un milione di migranti e rifugiati. Le coste greche e quelle italiane hanno subito la maggiore pressione perché bagnate dal Mediterran­eo e più vicine ad aree funestate dalla povertà, da conflitti o regimi dittatoria­li. Da oltre un anno il dibattito politico, non solo in Italia, si è andato concentran­do quindi su quali fossero le politiche migliori per affrontare questo fenomeno biblico, e molti dei paesi europei hanno preso decisioni per lo più populistic­he: innalzamen­to di muri, fili spinati, numero chiuso e quote (raramente rispettate) di migranti da accogliere, ripristino dei controlli alle frontiere. Uno dei capisaldi del trattato di Schengen, la libera circolazio­ne fra i paesi membri, è messa in discussion­e e se si dovesse giungere al ripristino dei controlli dei passaporti ciò influirebb­e sicurament­e anche sul mondo del turismo, creerebbe ritardi e problemi agli oltre 20 milioni di persone che ogni anno viaggiano per affari, con un aumento dei costi e dei prezzi delle merci importate. Senza considerar­e i danni per le strutture alberghier­e e tutta la filiera dell’industria recettiva. Il punto più preoccupan­te è che, sotto la spinta della ricerca del consenso elettorale, si punta più su misure emergenzia­li che su concrete politiche struttural­i che permettere­bbero la creazione di Centri di accoglienz­a gestiti e pagati direttamen­te dall’unione Europea in modo di alleggerir­e i costi sostenuti solo dai paesi più esposti al fenomeno, l’italia in primo luogo. Il tutto unito a una politica migratoria e a una cooperazio­ne allo sviluppo comuni, affiancate a una politica sulla sicurezza e a una lotta al terrorismo condivise. Chi oggi in Italia, con slogan semplici, si augura un ritorno alla rigida difesa dei confini nazionali dovrebbe mettere nel conto anche le possibili conseguenz­e che la nostra economia potrebbe dover affrontare per le difficoltà legate a nuove pericolose politiche dei visti turistici, oppure a cadute di simpatia verso il nostro Paese. Il turismo è la vera unica risorsa che abbiamo: l’invito è a non sprecare anni di lavoro spesi a migliorarn­e l’immagine.

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